L'analisi

Benjamin Netanyahu vuole abbattere il regime iraniano, ci riuscirà?

Il vero obiettivo di Israele è politico, ma potrebbe rivelarsi una scommessa rischiosa: Teheran, infatti, si sta preparando da tempo a uno scontro diretto e può giocare su più tavoli
©JIM HOLLANDER
Marcello Pelizzari
14.06.2025 16:00

Israele, dunque, ha aperto un altro fronte di guerra. Precisiamo: l’Iran, addirittura, rappresenta ora il focus primario, con la questione Gaza relegata in secondo piano. Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, non ha posto limiti di tempo. Come a suggerire che, stavolta, l’obiettivo non si limiterà soltanto distruggere il programma nucleare di Teheran, tremendamente ambiguo, ma punterà, con forza, anche se non soprattutto a un cambio di regime.

È evidente, basti pensare alla complessità dell’operazione condotta da Israele, che lo Stato Ebraico stesse preparando un attacco al cuore dell’Iran – i siti nucleari – da anni. Per un politico dalla linea dura come Netanyahu l’occasione, ora, è ghiotta. Forse unica. «La strada per l’Iran è stata spianata» hanno dichiarato i vertici militari israeliani. In un cortocircuito apparente, il primo ministro ha pure chiesto l’aiuto alla popolazione iraniana: «Ribellatevi a questo regime».

La mossa di Israele, per quanto studiata, potrebbe rivelarsi tuttavia una pericolosa scommessa. E il motivo è presto detto: l’Iran, a sua volta, si è preparato per anni a un simile scenario. E, al pari dello Stato Ebraico, vede in questa guerra una vera e propria battaglia per la sopravvivenza stessa della Repubblica. Tradotto: Teheran si scatenerà contro Israele con tutto quello che ha. Se è vero che gli attacchi iraniani, sin qui, sono stati limitati e, ancora, che lo Stato Ebraico ha fortemente indebolito l’apparato militare dell’Iran, infliggendo un colpo durissimo, le forze del Paese dispongono ancora di circa 2 mila missili balistici e hanno mantenuto la capacità di produrne ancora.

Altro aspetto importante da considerare: l’Iran, lo abbiamo visto, sta utilizzando questi missili balistici per colpire obiettivi strategici. Obiettivi che si trovano all’interno o nelle vicinanze di centri abitati. Teheran, ad esempio, a Tel Aviv aveva come obiettivi il Ministero della Difesa e altri siti militari. Ha finito, però, per colpire aree residenziali. Al di là delle difese israeliane, al solito molto performanti, c’è il rischio che – da una parte e dall’altra – le vittime civili aumentino. Non finisce qui: l’Iran potrebbe giocare altresì l’arma del blocco navale, nel senso che controllando lo Stretto di Hormuz avrebbe modo, volendo, di impedire o limitare il passaggio di navi, merci e beni con tutte le conseguenze del caso per il commercio globale. Inciso: da quel tratto di mare transita il 21% del petrolio mondiale, secondo Bloomberg.

C’è chi, tornando alle vittime civili, ha avanzato una domanda: e se un cittadino americano, a Gerusalemme o Tel Aviv, morisse per colpa di un attacco dell’Iran? In realtà, l’ultima cosa che Teheran vuole è trascinare gli Stati Uniti in questo conflitto. La Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, è consapevole di non poter sconfiggere, né politicamente né tantomeno militarmente, l’America. Eppure, anche facendo la tara con la tradizionale narrazione del regime, gli ufficiali militari iraniani hanno minacciato di colpire le basi USA nella regione, oltre a quelle di Francia e Regno Unito.

Potrebbe trattarsi, a suo modo, di un’escalation nell’escalation, o di una risposta al mancato intervento da parte degli Stati Uniti per fermare Israele. Storicamente, infatti, l’Iran ha sempre fatto perno sulle varie amministrazioni USA succedutesi. Le quali, puntualmente, hanno sensibilizzato lo Stato Ebraico sui rischi e sulle conseguenze di un’azione diretta con il nucleare iraniano quale obiettivo. Donald Trump, immediatamente dopo l’attacco di Israele, ha dichiarato di non aver dato alcuna luce verde allo Stato Ebraico. Possibile. Difficile, però, che l’America non sapesse. Ora che la guerra è sotto gli occhi di tutti, rimane un’amara verità: nessuno sa quando, e di riflesso come, finirà.