Elettricità

Prima domanda di costruzione per un parco solare in Ticino

Inoltrata nei giorni scorsi la richiesta «preliminare informativa» per il progetto sul Monte Tamaro – Il Cantone ora è chiamato a definire criteri, regole e procedure – Grigioni e Berna all'avanguardia con linee guida e tavoli di discussione con tutti gli attori rilevanti
© KEYSTONE/Gaetan Bally
Bruno Giussani
04.08.2023 06:00

La prima domanda di costruzione preliminare per la realizzazione di un parco solare alpino in Ticino è stata inoltrata nei giorni scorsi. Riguarda il progetto di grande impianto fotovoltaico che l’imprenditore e Consigliere nazionale Rocco Cattaneo vorrebbe costruire sulle pendici del Monte Tamaro, nella zona di Manèra, sopra l’alpeggio di Duragno.

La domanda («preliminare e informativa») è stata inoltrata il 21 luglio al Municipio del Comune di Mezzovico-Vira, sul cui territorio sorgerebbe l’impianto, che l’ha trasmessa per competenza all’Ufficio cantonale delle domande di costruzione.

«Ottimi presupposti»

Un primo studio di fattibilità è stato realizzato in aprile dagli ingegneri zurighesi Basler & Hofmann integrando analisi geologiche e simulazioni di produzione energetica eseguite dalla SUPSI. Lo studio, scrive Cattaneo in una lettera al Municipio, ha concluso che il progetto «presenta ottimi presupposti». In effetti, i fattori favorevoli comprendono il soleggiamento; il fatto che la zona sia già largamente utilizzata da attività umane (impianti di risalita, strutture ricettive e turistiche, strade sterrate, un’antenna Swisscom, infrastrutture militari e l’alpe di Duragno), per cui non si andrebbe ad impattare zone naturali intatte; e, fondamentale, l’esistenza di un collegamento alla rete elettrica.

Sul progetto si sono già espressi in termini favorevoli tanto il Municipio che il Patriziato di Mezzovico-Vira (proprietario dei terreni). Cattaneo ha pure incassato il sostegno di principio degli attori già presenti come Swisscom (l’antenna, che peraltro funziona già in parte grazie all’energia solare) e Armasuisse (esercito), oltre alla Monte Tamaro SA (impianti di risalita e turismo), che vi vedono, afferma, «evidenti potenziali sinergie e collaborazioni a più livelli». Può anche contare su espressioni di interesse di possibili finanziatori privati e istituzionali, fra cui grandi aziende elettriche e fondi d’investimento.

Al netto degli studi ambientali, economici e tecnici dettagliati da realizzare, sulla base di questi elementi preliminari il progetto di parco solare sul Tamaro (vedi riquadro) sembrerebbe quindi essere solido e molto promettente.

Un’inspiegabile ostilità

Tuttavia, contrariamente a ciò che sta succedendo in altri Cantoni, in Ticino il contesto nel quale progetti di questo tipo sono immaginati è caratterizzato da incertezza giuridico-politica e da un’inspiegabile (e inspiegata) ostilità da parte delle autorità cantonali.

Riassumiamo. La sicurezza dell’approvvigionamento elettrico in Svizzera è fragilizzata da una catena di concause: tensioni sui mercati energetici (anche a seguito della guerra in Ucraina), progressiva uscita dal nucleare (decisa in votazione popolare nel 2017), necessità di decarbonizzare l’economia, ritardo su eolico e solare, produzione idroelettrica minacciata da periodi di siccità prolungati e dallo scioglimento sempre più rapido dei ghiacciai (una delle cifre passate quasi inosservate negli ultimi mesi, ma che dovrebbe invece preoccupare molto, è che nel 2022 l’Azienda elettrica ticinese ha registrato un calo di oltre il 40 per cento della produzione idroelettrica in Ticino). Il sistema è attualmente basato sull’importazione di elettricità in inverno (per circa un sesto del fabbisogno nazionale), mentre ne abbiamo a sufficienza in estate. Ma i Paesi che ci circondano hanno problemi simili, e attualmente la Svizzera non ha un accordo sull’elettricità con l’Unione Europea, dove nel 2025 entreranno in vigore nuove regole più protezioniste delle attuali.

È un quadro inquietante, perché le società e le economie moderne non possono funzionare senza elettricità disponibile in modo sicuro, stabile e a costi abbordabili. E nei prossimi anni, malgrado tutti gli sforzi (necessari) di risparmio e di ottimizzazione, il bisogno di elettricità aumenterà in modo significativo.

Di fronte a questa situazione, Confederazione e Cantoni hanno introdotto una serie di misure per aumentare significativamente la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in Svizzera, in particolare durante la critica stagione invernale. Saranno per esempio innalzate una dozzina di dighe (fra cui quella del Sambuco).

Cosa fanno gli altri Cantoni?

Una di queste misure è un pacchetto di agevolazioni e incitamenti per la realizzazione di grandi impianti fotovoltaici installati in montagna, dove beneficiano del sole che li colpisce con più intensità e più a lungo e delle basse temperature che ne aumentano l’efficienza. Sono diventati conosciuti come «parchi solari alpini». In particolare, il Parlamento federale ha deciso – lo scorso settembre – che gli impianti destinati a produrre almeno 10 gigawattora all’anno e che cominceranno ad immettere una parte di quell’energia in rete entro la fine del 2025 potranno beneficiare di procedure semplificate e di finanziamenti federali fino al 60 per cento dell’investimento, fino a una produzione cumulata di 2.000 gigawattora a livello nazionale.

Sono una quarantina i progetti conosciuti attraverso il Paese, in varie fasi di avanzamento. Ogni Cantone ha ripreso la decisione federale alla sua maniera. I vallesani sono stati i più esuberanti, con un decreto del Consiglio di Stato che ha spalancato porte nelle quali si sono fiondati alcuni promotori annunciando progetti talvolta molto sovradimensionati (1.000 terawattora per il solo impianto di Grengiols, poi ridotti a 600 e ora a 110 quand’è diventato evidente che si trattasse di fantasia), creando le premesse per un referendum contro il decreto che ha avuto successo e sarà sottoposto al voto nei prossimi mesi. I bernesi hanno adottato un approccio molto più pragmatico: hanno pure creato un processo di autorizzazione semplificato ma l’hanno accompagnato da una serie di tavoli di discussione, progetto per progetto, con tutti gli attori rilevanti (promotori, aziende elettriche, funzionari, organizzazioni ambientali, autorità locali). Le discussioni sono condotte personalmente dal Consigliere di Stato responsabile dell’energia (Christoph Ammann, socialista), per raggiungere rapidamente un consenso sui progetti più promettenti. I Grigioni, da par loro, stanno pure accelerando le procedure. Hanno pubblicato a inizio luglio delle linee guida elaborate da un gruppo di lavoro interdipartimentale: un catalogo di criteri e condizioni che «mostrano in che modo i progettisti devono rispettare le disposizioni federali nonché come queste devono essere attuate a livello cantonale e comunale», afferma l’Ufficio dell’energia in un comunicato. Stanno pure preparando (entro settembre) un adeguamento dell’Ordinanza cantonale sulla pianificazione territoriale per facilitare quella che chiamano «l’offensiva nel settore dell’energia solare».

Altri progetti ticinesi

In Ticino, il progetto del Tamaro non è il solo. La Società Elettrica Sopracenerina ha già presentato un progetto di parco solare al Nara. Altri luoghi potenzialmente idonei, anche se ancora da studiare, esistono per esempio nella regione del San Gottardo (fra cui la zona dei ripari valangari di Airolo), al Naret, al Matro e altrove. Politicamente però l’idea non sembra suscitare né entusiasmo alla vallesana né pragmatismo in stile bernese o grigionese. Piuttosto, a livello di governo e amministrazione cantonale si nota indifferenza che sfora talvolta in ostilità. Il progetto di nuovo Piano energetico e climatico cantonale (PECC) afferma sì l’obiettivo di aumento della produzione d’elettricità da fonti rinnovabili locali, ma per il solare punta tutto sulla copertura di tetti e strutture esistenti e accantona l’opzione in altitudine con una frase: «Non si esclude che si sviluppi anche il cosiddetto fotovoltaico alpino». Gli esperti affermano tuttavia che a meno di immaginare un’obbligatorietà (politicamente a dir poco problematica) di impianti solari su tutti i tetti nuovi ed esistenti, gli obiettivi non potranno essere raggiunti, e che quindi abbiamo bisogno di entrambi gli approcci: solare sui tetti in pianura e impianti di grandi dimensioni in altitudine. Anche perché il solare alpino, contrariamente al solare in pianura, è molto più produttivo proprio quando la Svizzera ne ha più bisogno: in inverno.

Durante un recente evento sul fotovoltaico organizzato dagli ex-studenti della SUPSI a Bellinzona, un funzionario del Dipartimento del Territorio ha liquidato la questione dicendo che si osserverà cosa verrà fatto nel resto della Svizzera e poi si faranno delle valutazioni, ma che la questione dei parchi solari alpini non entra in considerazione per il Ticino per «almeno i prossimi 5 anni».

Il conto alla rovescia

Intanto il tempo corre verso quel termine del 2025 stabilito dal Parlamento federale per poter beneficiare di procedure facilitate e sussidi. «Per noi, come penso per i promotori degli altri impianti, è ancora possibile mirare a quella data, a condizione di poter inoltrare la richiesta di licenza edilizia entro la fine di quest’anno», dice Cattaneo. «Ma per farlo abbiamo bisogno di chiarezza da parte del Cantone: che indichi esplicitamente condizioni, criteri, linee guida e procedure», un po’ come ha fatto il governo grigionese.

A fine giugno Cattaneo ed alcuni collaboratori hanno incontrato i Consiglieri di Stato Claudio Zali (Dipartimento del territorio) e Christian Vitta (Dipartimento delle finanze e dell’economia), pure accompagnati da alcuni funzionari. Cattaneo ha esposto il progetto Tamaro. Gli è stato consigliato, in modo informale, di sottoporre la domanda di costruzione preliminare informativa che ha poi inoltrato alcuni giorni fa.

Potrebbe diventare l’occasione per il Cantone per spiegare chiaramente perché i parchi solari alpini in Ticino - la «Sonnenstube» della Svizzera - sono una cattiva idea, anche se ciò è in contraddizione tanto con la strategia energetica federale quanto con la necessità di prepararsi a rispondere ai bisogni futuri dell’economia. Oppure per definire invece in dettaglio i criteri e le regole entro le quali questi potranno essere realizzati prima del 2025.