«Caso Hospita, verifica necessaria, magari con modalità differenti»

Vi proponiamo «un assaggio» dell’intervista a Norman Gobbi che andrà in onda domani alle 19 a La domenica del Corriere su Teleticino. L’arrocco poi diventato arrocchino, i rapporti con il collega Claudio Zali, il rapporto segreto sul caso Hospita-Alberti e tanto altro.
Come sta l’uomo e
il consigliere di Stato Norman Gobbi?
«Sta bene perché
mi sono rigenerato sulle nostre montagne. Andare in montagna fa sempre bene».
Arrocchi e
arrocchini, ma questo caos in salsa leghista era davvero necessario?
«Caos lo dice chi
da fuori fomenta e critica ogni mossa o misura del Governo chiamandola caos. E,
di fronte a una competenza chiara ed esclusiva dell’Esecutivo, ne vuole parlare
in una sessione straordinaria del Parlamento. Questo credo sia il reale caos».
Lei e Claudio
Zali volevate un arrocco totale, sarà solo parziale. Non era il caso di
rinunciare e dichiarare l’obiettivo fallito?
«Grave è il
mancato rispetto dei ruoli istituzionali e le competenze dei tre poteri. A
volte vediamo anche taluni che vogliono sostituirsi addirittura a quello
giudiziario. Ai nuovi stimoli non si rinuncia. Io ci credo».
A proposito di
rispetto dei poteri dello Stato. Non credo lo sia intervenire politicamente a
gamba tesa nei confronti di quello Giudiziario come fatto da lei e Zali. Ma le
scuse in Governo sono state spontanee o indotte?
«Sono state scuse
spontanee. La reazione emozionale e politica che c’è stata ha fatto capire
anche al collega Claudio che le modalità che avevamo scelto non erano proprio
quelle più idonee. Dico sempre che fortunatamente abbiamo due caratteri
diversi: io sono uno scopista, e difendo il settebello che ho in mano, lui
essendo un pokerista ogni tanto gioca “all-in”».


Ci vuole
raccontare cosa avete detto la prima volta che avete tematizzato con i colleghi
la vostra idea?
«Non si racconta
quello che avviene all’interno del Consiglio di Stato. Della questione ne
abbiamo anche parlato singolarmente con i colleghi prima di arrivare in seduta,
proprio perché c’è un rapporto di rispetto reciproco e anche di confidenza che
è necessario. Quello che avviene all’interno della sala del Consiglio di Stato,
fortunatamente, è ancora riservato».
Poco riservata
era la pagina del «Mattino» di quella domenica con l’arrocco sbandierato ai
quattro venti. Lei era a conoscenza di quella pagina? L’aveva avallata? Si era
opposto?
«Ci è stata
anticipata dall’editrice del “Mattino della domenica” la sera prima, quindi era
praticamente impossibile dire qualcosa su questa prima pagina che evidentemente
è stata molto in stile “Mattino della domenica” e poco in stile Norman Gobbi».
Ne avrebbe fatto
a meno?
«Diciamo che ha
fatto contento soprattutto il coordinatore».
Il Governo, tra i
motivi del sì all’arrocchino, ha citato anche il processo ai due poliziotti
intervenuti quella notte in Leventina. Incidente in cui lei era stato
coinvolto. Pensa spesso a quella situazione, ai poliziotti e alle loro
famiglie?
«Evidentemente
sì, l’ho già detto una volta da lei a La domenica del Corriere negli scorsi
mesi. Ci sono due persone che da ormai lungo tempo si trovano in una procedura
penale che fortunatamente avrà un suo epilogo, spero, il 15 di ottobre. Quindi
potrà essere chiarito quello che deve essere chiarito. L’auspicio è che possano
essere sollevati da qualsiasi dubbio».
Dall’arrocchino
esce un super-ministro (Zali) e un altro ridimensionato (lei). Che fine ha
fatto Supernorman?
«Le cose non
stanno così, cito ad esempio la questione dei collegamenti Nord-Sud, del San
Gottardo di domani, e la loro gestione operativa. Territorialità alla quale
tengo in maniera importante. A me piace la parola sentinella: dobbiamo rimanere
sentinelle non solo alla frontiera Sud per i problemi che sappiamo, bensì
curare anche la frontiera Nord. I rapporti con l’autorità federale ogni tanto
li trascuriamo».


Quindi rimane
motivato?
«Lo sono in
qualsiasi lavoro, anche quelli che mi vengono attribuiti e non sono i più
eclatanti. Fa parte dello spirito di servizio».
E perché non
avocare a sé il dossier lupo?
«Era una delle
opzioni, poi per seguire una certa logica non si è cambiato. Ma faccio notare
che c’è stato un cambio di passo proprio perché la situazione, dal punto di
vista dello sviluppo della popolazione dei lupi, grandi predatori sulle nostre
montagne, è cambiata in maniera negativa per gli allevatori. Soprattutto di
alta montagna, per quelli cioè che producono prodotti ad alto valore
gastronomico e che contribuiscono alla cura del nostro territorio».
Claudio Zali non
ci sarà alla seduta straordinaria sull’arrocco. Che segnale è per il Governo e
per lei?
«Ha spiegato
nella sua comunicazione all’Ufficio presidenziale che non c’è un obbligo e
quindi uno può valutare l’opportunità da un punto di vista piuttosto che
dall’altro. Ritengo che la scelta è legittima. Così com’è legittima quella di
un numero definito di deputati che ha chiesto di convocare questa sessione
straordinaria che, come detto, dibatterà su una decisione di esclusiva
competenza del Governo».
Ma, alla fine,
questa rinuncia, al di là di regolamenti e cavilli, conferma la poca sintonia
(storica) tra i due leghisti in Governo. Nulla di nuovo, insomma?
«Diciamo che i
rapporti negli ultimi anni sono fortemente migliorati. I nostri binari si
incrociano un po’ di più sul nostro tragitto, questo anche a fronte di dossier
che comunque sono sempre più interdipartimentali. Non solo tra me e lui ma
all’interno di tutto il Governo: devo dire che quei silos che una volta c’erano
su alcuni dossier sono diventati sempre più trasversali, quindi si parla molto
di più soprattutto nell’ottica di come poter far meglio con le stesse risorse e
con meno risorse».
Tra Lega e UDC,
dopo tensioni e coltellate, Piero Marchesi e Daniele Piccaluga si lanciano
anche qualche petalo di rosa. Se dovesse scommettere oggi: accordo sì o accordo
no?
«Prima di tutto
bisogna affrontare la discussione non davanti ai media ma attorno a un tavolo,
magari ben imbandito perché di solito la tavola permette anche di migliorare i
rapporti e magari smussare quei brutti ricordi che ognuno di noi porta dentro
di sé. Questa discussione deve essere ancora fatta».


Veniamo al caso Hospita-Alberti
e al rapporto segreto: è stato un errore commissionarlo e avallarlo?
«Una verifica era
necessaria, c’erano delle voci che andavano verificate. Magari le modalità
potevano essere altre, ma fare verifiche, lo ribadisco, era responsabile a
tutela della Lega».
Forse il problema
è che allora lei, consigliere di Stato, non doveva essere coordinatore ad
interim della Lega…
«Questo lei lo ha
sempre detto sul Corriere del Ticino e in televisione. Magari sì, magari no. I
consiglieri di Stato, anche quando non hanno un ruolo dirigenziale in un
partito, hanno pur sempre un ruolo importante».
Daniele
Piccaluga, intervistato dal Corriere del Ticino, si è gettato anima e corpo
nella conduzione della Lega. Ha dovuto affrontare tanti problemi che ha trovato
ma non generato. Cosa ne dice?
«Ho capito. Ho letto l’intervista e non è stato gentile nei miei confronti, significa che ho
lasciato tante “gabole” da risolvere. Sembrava questo il senso della sua
domanda al Picca. In realtà ho sempre dato una mano a risolvere i problemi. Ma
mi ha colpito la disinvoltura di Piccaluga nel rispondere, vuol dire che è
cresciuto come anche lei ha notato. Da apprendista è diventato quasi un esperto
della politica. Questo credo sia un elemento essenziale, e che conferma la
buona scelta della Lega».