Trattative

Le promesse a Trump per abbassare i dazi

Emergono nuovi dettagli sull'incontro dei sei impresari svizzeri a Washington: da una parte le rassicurazioni al presidente USA, dall'altro le richieste del tycoon – «L'annuncio potrebbe arrivare durante il WEF»
© Hodinkee
Red. Ticino&Svizzera
09.11.2025 16:02

Via via che i giorni passano, si delineano i contorni dell’incontro - avvenuto martedì nello Studio Ovale - tra sei imprenditori svizzeri e il presidente statunitense Donald Trump.  Dopo gli incontri a livello politico, infatti, alcune tra le maggiori imprese svizzere - che ormai da tre mesi devono fronteggiare le conseguenze dei dazi al 39% - hanno voluto far sentire direttamente la propria voce. Seduti di fronte al presidente USA si sono quindi ritrovati sei alti dirigenti di alcune tra le più importanti aziende elvetiche: Rolex, MSC, Richemont, Mercuria, MKS PAMP e Partners Group.

In una nota congiunta diramata poco dopo la fine dell’incontro alla Casa Bianca, i sei imprenditori hanno ribadito «la convinzione che un accordo commerciale bilaterale rafforzerebbe in modo significativo gli scambi economici, a vantaggio di entrambi i Paesi». L’incontro, è stato inoltre precisato, «mirava a sottolineare la solidità e la durata delle relazioni economiche» tra Berna e Washington. Ora, a svelare qualche dettaglio in più ci hanno pensato i domenicali. Secondo il SonntagsBlick, ad esempio, durante il faccia a faccia avvenuto a Washington gli imprenditori elvetici avrebbero avanzato alcune proposte per alleggerire l’impatto dei dazi imposti alla Svizzera. La tariffa doganale al 39% annunciata a inizio agosto, infatti, rappresenta la più alta tra quelle imposte alle nazioni occidentali (Giappone e Unione Europea, ad esempio, hanno dazi del 15%). Per cercare di abbassarla, i sei imprenditori avrebbero ventilato l’ipotesi di trasferire alcune fonderie d’oro sul suolo americano, aprendo al contempo anche a ulteriori investimenti nel settore farmaceutico. Non solo. Sarebbero stati promessi anche il sostegno a progetti infrastrutturali e un aumento degli acquisti nell’industria aeronautica statunitense. Al termine delle discussioni - riferisce ancora il SonntagsBlick - sarebbero anche stati consegnati alcuni doni simbolici, come un orologio Rolex e un lingotto d’oro inciso con una dedica.

Da sinistra, Johann Rupert (Richemont), Alfred Gantner (Partners Group), Marwan Shakarchi (MKS PAMP), Jean-Frédéric Dufour (Rolex) and Daniel Jaeggi (Mercuria).
Da sinistra, Johann Rupert (Richemont), Alfred Gantner (Partners Group), Marwan Shakarchi (MKS PAMP), Jean-Frédéric Dufour (Rolex) and Daniel Jaeggi (Mercuria).

Le richieste degli USA

Dal canto loro, stando a quanto riporta invece la SonntagsZeitung, gli Stati Uniti avrebbero avanzato due richieste. La prima riguarda l’adozione, almeno parziale, da parte della Svizzera, delle sanzioni statunitensi in futuro. Il secondo punto riguarda invece i controlli sugli investimenti, e in particolare misure volte a impedire alle aziende cinesi di acquisire imprese industriali considerate strategiche. In sostanza, spiega ancora il domenicale, Trump sta utilizzando i dazi non solo per correggere gli squilibri commerciali, ma anche per portare avanti obiettivi geopolitici. Non a caso, di recente, sia la Malesia che la Cambogia hanno firmato accordi con gli USA che le obbligano ad aderire alle normative statunitensi sull’esportazione di tecnologie sensibili. A seconda dell’interpretazione, gli Stati Uniti potrebbero, ad esempio, vietare loro di rivendere chip di intelligenza artificiale alla Cina.

Le richieste avanzate dagli USA hanno sollevato dure critiche. Per il consigliere nazionale del PLR Hans-Peter Portmann, la richiesta americana è «fuori dalla realtà». «Qui - ha detto - lo Stato di diritto è ancora molto apprezzato. Non ci impegniamo in una politica mondiale da cowboy».  «Non possiamo permetterci di essere ricattati dagli Stati Uniti», ha spiegato da parte sua Elisabeth Schneider-Schneiter, consigliera nazionale del Centro, mentre il co-presidente del PS Cédric Wermuth chiede al Consiglio federale di fare chiarezza: «La mancanza di trasparenza nei negoziati non è più accettabile».

Un annuncio al WEF?

In tutti i casi, dopo settimane di silenzio, l’incontro con gli imprenditori elvetici avrebbe avuto il merito di riaprire il canale negoziale. Al termine del faccia a faccia, infatti, Trump ha incaricato il rappresentante commerciale Jamieson Greer di proseguire il dialogo con il Governo svizzero, aprendo così la strada a un possibile rilancio dei rapporti commerciali. Venerdì, poi, Greer ha avuto un colloquio con il consigliere federale Guy Parmelin, definito da quest’ultimo come «molto costruttivo». Stando ai domenicali, nelle prossime settimane potrebbe essere annunciata una dichiarazione d’intenti. Ma, soprattutto, al prossimo World Economic Forum di Davos dovrebbe essere presentato un accordo che abbasserebbe i dazi al 15%, la stessa tariffa applicata all’UE.

«Siamo Guglielmo Tell o siamo vassalli? Al mondo stiamo inviando un segnale di debolezza. Non che stiamo combattendo» – Nick Hayek, ceo di Swatch
«Chi è contrario ai dazi è uno stupido! Siamo il Paese più ricco e rispettato del mondo, con un'inflazione quasi a zero e un prezzo di mercato azionario record». Lo scrive Donald Trump su Truth annunciando che grazie alle tariffe «ad ogni americano sarà pagato un dividendo di almeno 2.000 dollari a persona, escluse quelle a reddito alte». «I fondi pensione sono i più alti di SEMPRE. Stiamo incassando migliaia di miliardi di dollari e presto inizieremo a saldare il nostro enorme debito, 37 trilioni di dollari. Investimenti record negli Stati Uniti, stabilimenti e fabbriche che sorgono ovunque», ha aggiunto.
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