Il punto

Ma l'ISIS, quindi, è davvero tornato?

L'attacco di Bourbon Street a New Orleans riporta sotto i riflettori il cosiddetto Stato Islamico – L'esperto: «Nel 2024 l'organizzazione è risorta»
© AP/Gerald Herbert
Red. Online
04.01.2025 18:30

L'attacco di Capodanno a Bourbon StreetNew Orleans, ha scosso gli Stati Uniti e il mondo intero. Shamsud-Din Jabbar, un veterano dell'esercito americano, ha lanciato un pick-up preso a noleggio contro la folla. Uccidendo 14 persone e ferendone altre 35. Le autorità, inizialmente disorientate, hanno confermato che l'autore del folle gesto simpatizzava per l'ISIS. Lo Stato Islamico, già. Di più, sebbene Jabbar abbia agito da solo gli esperti di terrorismo si sono affrettati a dire che l'ISIS potrebbe aver inaugurato una nuova stagione del terrore.

Bruce Hoffmann del Council on Foreign Affairs, come sottolinea il Blick, ha spiegato sull'Economist che quello appena conclusosi è stato, citiamo, l'anno della resurrezione per l'organizzazione. In effetti, a fronte di un calo costante degli attacchi jihadisti in Occidente a partire dal 2016, nel 2024 il dato è salito, nuovamente, sia negli Stati Uniti sia in Europa. Perché? La risposta è legata a doppio filo all'instabilità in Medio Oriente e, nello specifico, alla risposta muscolare di Israele agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Lo scorso marzo, l'ISIS-K, il ramo con basi afghane divenuto la punta di lancia del movimento, aveva attaccato nel cuore della Russia. A Mosca. L'instabilità, dicevamo: è benzina pura, per il terrorismo islamico, che ama cibarsi delle crisi globali e delle guerre. Quanto sta accadendo a Gaza, inoltre, fornisce una base ideologica perfetta. A proposito di ISIS, lo scorso agosto un uomo armato di coltello aveva seminato terrore e morte a Solingen, in Germania.

Olivier Roy, specialista francese di terrorismo, ha invece dichiarato al Blick che l'ISIS, oggi, può vantare nuove tattiche di reclutamento e nuovi tipi di attacco. Se è vero che la figura del lupo solitario, a maggior ragione fra i simpatizzanti dello Stato Islamico in Occidente, di fatto è sempre esistita, è altrettanto vero che la radicalizzazione, ora, avviene sempre più silenziosamente e sottotraccia. Tramite i social network e con una propaganda su misura. «Questa nuova strategia non si basa sulla vittoria militare, ma sull'impatto psicologico» ha detto Roy. Gli attacchi complessi e appariscenti non sono più un obiettivo strategico, ma un metodo per attirare l'attenzione e incutere paura. E ancora: «Siamo di fronte a una messa in scena della grandezza di un tempo».

L'ISIS è l'ombra dell'organizzazione che, quasi un decennio fa, scatenò la terribile ondata di attentati in Europa, uccidendo centinaia di persone. Non ha più una base estesa né tantomeno i membri di cui disponeva allora: le idee che veicola, oggi, piacciono solo a una piccola minoranza. Tuttavia, l'organizzazione è sopravvissuta, il che rappresenta una sfida tanto grande quanto difficile per il gruppo terroristico. Una sfida che l'ISIS affida ad autori di atti isolati come quello di Solingen o, appunto, quello di New Orleans. Eccola, la strategia. «Tutto fa pensare che quello di New Orleans sia stato un cosiddetto atto ispirato» ha dichiarato l'esperto di terrorismo Hans-Jakob Schindler alla Frankfurter Rundschau. Detto in altri termini, un singolo autore diventa il volto di un'ideologia globale che spaventa le persone e destabilizza le società. Consentendo all'ISIS di ottenere il massimo con il minimo, in termini economici, e di essere imprevedibile.

Di qui le difficoltà dei servizi di sicurezza, come conferma Roy: «Non possiamo fare molto di più di quello che già facciamo, ovvero scambiare informazioni a livello internazionale tramite le varie intelligence e sorvegliare sia i viaggiatori sia Internet». Nella speranza di intercettare variabili impazzite come l'attentatore di New Orleans.

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