«Diamoci una svegliata: o si destagionalizza o si chiude»

È come sempre un fiume in piena, Giovanni Frapolli. Ne ha per tutti e ha ricette per tutto. La chiacchierata con lui non è mai banale. Poi, chiaro, su quanto propone si può essere d’accordo o meno. Come giornalisti non sta a noi giudicare. Di certo l’«Uomo delle nevi» non le manda a dire. «Può permetterselo», diranno i suoi detrattori. Vero. Forse. Tuttavia anche altri potrebbero farlo. Ma non lo fanno. Sta di fatto che l’imprenditore, ex granconsigliere e soprattutto proprietario degli impianti di risalita di Bosco Gurin (dopo esserlo stato di quelli di Airolo, Carì e Campo Blenio), è da tre decenni e più che «mastica» la materia. Lo abbiamo contattato per lanciare la stagione invernale alle porte in attesa - si spera - che i fiocchi possano scendere copiosi. L’ultima si era chiusa tra i brindisi di alcuni e le lacrime di altri.
Il «memorandum»
«Non è Giovanni Frapolli che deve dirlo, ma la politica. Una volta per tutte: “o cambiate oppure chiudete”». A tratti, quando si infervora, parla di sé stesso in terza persona. Il messaggio però è evidente. Lapalissiano, oseremmo dire. Il cambiamento climatico, vieppiù accentuato, impone una riflessione di fondo incontrovertibile. «Bisogna destagionalizzare. In Ticino e, in generale, nelle altre località di montagna, chi non ha gli impianti sopra i 2 mila metri non ha più l’inverno. È sotto gli occhi di tutti. Quanto tempo ci vuole ancora prima di capirlo? È di questo che dobbiamo discutere ora. Anzi, siamo già in ritardo», sbotta il nostro interlocutore. Che ha trasmesso un «memorandum», così lo chiama, ai preposti uffici cantonali. E presto ci sarà un incontro. «Il Dipartimento delle finanze e dell’economia deve parlare di più con quello del Territorio. Serve una strategia chiara. Il Governo ha fissato delle regole precise per quanto riguarda le stazioni turistiche. Allora, mi spiace, queste regole vanno rispettate. Sennò ci si trova perennemente ai piedi della scala...».
Ci corregga se sbagliamo, signor Frapolli. Andiamo dritti al nocciolo della questione come fa lei: o si destagionalizza o il Cantone deve chiudere i rubinetti? «Non sbaglia. Posso comprendere l’opinione pubblica che, ogni volta che legge di stagioni che si chiudono in perdita, si chiede come mai il Cantone continua a dare soldi, soprattutto in un periodo in cui le finanze non sono floride. Sono stufo. Stufo».

Il credito per la gestione
Soldi che anche lo stesso Giovanni Frapolli ha ricevuto, beninteso, per far «funzionare» le infrastrutture. In passato era la cosiddetta LIM cantonale, poi si è arrivati al credito quale contributo forfettario alla gestione ordinaria delle stazioni, vincolato alla corretta manutenzione degli impianti di risalita. L’ultimo - pari a 5,6 milioni di franchi per le stagioni dal 2021-2022 al 2024-2025 - è stato approvato dal Gran Consiglio il 19 ottobre 2021 con 73 sì, un contrario e 4 astenuti. Vale per Airolo, Bosco Gurin, Campo Blenio, Carì e Nara; creano un indotto di 20 milioni e danno lavoro a oltre un centinaio di persone in quelle che, a torto, vengono chiamate regioni periferiche. I deputati avevano chiaramente sottolineato l’importanza delle stazioni invernali per l’economia, il turismo, i giovani e lo sport. Nel messaggio si sottolineava comunque la necessità di portare avanti i progetti di destagionalizzazione e di collaborazione interaziendale: «È cambiato qualcosa da allora? Vedrà che quanto figurava nel messaggio governativo di tre anni fa comparirà ancora in quello nuovo. E la discussione in Parlamento sarà la stessa».
«Alla fine ho avuto ragione»
Al quale chiediamo infine, anche se non siamo nelle pagine del «Locarnese e valli» ma i lettori comprenderanno la decisione di accorpare il tema (tanto più che la risposta si allaccia a quanto detto poc’anzi), quando aprirà Bosco Gurin. Ci pensa un nanosecondo, l’imprenditore e proprietario degli impianti del villaggio Walser: «Il 30 novembre, una pista sola. Oggigiorno non puoi più aspettare che arrivi la neve. Dai duemila ai 2.400 metri possiamo garantire l’apertura grazie ai cannoni e perché le temperature lo consentono. Venticinque anni fa ho lottato per questo. E ora posso dire di aver avuto ragione». Lungimirante? «Non sta a me dirlo». Ma è come se l’«Uomo delle nevi» avesse detto sì.