Le super-armi nucleari di Putin e la reazione di Trump: soffiano venti di Guerra Fredda

Sembra di essere tornati ai tempi della Guerra Fredda, con una gara tra USA e Russia a chi ce l’ha più nucleare, la bomba. A dare il la all’esaltazione di nuove devastanti armi, manco a dirlo, è stato il presidente russo Vladimir Putin messo alle strette da nuove sanzioni americane e dai continui attacchi di droni ucraini sulle strutture petrolifere. Così, negli scorsi giorni, il leader del Cremlino ha annunciato in pompa magna i risultati positivi dei test di un drone sottomarino a propulsione nucleare e di un missile da crociera con capacità atomica, riaccendendo la scintilla della mai sopita sfida tra superpotenze.
Il presidente Donald Trump, infatti, non è rimasto a guardare e ieri ha fatto sapere che gli Stati Uniti sono intenzionati a percorrere la stessa strada dei loro storici rivali per quanto riguarda gli esperimenti sulle armi nucleari: «A causa dei programmi di test di altri Paesi, ho incaricato il Dipartimento della Guerra di iniziare a testare le nostre armi nucleari su base paritaria», ha scritto il tycoon in un post sui social media poco prima di incontrare il leader cinese Xi Jinping in Corea del Sud, sottolineando come la fase di sperimentazione «inizierà immediatamente».
Quella del capo della Casa Bianca appare come una reazione fisiologica ai test accelerati condotti nelle ultime settimane da Mosca sulle cosiddette «super-armi» a capacità nucleare. Pechino ha subito cercato di riportare gli americani alla calma: «La Cina spera che gli Stati Uniti rispettino con serietà gli obblighi del trattato sulla messa al bando totale dei test nucleari e il loro impegno a vietarli, e adottino misure concrete per salvaguardare il sistema globale di disarmo e non proliferazione nucleare e salvaguardare l'equilibrio strategico e la stabilità globali», ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri cinesi Guo Jiakun. Mentre il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha ammonito: «La Russia agirà in base alla situazione se qualcuno viola la moratoria sui test nucleari».
Stati Uniti e Russia hanno concordato di limitare i propri arsenali nucleari in base al nuovo trattato START, entrato in vigore nel 2011. Il trattato scadrà nel febbraio del 2026 e l'attuale situazione non fa presagire nulla di buono.
Ma facciamo un passo indietro. Domenica scorsa la Russia ha comunicato di aver provato con successo, il 21 ottobre, il suo missile da crociera Burevestnik (in italiano «procellaria», l'uccello delle tempeste), un’arma a propulsione nucleare e in grado di portare testate atomiche, che, secondo Mosca, sarebbe in grado di perforare qualsiasi scudo difensivo. Con l'annuncio dell'esercitazione nucleare, di fatto, Putin sembra aver voluto inviare un ulteriore messaggio agli USA, in seguito alle dure sanzioni inflitte dall’Amministrazione Trump alle compagnie petrolifere Rosneft e Lukoil. E non solo: Mosca si è sentita provocata dalla possibile fornitura di missili a lungo raggio Tomahawk americani a Kiev. Una eventualità irricevibile per il leader del Cremlino, il quale ha fatto sapere che il suo Paese non si piegherà mai alle pressioni dell'Occidente sulla guerra in Ucraina.
Il generale Valery Gerasimov, capo di stato maggiore delle forze armate russe, ha fornito alcuni dettagli, spiegando che il nuovo missile ha percorso 14 mila chilometri, restando in volo per circa 15 ore. Secondo la Russia, il missile 9M730 Burevestnik, soprannominato SSC-X-9 Skyfall dalla NATO, è un’arma senza eguali al mondo, capace di penetrare le difese missilistiche attuali e future, con una gittata pressoché illimitata e una traiettoria di volo imprevedibile. «Si tratta di un'arma unica che nessun altro al mondo possiede», ha affermato Putin, indossando una divisa militare mimetica durante un incontro con i generali impegnati nella guerra in Ucraina.
La presentazione del super-missile, inoltre, sembra pure una risposta alle provocazioni del presidente USA, il quale ha definito la Russia una «tigre di carta» per non essere riuscita a conquistare in breve tempo l'Ucraina. Lo «zar», dal canto suo, ha fatto sapere che «la modernità delle nostre forze di deterrenza nucleare è al massimo livello», suggerendo una superiorità rispetto a qualsiasi Paese dotato di armi atomiche, Stati Uniti in primis.
Non contento, tre giorni dopo l'annuncio del test del Burevestnik, bollato da Trump come «inappropriato» (secondo il tycoon, Putin anziché testare missili, «dovrebbe mettere fine alla guerra in Ucraina»), il capo del Cremlino è tornato a sfidare Washington con la rivelazione di un'altra super-arma, anch’essa considerata «senza eguali» al mondo: il drone sottomarino a propulsione nucleare Poseidon (nome in codice Status-6), in grado di trasportare testate atomiche. Secondo il leader russo il test sarebbe avvenuto martedì scorso, conseguendo «un enorme successo».
Gli analisti ritengono che il Poseidon sia sostanzialmente un «drone siluro» di generazione avanzata, a propulsione nucleare, probabilmente in grado di raggiungere la profondità sottomarina di un chilometro, viaggiare a una velocità stimata tra i 100 e i 150 km/h in un raggio d'azione che arriverebbe a 10 mila chilometri. L'aspetto più pericoloso dell'arma, secondo gli esperti, è la sua capacità di evadere i sistemi di tracciamento. La tecnologia stealth di cui dispone, infatti, consentirebbe al mezzo subacqueo una rotta simile a quella dei più imponenti sottomarini nucleari quando entrano in modalità non tracciabile. Stando alla Reuters, il Poseidon, noto nella NATO come Kanyon, è lungo 20 metri, ha un diametro di 1,8 metri e pesa 100 tonnellate.
Quest'arma sottomarina ha fatto parecchio discutere nel 2022, quando, nel suo programma in prima serata sulla tv di Stato, il conduttore Dmitry Kiselyov mandò in onda un video con una simulazione di un attacco sul Regno Unito, dipingendo uno scenario apocalittico: «L'esplosione di questo siluro termonucleare vicino alla costa britannica causerà un'onda di tsunami gigante alta fino a 500 metri», affermò, suscitando una valanga di polemiche in Occidente.
In quell'occasione, il generale Paolo Capitini, esperto di scienze strategiche e di storia militare, parlò di mera propaganda, dichiarando al CdT: «Il Poseidon non esiste, è una baggianata dei russi. Sono stati fatti degli studi, ma i problemi tecnologici che stanno dietro a un’arma del genere sono enormi, perché un siluro deve avere anche un sottomarino in grado di portarlo e i russi non solo non ce l’hanno, ma neanche lo stanno costruendo. Concretamente, che senso avrebbe investire una marea di miliardi per questo siluro? Cosa ci vuoi fare? Ci sono già sottomarini con siluri nucleari tattici, questo lo sappiamo benissimo: hanno lo scopo di tirare una piccola bomba atomica sotto un gruppo da battaglia (portaerei, caccia, sottomarini, ecc..) per distruggere tutta la flotta».
In generale, secondo gli analisti militari, l'arma ha più il profilo di un ordigno «secondario» in uno scenario di guerra nucleare, e non potrebbe comunque scatenare l'energia necessaria per causare uno tsunami. La sua testata infatti consisterebbe in una bomba al cobalto, o altro materiale altamente radioattivo, con lo scopo di rendere impraticabile per molti anni ogni tipo di attività umana nelle zone costiere colpite. O affondare flotte avversarie in mare aperto rendendo impossibili i soccorsi.
Secondo Mosca, invece, il drone sottomarino è dotato di una potenza che «supera di gran lunga quella del nostro missile intercontinentale più promettente, il Sarmat». Un vettore intercontinentale in grado di trasportare 15 testate nucleari su obiettivi distanti fino a 18 mila chilometri. Anche il Sarmat è già stato sbandierato da Mosca e, tornando all'intervista di Capitini, per il generale italiano «queste armi sono costruite per non essere utilizzate mai: vengono prodotte proprio con questo principio. Con un missile del genere, a testate multiple, è possibile colpire gli USA e annientare le città prese di mira: anche solo parlarne ad alta voce è qualcosa che va al di fuori del concetto stesso di guerra, perché significa andare incontro all’estinzione. Per quanto si possa essere megalomani, nessuno ha nel proprio background cerebrale l’idea di estinguersi. Queste armi servono solo a intimorire l’avversario, ma non possono essere utilizzate».
I progetti del Poseidon e del Burevestnik sono stati resi noti da Putin nel 2018 in risposta all'espansione verso est della NATO e alla decisione degli USA di ritirarsi dal Trattato anti-missili balistici. Parlando del drone sottomarino, lo «zar» ha riferito che «non esiste al mondo niente di paragonabile in termini di velocità e profondità» e che «non c'è modo di intercettarlo».
«Per la prima volta – ha aggiunto il presidente russo – siamo riusciti non solo a lanciarlo da un sottomarino utilizzando il suo motore di spinta, ma anche ad avviare il reattore nucleare con cui il mezzo ha viaggiato per un certo periodo di tempo».
Bloomberg ricorda come l'ultimo test nucleare degli Stati Uniti risalga al 1992, sebbene continuino a essere utilizzati sistemi di lancio – tra cui missili balistici intercontinentali, sottomarini e bombardieri – con armi simulate. Nel 2019, gli Stati Uniti si sono ritirati da uno storico trattato sul disarmo nucleare con la Russia, sostenendo come Mosca lo avesse violato con la produzione di missili vietati dall'accordo. Sebbene la Cina disponga di un arsenale di testate nucleari molto più piccolo rispetto alle due altre superpotenze, stando alle valutazioni del governo americano starebbe rapidamente aumentando il suo inventario. Pechino ha testato per l'ultima volta una bomba atomica nel 1996, ma continua ad esercitarsi con missili a capacità nucleare, compresi quelli ipersonici, più difficili da intercettare dai sistemi di difesa.
Secondo l'ONU, tra il 1945 e il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT) del 1996, sono stati effettuati oltre 2 mila test nucleari, di cui 1.032 da parte degli Stati Uniti e 715 da parte dell'allora Unione Sovietica. Il Regno Unito ne ha effettuati 45, la Francia 210 e la Cina 45. Dall'entrata in vigore del CTBT sono stati effettuati 10 test nucleari. L'India ne ha condotti due nel 1998, il Pakistan due nel 1998 e la Corea del Nord ne ha condotti nel 2006, 2009, 2013, 2016 (due volte) e 2017.
Nonostante Stati Uniti, Russia e Cina abbiano firmato il trattato internazionale che vieta i test sulle armi nucleari, lo spettro atomico, oggi, sembra più reale che mai.
