La fine dell’amore è forse stata l’inizio di tutto

Più che i rilievi della Scientifica, per chiarire i motivi che domenica a Giubiasco hanno spinto l’ex agente di polizia ad uccidere la moglie dalla quale si stava separando ed il suo nuovo compagno prima di togliersi la vita bisogna innanzitutto capire chi era il 64.enne e, soprattutto, come si era conclusa più di dodici mesi fa la loro relazione durata 15 anni. È su questo che stanno focalizzando la loro attenzione gli inquirenti coordinati dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri. Occorre mettere a fuoco il movente. E stabilire se quello dell’uomo - incensurato e in pensione da fine 2019 dopo quattro decenni di onorato servizio - è stato un raptus di follia o un atto premeditato.
La pistola e le testimonianze
Il fatto che si sia presentato all’Osteria degli amici, poco dopo la chiusura (sapendo dunque di trovare di sicuro la cameriera e, verosimilmente, anche il 60.enne che frequentava dallo scorso autunno), con la pistola carica, lascerebbe propendere per la seconda opzione. Lo stesso dicasi per quanto ci avevano confidato alcuni clienti, ossia che spesso il 64.enne del Locarnese si presentava all’esercizio pubblico quando sapeva che era presente pure il nuovo compagno della 47.enne. Come se lo stesse pedinando. Il bar, ricordiamo, si trova a 10 minuti a piedi dalla Cantina Sociale, dove lavorava come direttore il 60.enne di Giubiasco.

Per il resto le indagini si stanno concentrando sugli ultimi tasselli che servono per completare il mosaico della dinamica. Sembrerebbe, come riferito da Teleticino lunedì sera, che l’ex agente abbia sparato due colpi dapprima al rivale in amore, per poi esploderne altri due contro l’ex coniuge, la quale si trovava dietro al bancone. Ed infine si è suicidato. La ricostruzione combacia con le testimonianze raccolte a caldo subito dopo i fatti, con i vicini che parlavano di due raffiche da due proiettili ciascuna. A cui se ne è aggiunto un quinto.
Il fratello presto in Ticino
Nelle prossime ore, come anticipato dal CdT, arriverà in Ticino dall’Ungheria il fratello della cameriera. L’uomo, lo ha ribadito lui stesso, non si capacita di come possa essere capitata una simile disgrazia. Compatibilmente con i suoi impegni professionali e alle limitazioni dovute all’epidemia, si sta organizzando per partire da Budapest e dare così l’ultimo saluto alla sorella, la quale viveva in Svizzera da una ventina d’anni. Sarà l’occasione per parlare con gli amici della 47.enne che tanto le volevano bene, come testimoniano i fiori posati a pochi metri dal ritrovo.
«Una grande famiglia»
A distanza di cinque anni per la Cantina Sociale di Giubiasco (Cagi) si tratta di ripartire. Ancora. E anche stavolta sarà doloroso, ma si cercherà di fare tesoro degli insegnamenti e dei valori trasmessi da chi purtroppo non c’è più. Nel giro di un lustro sono deceduti due direttori; il primo colto da un improvviso malore, il secondo ucciso dall’ex marito della sua attuale compagna. Già domenica sera il Consiglio di amministrazione della Cagi ha incontrato la decina di dipendenti, chiaramente sotto shock per quanto successo. I membri del CdA hanno ascoltato cosa avevano da dire, li hanno confortati e hanno spiegato loro quali saranno i prossimi passi. Perché l’azienda del Borgo è soprattutto una «grande famiglia», come ci è stato ripetuto da più parti negli ultimi giorni. Una famiglia in questo momento «triste, incredula ed addolorata», orfana di quella che dal 1. ottobre 2015 era diventata la sua guida.
Si riunisce il CdA della società
Stando a quanto ci risulta oggi il CdA della Cantina Giubiasco SA si riunirà in seduta straordinaria. All’ordine del giorno, ça va sans dire, il grave lutto che ha colpito l’azienda del Borgo fondata nel 1929 (è stata la prima cooperativa del settore viticolo ticinese) che si è aggiunto ai già difficili mesi a causa dell’emergenza sanitaria e, soprattutto, il futuro. Il consesso deve decidere in tempi brevi a chi affidare la direzione della Cagi. Due le ipotesi sul tavolo: o preferire la continuità, optando per una promozione interna, o propendere per un candidato proveniente dall’esterno. Al di là del timoniere che verrà scelto, si tratterà di consolidare il grande lavoro svolto dal 60.enne deceduto e, probabilmente, portare avanti quei progetti che lui aveva condiviso così da poter ridare slancio alla Cantina bellinzonese.
«Perdiamo un amico»
La morte del direttore della Cantina Sociale ha lasciato increduli numerosi viticoltori del Bellinzonese e della Mesolcina, regioni dove la coltivazione della vite è ben radicata. La sezione regionale della Federviti, ci hanno confidato dei membri, è addolorata per il decesso del 60.enne. Con lui si era instaurata un’ottima collaborazione: «Perdiamo un amico e un grande professionista».
