L'intervista

«Caso Hospita, verifica necessaria, magari con modalità differenti»

Vi proponiamo un «assaggio» dell'intervista a Norman Gobbi che andrà in onda domani alle 19 a La domenica del Corriere su Teleticino - L'arrocco poi diventato arrocchino, i rapporti con il collega Claudio Zali, il rapporto segreto sul caso Hospita-Alberti e tanto altro
©Gabriele Putzu
Gianni Righinetti
23.08.2025 06:00

Vi proponiamo «un assaggio» dell’intervista a Norman Gobbi che andrà in onda domani alle 19 a La domenica del Corriere su Teleticino. L’arrocco poi diventato arrocchino, i rapporti con il collega Claudio Zali, il rapporto segreto sul caso Hospita-Alberti e tanto altro.

Come sta l’uomo e il consigliere di Stato Norman Gobbi?
«Sta bene perché mi sono rigenerato sulle nostre montagne. Andare in montagna fa sempre bene».

Arrocchi e arrocchini, ma questo caos in salsa leghista era davvero necessario?
«Caos lo dice chi da fuori fomenta e critica ogni mossa o misura del Governo chiamandola caos. E, di fronte a una competenza chiara ed esclusiva dell’Esecutivo, ne vuole parlare in una sessione straordinaria del Parlamento. Questo credo sia il reale caos».

Lei e Claudio Zali volevate un arrocco totale, sarà solo parziale. Non era il caso di rinunciare e dichiarare l’obiettivo fallito?
«Grave è il mancato rispetto dei ruoli istituzionali e le competenze dei tre poteri. A volte vediamo anche taluni che vogliono sostituirsi addirittura a quello giudiziario. Ai nuovi stimoli non si rinuncia. Io ci credo».

A proposito di rispetto dei poteri dello Stato. Non credo lo sia intervenire politicamente a gamba tesa nei confronti di quello Giudiziario come fatto da lei e Zali. Ma le scuse in Governo sono state spontanee o indotte?
«Sono state scuse spontanee. La reazione emozionale e politica che c’è stata ha fatto capire anche al collega Claudio che le modalità che avevamo scelto non erano proprio quelle più idonee. Dico sempre che fortunatamente abbiamo due caratteri diversi: io sono uno scopista, e difendo il settebello che ho in mano, lui essendo un pokerista ogni tanto gioca “all-in”».

Motivato? Lo sono in qualsiasi lavoro, anche quelli che mi vengono attribuiti e non sono i più eclatanti

Ci vuole raccontare cosa avete detto la prima volta che avete tematizzato con i colleghi la vostra idea?
«Non si racconta quello che avviene all’interno del Consiglio di Stato. Della questione ne abbiamo anche parlato singolarmente con i colleghi prima di arrivare in seduta, proprio perché c’è un rapporto di rispetto reciproco e anche di confidenza che è necessario. Quello che avviene all’interno della sala del Consiglio di Stato, fortunatamente, è ancora riservato».

Poco riservata era la pagina del «Mattino» di quella domenica con l’arrocco sbandierato ai quattro venti. Lei era a conoscenza di quella pagina? L’aveva avallata? Si era opposto?
«Ci è stata anticipata dall’editrice del “Mattino della domenica” la sera prima, quindi era praticamente impossibile dire qualcosa su questa prima pagina che evidentemente è stata molto in stile “Mattino della domenica” e poco in stile Norman Gobbi».

Ne avrebbe fatto a meno?
«Diciamo che ha fatto contento soprattutto il coordinatore».

Il Governo, tra i motivi del sì all’arrocchino, ha citato anche il processo ai due poliziotti intervenuti quella notte in Leventina. Incidente in cui lei era stato coinvolto. Pensa spesso a quella situazione, ai poliziotti e alle loro famiglie?
«Evidentemente sì, l’ho già detto una volta da lei a La domenica del Corriere negli scorsi mesi. Ci sono due persone che da ormai lungo tempo si trovano in una procedura penale che fortunatamente avrà un suo epilogo, spero, il 15 di ottobre. Quindi potrà essere chiarito quello che deve essere chiarito. L’auspicio è che possano essere sollevati da qualsiasi dubbio».

Dall’arrocchino esce un super-ministro (Zali) e un altro ridimensionato (lei). Che fine ha fatto Supernorman?
«Le cose non stanno così, cito ad esempio la questione dei collegamenti Nord-Sud, del San Gottardo di domani, e la loro gestione operativa. Territorialità alla quale tengo in maniera importante. A me piace la parola sentinella: dobbiamo rimanere sentinelle non solo alla frontiera Sud per i problemi che sappiamo, bensì curare anche la frontiera Nord. I rapporti con l’autorità federale ogni tanto li trascuriamo».

A me piace la parola sentinella: dobbiamo rimanere sentinelle non solo alla frontiera Sud per i problemi che sappiamo, bensì curare anche la frontiera Nord. I rapporti con l’autorità federale ogni tanto li trascuriamo

Quindi rimane motivato?
«Lo sono in qualsiasi lavoro, anche quelli che mi vengono attribuiti e non sono i più eclatanti. Fa parte dello spirito di servizio».

E perché non avocare a sé il dossier lupo?
«Era una delle opzioni, poi per seguire una certa logica non si è cambiato. Ma faccio notare che c’è stato un cambio di passo proprio perché la situazione, dal punto di vista dello sviluppo della popolazione dei lupi, grandi predatori sulle nostre montagne, è cambiata in maniera negativa per gli allevatori. Soprattutto di alta montagna, per quelli cioè che producono prodotti ad alto valore gastronomico e che contribuiscono alla cura del nostro territorio».

Claudio Zali non ci sarà alla seduta straordinaria sull’arrocco. Che segnale è per il Governo e per lei?
«Ha spiegato nella sua comunicazione all’Ufficio presidenziale che non c’è un obbligo e quindi uno può valutare l’opportunità da un punto di vista piuttosto che dall’altro. Ritengo che la scelta è legittima. Così com’è legittima quella di un numero definito di deputati che ha chiesto di convocare questa sessione straordinaria che, come detto, dibatterà su una decisione di esclusiva competenza del Governo».

Ma, alla fine, questa rinuncia, al di là di regolamenti e cavilli, conferma la poca sintonia (storica) tra i due leghisti in Governo. Nulla di nuovo, insomma?
«Diciamo che i rapporti negli ultimi anni sono fortemente migliorati. I nostri binari si incrociano un po’ di più sul nostro tragitto, questo anche a fronte di dossier che comunque sono sempre più interdipartimentali. Non solo tra me e lui ma all’interno di tutto il Governo: devo dire che quei silos che una volta c’erano su alcuni dossier sono diventati sempre più trasversali, quindi si parla molto di più soprattutto nell’ottica di come poter far meglio con le stesse risorse e con meno risorse».

Tra Lega e UDC, dopo tensioni e coltellate, Piero Marchesi e Daniele Piccaluga si lanciano anche qualche petalo di rosa. Se dovesse scommettere oggi: accordo sì o accordo no?
«Prima di tutto bisogna affrontare la discussione non davanti ai media ma attorno a un tavolo, magari ben imbandito perché di solito la tavola permette anche di migliorare i rapporti e magari smussare quei brutti ricordi che ognuno di noi porta dentro di sé. Questa discussione deve essere ancora fatta».

Sul caso Hospita una verifica era necessaria, c'erano delle voci che andavano verificate

Veniamo al caso Hospita-Alberti e al rapporto segreto: è stato un errore commissionarlo e avallarlo?
«Una verifica era necessaria, c’erano delle voci che andavano verificate. Magari le modalità potevano essere altre, ma fare verifiche, lo ribadisco, era responsabile a tutela della Lega».

Forse il problema è che allora lei, consigliere di Stato, non doveva essere coordinatore ad interim della Lega…
«Questo lei lo ha sempre detto sul Corriere del Ticino e in televisione. Magari sì, magari no. I consiglieri di Stato, anche quando non hanno un ruolo dirigenziale in un partito, hanno pur sempre un ruolo importante».

Daniele Piccaluga, intervistato dal Corriere del Ticino, si è gettato anima e corpo nella conduzione della Lega. Ha dovuto affrontare tanti problemi che ha trovato ma non generato. Cosa ne dice?
«Ho capito. Ho letto l’intervista e non è stato gentile nei miei confronti, significa che ho lasciato tante “gabole” da risolvere. Sembrava questo il senso della sua domanda al Picca. In realtà ho sempre dato una mano a risolvere i problemi. Ma mi ha colpito la disinvoltura di Piccaluga nel rispondere, vuol dire che è cresciuto come anche lei ha notato. Da apprendista è diventato quasi un esperto della politica. Questo credo sia un elemento essenziale, e che conferma la buona scelta della Lega».

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