Una Svizzera più calda e arida, il futuro del clima fa paura

Notti tropicali, terreni aridi, piogge torrenziali. E ghiacciai che si ritirano (ma questa non è una novità). La Svizzera del futuro - un futuro nemmeno troppo lontano, dicono gli esperti - potrebbe essere pericolosamente molto diversa dall’attuale. La causa di questa trasformazione è, ovviamente, il cambiamento climatico: fenomeno che, dovesse continuare senza freni, determinerebbe una drammatica alterazione del territorio.
Ad affermarlo sono i climatologi dell’Ufficio federale di meteorologia e climatologia MeteoSvizzera e dell’ETH di Zurigo, i quali hanno presentato ieri a Berna, assieme alla consigliera federale e direttrice del Dipartimento dell’interno (DFI), Elisabeth Baume-Schneider, lo studio 2025 sui «Nuovi scenari climatici per la Svizzera». Uno lungo e articolato documento che sarà alla base della strategia del Consiglio federale per l’adattamento ai mutamenti del clima.
Possibili sviluppi
«I nuovi scenari offrono un quadro più concreto per i prossimi decenni. Ci aiutano a identificare i possibili sviluppi e a pianificare provvedimenti adeguati a proteggere il nostro ambiente, le città e l’agricoltura», ha detto Baume-Schneider durante la conferenza stampa. Provvedimenti, ha tuttavia insistito la consigliera federale, che potrebbero anche non bastare. Nonostante gli sforzi, nel migliore dei casi il riscaldamento globale potrà infatti essere soltanto limitato. «I risultati sono allarmanti. Ma ciò non significa che non si possa fare alcunché per contrastarli - ha aggiunto Elisabeth Baume-Schneider - Occorrerà, quindi, fare prevenzione, riducendo le emissioni di CO₂ e di altri gas serra dannosi per il clima».
Il precedente rapporto di MeteoSvizzera ed ETH risaliva al 2018. Anch’esso era tutt’altro che rassicurante, ma non aveva previsto l’accelerazione dei cambiamenti. «Le conseguenze per la Confederazione si sono intensificate e accelerate - si legge nella sintesi dello studio - Mentre la temperatura media globale è aumentata di 1,3 gradi rispetto all’era preindustriale, in Svizzera il riscaldamento ha già raggiunto i 2,9 gradi. Ciò significa un aumento del 10-15% in più rispetto a quanto ipotizzato nello studio del 2018».
Rapporto dettagliato
Come affermato nel colloquio con i giornalisti dal direttore di MeteoSvizzera, Christof Appenzeller, il rapporto 2025 è più dettagliato e preciso di quello che lo aveva preceduto. Un dato , messo in evidenza dai ricercatori, spicca su tutti gli altri: un riscaldamento globale complessivo del pianeta di 3 gradi centigradi comporterebbe un aumento della temperatura molto più marcato in Svizzera (+4,9 gradi) a causa anche dell’orografia del Paese. Ciò avrebbe, è ovvio, innumerevoli ripercussioni. Alcune delle quali più gravi e immediate di altre: caldo più estremo; estati più asciutte; forti precipitazioni, più frequenti e più intense; innalzamento della quota dell’isoterma di zero gradi e meno neve. Nella Confederazione, in futuro, si legge sempre nella sintesi del rapporto, i giorni di caldo torrido e le notti tropicali saranno molto più frequenti. «Città come Zurigo saranno particolarmente colpite», ha affermato in conferenza stampa la responsabile del progetto di MeteoSvizzera, Regula Mülchi. Ma le ondate di caldo potranno verificarsi sempre più spesso anche in regioni prealpine e alpine.
I suoli, in Svizzera, diventeranno sempre più aridi in estate, causando inevitabilmente gravissimi danni all’agricoltura. La siccità estiva, spiegano gli estensori dello scenario climatico, è già aumentata negli ultimi 40 anni. In futuro, una tipica siccità estiva sarà più marcata nella misura del 44% rispetto ad oggi. L’aridità del suolo e il rischio di incendi boschivi aumenteranno, ha spiegato ancora Mülchi.
A lungo termine, inoltre, le precipitazioni intense aumenteranno in tutte le stagioni e si prevedono sempre più temporali violenti e di breve durata. Anche se pioverà più raramente - prevedono i ricercatori di MeteoSvizzera ed ETH - durante singoli eventi cadranno in breve tempo maggiori quantitativi di pioggia, come si è constatato l’anno scorso con i tragici eventi in Mesolcina e Vallemaggia.
Infine, cosa potenzialmente in grado di cambiare radicalmente anche l’immagine della Svizzera, in inverno, le precipitazioni si verificheranno sempre più sotto forma di pioggia anziché di neve. Nei mesi freddi, bisognerà salire attorno ai 1.450 metri sul livello del mare per leggere sul termometro zero gradi. Oltre 550 metri in più rispetto a oggi, è stato precisato in conferenza stampa. Anche la durata della copertura nevosa si accorcerà enormemente, soprattutto alle quote più basse. La profezia di qualche addetto ai lavori sulla «morte» dello sci come sport alpino non sarebbe più soltanto una boutade.
«Ogni decimo di grado fa la differenza - ha detto sempre ieri ai giornalisti Reto Knutti, climatologo dell’ETH di Zurigo - Più il clima si riscalda, maggiori sono gli effetti sulla natura». E, di conseguenza, sulla società e sull’economia del Paese. Nessuno può dimenticare quanto accaduto alla fine di giugno dello scorso anno in Vallemaggia.
Ratificando l’Accordo di Parigi del 2015, la Svizzera si è impegnata, insieme a molti altri Paesi, a limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2 °C, idealmente a 1,5 °C, rispetto al periodo preindustriale. Un obiettivo che, in realtà, sembra già impossibile da perseguire. Anche per la scelta dell’amministrazione Trump di uscire nuovamente dall’intesa di 10 firmata nella capitale francese 10 anni fa. Ogni decimo di grado di riscaldamento risparmiato può ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici, per attenuare le conseguenze dei quali è necessario evitare ogni passo indietro nelle politiche di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Soltanto «con un’ambiziosa protezione del clima e il raggiungimento di un saldo netto delle emissioni globali di CO₂ entro il 2050 si potrà evitare la maggior parte del futuro riscaldamento a lungo termine, e quindi molti degli effetti da esso risultanti», ha ribadito Knutti.


