Ambiente

Che ne sarà del pianeta, se Cina e Stati Uniti continuano a litigare?

Pechino, oltre alle esercitazioni militari, ha reagito alla visita di Nancy Pelosi a Taiwan interrompendo la collaborazione con Washington sulla riduzione delle emissioni – E adesso?
Marcello Pelizzari
06.08.2022 12:30

La crisi attorno a Taiwan, fra le altre cose, ha provocato un forte e deciso deterioramento dei rapporti fra Cina e Stati Uniti. In particolare, Pechino ha interrotto la cooperazione con Washington sulla crisi climatica. Scatenando, va da sé, oltre alle polemiche una serie di preoccupazioni circa il futuro del pianeta. Gli esperti, ora, auspicano una rapida ripresa dei colloqui per evitare che la situazione, sul fronte del riscaldamento globale, peggiori.

L’interruzione della collaborazione fa parte di varie misure e contromosse adottate, venerdì, dalla Cina nei confronti degli Stati Uniti. Il motivo? Beh, ovviamente la visita – definita provocatoria – di Nancy Pelosi a Taiwan. Un territorio che Pechino, da sempre, considera suo. A questo, d’altronde, servono le esercitazioni militari su larga scala nei pressi dell’isola.

I giganti delle emissioni

Cina e Stati Uniti, giova ricordarlo, sono i due maggiori responsabili di emissioni di CO2 al mondo. Pechino, nel 2020, viaggiava attorno alle 9,9 miliardi di tonnellate all’anno mentre l’America si «accontentava» di 4,5 miliardi. La decisione di Pechino, ora, rischia di far schiantare definitivamente una cooperazione di per sé già molto, troppo fragile. Il tutto a pochi mesi dalla COP27, la prossima conferenza sul clima delle Nazioni Unite, in programma questo autunno in Egitto.

Le due superpotenze, è stato ribadito, sono l’unica speranza per evitare un disastro senza precedenti. Della serie: qualsiasi impegno comune e qualsiasi sforzo, senza la partecipazione di Cina e Stati Uniti, si rivelerebbero vani. Anche perché assieme Pechino e Washington sono responsabili di circa il 40% delle emissioni mondiali di gas serra.

Le accuse reciproche

Curiosamente, ma nemmeno troppo, la rottura delle relazioni è caduta in un momento particolare, più che mai segnato dal cambiamento climatico: pensiamo alle ondate di caldo e agli incendi, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, per tacere della siccità. Le temperature estreme hanno colpito forte anche in India e, ovviamente, in Cina. E poi inondazioni in Africa, in Asia e di nuovo negli Stati Uniti.

L’America, perlomeno, è vicina all’approvazione di un disegno di legge che ridurrà le emissioni a livello nazionale tra il 31 e il 44% rispetto ai livelli del 2005. E questo entro il 2030. Ma gli obiettivi iniziali sono stati abbassati dopo un lungo tira e molla con il senatore democratico Joe Manchin. Colpa di Enersystems, una società di intermediazione del carbone che la famiglia di Manchin possiede e gestisce. Detto degli Stati Uniti, il problema è collettivo. Limitare a 1,5 gradi il riscaldamento non sembra più una priorità per molti governi.

La Cina, dal canto suo, si è impegnata a rispettare l’Accordo di Parigi sul clima tant’è che sta portando avanti i suoi obiettivi nazionali, fra i quali figurano una riduzione graduale del metano e del carbone.

Detto ciò, Pechino e Washington hanno litigato a lungo, lanciandosi pure accuse reciproche al grido «non hai fatto abbastanza». La Cina, ad esempio, aveva criticato l’egoismo di Donald Trump nel 2017 mentre Joe Biden parlò di grosso errore nel commentare l’assenza di Xi Jinping alla COP26 in Scozia.

Portare a termine il lavoro

Eppure, proprio in Scozia le due superpotenze avevano trovato un punto in comune. Una svolta. Concordando di lavorare insieme, e con urgenza, per ridurre le proprie emissioni. John Kerry, l’inviato statunitense per il clima, in particolare aveva parlato di «differenze» fra i due Paesi riaffermando però l’importanza della cooperazione, «l’unico modo per portare a termine questo lavoro». E ancora: «Si tratta di scienza, di fisica».

Un passo importante, nel segno della condivisione e, ancora, di consulenze a Paesi terzi. Importante, altresì, nel motivare gli altri a seguire l’esempio. Di qui l’appello, ora, affinché Cina e Stati Uniti non rinuncino a lavorare assieme sulla riduzione delle emissioni.

Un appello che, leggiamo, che inevitabilmente avrà delle ripercussioni in vista della citata COP27. Anche se, è stato chiarito, la conferenza sarà in grado di gestire un’eventuale separazione-in-casa di Cina e Stati Uniti. Come, però, non è dato sapere.

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