La sentenza

Poliziotti assolti: «Quale motivo avrebbero avuto per favorire Gobbi?»

Prosciolti dall’accusa di favoreggiamento i due agenti della Polizia cantonale accusati di aver riservato un trattamento di favore al direttore del Dipartimento delle istituzioni – Per la giudice, «il loro agire non fu intenzionale» – La vicenda potrebbe approdare in Appello
© CdT/Gabriele Putzu
Nico Nonella
15.10.2025 17:12

«Che motivo avrebbero avuto per favorire Norman Gobbi?». Certo, la procedura non è stata eseguita correttamente, ma «non c’è mai stata l’intenzione di favoreggiare il direttore del DI». È con questa motivazione che la giudice della Pretura penale, Elettra Orsetta Bernasconi Matti, ha prosciolto i due graduati della Polizia cantonale, a processo da ieri mattina con l’accusa di aver favorito il consigliere di Stato in relazione all’incidente stradale in Leventina del 14 novembre 2023.

«L’esame del sangue doveva essere disposto già dopo l’esito dell’etilometro precursore, poco importa se calibrato o no». Addirittura, «avrebbero dovuto allertare il procuratore pubblico di picchetto. Le due ore tra l’incidente e il test probatorio – un limite fissato dall’Ordinanza federale sul controllo della circolazione stradale – sono state abbondantemente superate. Indipendentemente dal comportamento collaborativo del ministro, il sospetto che Gobbi avesse guidato con un tasso alcolemico superiore al limite doveva nascere». Ma se l’elemento oggettivo del reato di favoreggiamento è dato – di fatto, la procedura non è stata corretta –, per Bernasconi Matti non ci sono prove che gli agenti avessero intenzionalmente favorito Gobbi. Manca insomma l’elemento soggettivo. «L’inchiesta – ha poi argomentato – ha faticato a stabilire gli orari precisi per stabilire il superamento delle due ore». Le prescrizioni dell'Ordinanza «erano poco chiare» e questo, agli occhi della giudice, «rafforza la tesi di una prassi diffusa in seno alla Polizia». Ossia di prescindere dal test del sangue in caso di superamento di pochi minuti del limite. La decisione di non procedere con questo test, «è stata presa sulla base delle informazioni disponibili e il loro comportamento dimostra che quella sera hanno voluto eseguire un controllo corretto».

Un’aula gremita

Il dibattimento si è svolto a Bellinzona in un’aula penale gremita di giornalisti, famigliari e colleghi degli imputati (un sottufficiale superiore di Gendarmeria di picchetto la sera dei fatti e il capogruppo in servizio quella notte). Ad entrambi, il procuratore generale Andrea Pagani contestava il reato di favoreggiamento in correità. I due graduati – difesi dagli avvocati Maria Galliani e Roy Bay, che si sono battuti per l’assoluzione – hanno sempre affermato di aver agito correttamente. A dare il via al procedimento penale, lo ricordiamo, è stata un’interpellanza del marzo 2024 del presidente del Centro, Fiorenzo Dadò. L’11 giugno scorso il pg ha chiuso l’inchiesta e nei confronti dell’ufficiale di picchetto è stato emanato un decreto di abbandono, mentre ai due graduati è stato prospettato il rinvio a giudizio.

La catena degli eventi

Centrali per tutto il dibattimento sono state le tempistiche. Come ricostruito in aula, attorno a mezzanotte e un quarto l’automobile guidata da Gobbi, di ritorno da una cena durante la quale aveva bevuto quattro bicchieri di vino, viene urtata dalla vettura guidata da un cittadino tedesco ed è lo stesso direttore del Di a chiamare la polizia. L’incidente viene registrato con orario 00.25. A intervenire sul posto è una pattuglia della Polizia cantonale, che procede con l’alcol test precursore attorno all’1.20. Il risultato, come detto, è superiore al limite ma l’etilometro ha la «calibrazione scaduta» (questa la scritta comparsa sul display). I due poliziotti chiamano il loro diretto superiore, il capogruppo, il quale a sua volta allerta il sottufficiale superiore. Quest’ultimo chiama poi l’ufficiale di picchetto, che invia sul posto i due graduati, incaricandoli di procedere con il test probatorio (l’apparecchio si trovava a Camorino). In base all’atto d’accusa, il test viene effettuato «non prima delle 2.24-2.25» ad Airolo. Il sottufficiale superiore avrebbe quindi indicato al collega che «è prassi» prescindere dal prelievo se sono passati «pochi minuti» dalle due ore fissate dall’ordinanza.

Prelievo sì, prelievo no?

Quella sera, ha argomentato il sottufficiale superiore, «non avevamo il sospetto che Gobbi fosse oltre il limite: ha collaborato aveva il pieno controllo di linguaggio e movimenti. Dopo i fatti ho chiesto se non fosse il caso di desecretare l’incidente. Per me sarebbe stato opportuno un comunicato stampa», ha poi aggiunto. Ma i superiori decisero altrimenti. Di opinione diversa il procuratore generale, che ha chiesto per entrambi gli imputati una pena pecuniaria sospesa: «Bisognava procedere con il prelievo: vi era il sospetto, grande come una casa, che il ministro avesse guidato in stato di ebrietà. Rinunciando al prelievo, gli imputati «hanno agito intenzionalmente, con dolo diretto, o perlomeno eventuale». Entrambi si sarebbero perlomeno assunti il rischio di ignorare l’ordinanza, «facendo capo a un’asserita prassi, peraltro foriera di arbitrio». Certo, «si sono trovati a gestire una situazione critica che non hanno contribuito a creare. Sono ottimi professionisti, ma quella sera sono mancati per un istante lucidità, rigore e fermezza». Per entrambi il pg ha chiesto la condanna per favoreggiamento, in correità, a una pena pecuniaria sospesa per due anni.

«Si sono attenuti alla prassi»

«La realtà è che quella sera gli imputati hanno esercitato un potere discrezionale umano che è concesso agli agenti di polizia», ha argomentato Bay nella sua arringa. «Per il probatorio occorre anche il sospetto che chi ha guidato abbia bevuto, e qui entra in appunto gioco il potere discrezionale». Il suo assistito (il capogruppo) non poteva sapere con esattezza l’orario di inizio o cessazione della guida del ministro: «Non è realistico, e nemmeno l’accusa è riuscita ricostruirlo con esattezza». Anche la patrocinatrice del sottufficiale superiore, l’avvocata Galliani, posto l’accento su questo aspetto: «La prassi in seno alla Polizia, «tiene conto proprio dell’incertezza nel determinare gli orari: si parla di stime e approssimazioni. Secondo Galliani, infine, manca l’elemento soggettivo del reato di favoreggiamento. Tesi, come detto, sposata anche dalla Corte.

Il pg inoltrerà annuncio di Appello.

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