L'intervista

«La Lega dai genialoidi ai mediocri, al Ticino serve un lago d’Orta-bis»

Con il presidente del Centro Fiorenzo Dadò affrontiamo i dossier che più scottano, a partire dall’arrocco, la Lega, i partitini e i rapporti con Alessandro Speziali
© CdT/ Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
12.08.2025 06:00

Con il presidente del Centro Fiorenzo Dadò affrontiamo i dossier che più scottano, a partire dall’arrocco, la Lega, i partitini e i rapporti con Alessandro Speziali. La prossima intervista del Corriere del Ticino sarà con il coordinatore della Lega Daniele Piccaluga.

Fiorenzo Dadò, l’arrocchino, per decisione governativa, è servito. E adesso?
«Mi sembra che la pezza sia peggio del buco. Non vedevo opportuno l’arrocco, ma perlomeno aveva una sua, diciamo, logica. Era un pacchetto completo, si scambiava la conduzione dei dipartimenti in toto. Per contro, così come è stato fatto adesso, non ha proprio senso, non ha né capo né coda. L’autonomia del Governo io la rispetto, ma non significa sottoscriverla».

Il vostro consigliere di Stato Raffaele De Rosa non vi ha seguito e ha avallato. C’è delusione, rabbia o comprensione per questa mossa?
«Direi che non c’è nulla, i rapporti tra noi restano molto buoni. Ha fatto valere la sua legittima autonomia. Poi è una scelta governativa: se darà dei frutti tanto meglio. Ma già oggi rimane l’amaro in bocca: un mese e mezzo di litigi, di perdita di tempo, quando invece bisognerebbe affrontare seriamente ben altri problemi. Adesso però guardiamo avanti».

Alla fine la Lega, alla quale la gazzarra piace eccome, comunque andrà ha già vinto?
«Sì, su questo aspetto, lo possiamo dire. Ma se la Lega di un tempo brillava nella provocazione, era accompagnata anche da fiuto e intelligenza dei quali oggi non c’è più neppure l’ombra. Era la Lega genialoide di Giuliano Bignasca, Maspoli, Borradori, Salvadé, oggi è la Lega dei mediocri, del movimentismo originale che dettava l’agenda al Ticino non è rimasto nulla. Si è sacrificata l’anima autentica e bloccato il ricambio generazionale, nel tentativo di mantenere la seggiola perenne ad alcune persone».

Sembra una valutazione da leghista deluso...
«Ma si figuri... a esprimere delusione ci pensano già i veri leghisti della prima ora, nei sondaggi del mattinonline, sui social, nelle lettere ai giornali. È lì sotto gli occhi di tutti, c’è in atto una sorta di guerra fratricida sotterranea tra le varie fazioni, che porta a farsi fuori a vicenda, a sacrificare anche amicizie, pur di salvare sè stessi. La famosa indagine segreta commissionata dai vertici a Enea Petrini aveva questo scopo, ma poi è arrivato l’MPS che ha scompigliato le carte pubblicando il rapporto del quale era stata negata l’esistenza».

Ma non vogliamo dare il beneficio della buonafede operativa ai due leghisti?
«È possibile ma chi ha la maggioranza in Governo dal 2011 se in 14 anni non è stato in grado di realizzare quanto promesso, difficilmente sarà un arrocchino/farsa a ribaltare le cose».

Però a crederci, per le riforme nella Giustizia, è anche Zali. Non crede nelle sue capacità?
«Parliamo dell’approccio più che della sostanza, che resta un punto interrogativo, cioè dell’invasione di campo il giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, trasformato in propria tribuna elettorale: arroganza nei confronti del presidente del Tribunale d’Appello Tattarletti, fretta comunicativa e menefreghismo per il danno alle Istituzioni non sono certo un buon inizio. Se la vita privata di Zali interessa al massimo i lettori di Novella 2000, quello che si vede sulla scena pubblica preoccupa molte persone. Forse perché abituato a dettar legge nelle aule del tribunale non è riuscito ad adattarsi al ruolo politico, che ci obbliga a confrontarci e ad accogliere le opinioni degli altri. È l’unico politico che non accetta mai la critica, le sue reazioni sono spesso stizzite, di ripicca e chi osa contraddirlo viene colpito dal profilo personale. Peccato, si sarebbe potuto collaborare bene, è l’esatto opposto del compianto Marco Borradori, un uomo dell’ascolto che si è fatto amare e che è stato un faro per la Lega».

Però anche lei ha fatto considerazioni pubbliche sulla sua pensione e il luogo in cui si trovava in vacanza ...
«Ha ragione, bisognerebbe rimanere sul tema e non reagire alle provocazioni stupide e offensive».

Zali non accetta la critica, le sue reazioni sono stizzite e chi osa viene colpito dal profilo personale

Poi c’è stata la «strana coppia» Dadò-Marchesi che sul lupo e Zali ci è andata giù pesante...
«Non è strano, con Marchesi ho buoni rapporti da tempo e mi confronto regolarmente. La collaborazione è buona anche con i deputati UDC in Parlamento, penso ad esempio con Roberta Soldati, con la quale abbiamo appena approvato la sua iniziativa contro la violenza domestica. In questo caso c’è stata una convergenza di preoccupazione per una realtà che sta creando dei grossi problemi a dei cittadini che svolgono onestamente il loro lavoro e che si sentono abbandonati perché il tema è gestito in modo burocratico, lento e con scarsa sensibilità. Piero ed io conosciamo bene il problema degli alpigiani e continueremo a sostenerli».

Guardiamo al centro politico, come vanno le cose tra lei e Speziali?
«I rapporti con Speziali sono buoni, con lui si può discutere senza problemi. Lo stesso vale per altri membri autorevoli del suo partito. Resto convinto che il futuro non si disegna con soglie di sbarramento e altri escamotage, ma intensificando la collaborazione tra i partiti, tessendo alleanze programmatiche sui temi importanti. Non solo tra partiti di Governo, ma anche con gli altri, che spesso portano spunti interessanti. Ad esempio con Mirante abbiamo visioni simili per il mondo del lavoro e con Sirica e Riget c’è intesa su alcuni temi sociali».

E che posizione avrete come partito sulle iniziative Casse malati in votazione a fine settembre?
«Tocca un tema dolente, iniziamo a chiederci che visione avrà il Governo. Uscirà compatto come per l’arrocchino e tutti faranno la loro parte pubblicamente prendendo esempio dal Consiglio federale o, come si è già visto per altri temi, la collegialità sarà un optional? Per il Centro deciderà il Comitato cantonale a fine mese, ma ricordo che sulla soglia del 10%, quando era in discussione la stessa iniziativa nazionale, il 57,6% dei votanti ticinesi avevano detto sì. Si tratta della più grande operazione di redistribuzione della ricchezza dopo l’AVS, il problema è che costa troppo. Non mi meraviglierei se venisse accolta. Noi eravamo convinti che occorresse contrapporre un controprogetto meno costoso ma nessuno ci ha ascoltati».

E andranno trovati milioni a palate. Chi si assumerà la responsabilità di farlo?
«Se il popolo la voterà, deve saperlo ora, andranno trovati i soldi attraverso tagli e aumenti d’imposta. Le iniziative sono però due, quella socialista, dal costo di 300 milioni, andrebbe ad aiutare il 60% dei ticinesi, e l’altra della Lega, pure molto costosa, che in realtà più che aiutare il ceto medio andrebbe a beneficio degli alti redditi finanziando anche i massaggi al cioccolato».

Con Speziali i rapporti sono buoni, con lui discuto bene, come pure con membri autorevoli del PLR

Intanto c’è già aria di campagna per il 2027. Voi come vi posizionate?
«È un po’ presto per parlarne, Raffaele De Rosa non ha ancora sciolto le riserve, ma se desidera continuare ancora 4 anni saremo compatti a sostenerlo. Lavora seriamente, gestendo un dipartimento con temi complessi e difficili».

E lei, prima o poi, farà un pensierino per il Consiglio di Stato o Berna?
«In questo momento nel mio ruolo di presidente mi trovo ancora pienamente a mio agio e se la vita me lo permetterà ho ancora alcune cose che desidero realizzare».

Intanto si torna a parlare con insistenza di cambio del sistema d’elezione, passando dal proporzionale al maggioritario. È la strada giusta?
«Si può parlarne ma sinceramente andrei cauto. A dispetto di alcune dichiarazioni, il sistema proporzionale regge e le cose funzionano. Si tende ad enfatizzare quando subentra un qualche problema puntuale ma le commissioni elaborano molti rapporti mentre il Parlamento discute e approva la stragrande maggioranza dei messaggi del Governo. In Ticino c’è poca progettualità, quello sì, i dipartimenti lavorano a compartimenti stagni ma se si pensa di poter migliorare questi aspetti illudendo i cittadini che con il maggioritario funzionerà meglio, temo che andremo incontro a cocenti delusioni».

Però la governabilità non migliorerebbe?
«Non necessariamente. Ho l’impressione che diverse persone in buonafede credano che il sistema maggioritario rappresenti chissà che rivoluzione. Se oggi fosse in vigore, il Governo, come i problemi, sarebbero praticamente identici a quelli attuali. A far la differenza, sono le persone e la volontà di collaborare, non tanto le regole del gioco».

Non crede alla politica dell’alternanza?
«Il sistema maggioritario svizzero non prevede una vera alternanza tra destra e sinistra come avviene in certi paesi. Se si vuole modificare qualcosa occorre pensare ad altro».

Cosa intende, un lago d’Orta bis?
«Quella è stata un’idea intelligente che andrebbe ripetuta, ma non basta. Con la riforma dei dipartimenti e dell’amministrazione, andrebbe ripensato il sistema e il numero dei consiglieri di Stato, come i municipi delle città. Oggi abbiamo cinque persone che devono fare il boia e l’impiccato per dirigere cinque dipartimenti mammut a compartimenti stagni, con problematiche sempre più complesse ma interconnesse. I partiti di Governo invece di perder tempo con gli arrocchi dovrebbero dare il via a questa riforma».

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