«Il politico non è un santo»
Dall’incidente che ha visto coinvolto il consigliere di Stato Norman Gobbi, al peso politico del tris di votazioni cantonali del 9 giugno, passando per le ormai imminenti Comunali. A La domenica del Corriere è andata in onda una sorta di «grigliata mista», ma il tema dominante è stato il caso che tiene banco da settimane e sul quale, trascorse le feste pasquali, ci si attende una accelerazione. Gianni Righinetti ha ospitato in primis Fiorenzo Dadò, presidente de Il Centro e autore dell’interpellanza che ha dato il là dal profilo politico al caso dell’incidente sul quale ha aperto un procedimento penale anche il Ministero pubblico.
Tante voci e tanti rumors, fino allo scritto di Dadò. Ma da dove ha preso spunto? Ha chiesto Righinetti. «Da dove ho preso spunto? – ha affermato Dadò – lo vedremo. È chiaro che quando iniziano a circolare certe voci, che un politico avrebbe ricevuto trattamenti di favore su qualcosa da parte delle forze dell’ordine, la questione si pone. E quando le voci giungono da fonti fede degne, non possiamo fare finta di niente. Le prime voci le ho sentite in dicembre, poi sono continuate, poi mi sono giunte altre informazioni e non ho potuto tacere. Il nostro ruolo di deputati ci impone anche l’alta vigilanza e sono meravigliato dello stupore, come se i media esagerano e quello chiesto è esagerato. Se tutto era così in ordine, bastava un comunicato di dieci righe la mattina successiva».
Sempre colpa degli altri?
Dal canto suo il vicepresidente dell’UDC Pierluigi Pasi ha rilevato che «il prologo su questa vicenda è già stato scritto. Saranno poi i fatti che accerterà la giustizia penale a stabilire se siano stati commessi dei reati e se tutto si è svolto secondo la legge e secondo il principio fondamentale che vuole che tutti i cittadini siano uguali davanti alla legge». E che dire dell’interesse pubblico? «Dico che fortunatamente la vicenda è venuta alla luce dopo “soli” quattro mesi e non dopo anni. Perché in questo modo i fatti potranno essere accertati precisamente senza lasciare dubbi sull’integrità morale del consigliere di Stato e della Polizia cantonale. Questo va a vantaggio del consigliere di Stato stesso che ha assicurato che non vi è nulla per il quale debba essere rimproverato». E su Gobbi ha detto essersi mostrato «pacato e cosciente del suo ruolo, nel posizionarsi nella vicenda e verso i media. A differenza di chi si è intromesso con comunicati stampa che ritengo grotteschi: in primo luogo mi riferisco alla Lega. Finora è stato l’interessato ad avere mantenuto un comportamento all’altezza della sua posizione».
E la parola è passata al deputato della Lega Daniele Caverzasio, partito che ha inveito contro tutti e tutto anche quando Gobbi ha spontaneamente (come da lui dichiarato) fatto un passo indietro dalla responsabilità politica della Polizia cantonale. Insomma, è sempre colpa degli altri? «Non ho l’intelligence della quale dispone Dadò e le voci non mi erano mai giunte. Ho appreso dai giornali. È giusto che venga fatta chiarezza e questo lo dico senza problemi, lasciamo fare alla Magistratura, sulla caratura di Gobbi non abbiamo dubbi. E non dimentichiamo che non è stato lui a causare l’incidente, ma faccio notare che stranamente tutto è emerso in piena campagna elettorale». Dal canto suo il presidente del PLR Alessandro Speziali ha spiegato il perché della prudenza del suo partito: «Per una forza liberale come la nostra, una persona non è colpevole a prescindere, tutti gli elementi vanno messi sul tavolo, ma il passo fatto da Gobbi è stato necessario e doveroso. Spero si farà luce su ogni dettaglio per trasparenza a vantaggio dei cittadini, per non lasciare dubbi su presunti ‘‘due pesi e due misure’’. A dipendenza dei fatti che emergeranno, si discuteranno le conseguenze politiche».
Risposte necessarie
Chi non ha esitato da subito nel chiedere a Gobbi un passo indietro è stato il PS con il suo co-presidente Fabrizio Sirica. Insomma, la pressione su Gobbi si era fatta insostenibile? «Sottolineo che pure per noi nessuno è colpevole fino alla prova del contrario. Da parte di Gobbi è mancato il cogliere la palla al balzo dell’opportunità. Se un tuo dipendente è indagato per sospetto favoreggiamento nei tuoi confronti, per permettere trasparenze e fiducia, si fa subito un passo indietro. Questo purtroppo non è accaduto. Questo alimenta e trasforma il tutto in una battaglia partitica e ideologica ciò che non lo è nella maniera più assoluta. Il nervo è scoperto e in ballo c’è la Costituzione che dice che la legge è uguale per tutti. Sbagliare è umano, ma va fatta trasparenza. Questa è una legittima richiesta». Ma questo caso, ha poi chiesto Righinetti, comunque finirà, lascerà il segno su questa legislatura dal profilo politico? «È difficile dirlo oggi – ha detto Pasi – tutto dipenderà dall’esito dell’inchiesta penale. Certamente il tenore dell’atto parlamentare è spigoloso. Ci vuole chiarezza, perché non c’è di peggio per un politico che restare nel dubbio, questo ne mina l’integrità e ne causa la sfiducia».
Tutti ricorderanno il caso Argo1 (finito in poco o nulla) con Paolo Beltraminelli che aveva pagato di persona anche con la non rielezione. Che ne sarà della fiducia dopo il cosiddetto «caso Gobbi»? «Difficile da dire – ha affermato Dadò – in base alla mia esperienza su situazioni simili è probabile che le cose non torneranno più come prima. Ma i politici non possono pretendere di essere sotto i riflettori per le cose belle e poi pretendere, lanciando anche messaggi fin minatori con scritti o tramite avvocati, quando arriva il temporale. E no, non funziona così. Il politico non è un santo, non si pretende da lui una vita monacale, ma si deve assumere le sue responsabilità e sottostare alla legge. In questo caso l’artefice della cosiddetta panna montata è lo stesso consigliere di Stato. Nessuno dice sia colpevole, ma bastava un post. Ognuno è artefice del suo destino. E la mia interpellanza non l’ho fatta a cuor leggero». Ma perché lei ritiene che anche il comandante della Polizia Matteo Cocchi dovrebbe fare un passo indietro? «Semplicemente perché esiste una linea di comando e mi sembra chiaro che le informazioni su questo caso coinvolgono tutta la linea di comando». Per Caverzasio «più che discorsi politici, qui si stanno già dando sentenze. E non penso sia il social il mezzo più adatto. E non ricordo che qualcuno lo abbia fatto in passato se non il povero Michele Barra che, onestamente ammise un errore». Per Sirica «non basta dire che c’è un’inchiesta che chiarirà. Ci sarà da capire com’è andata tutta la dinamica e sarà fondamentale la risposta all’atto parlamentare di Dadò e che non finisca per pagare solo l’ultimo anello della catena». E sul seguito politico, Speziali? «Solo dopo la Magistratura si potranno capire gli effetti politici. Essenziale è che a pagare non siano le Istituzioni con uno strascico che nessuno qui, nel Paese e per il Paese, vuole».