Il caso

Quel «buco» da 25 milioni

Fallimento dell'Airlight di Biasca: cinque ex dirigenti alla sbarra alle Criminali da lunedì prossimo - Fra le accuse figura anche quella di cattiva gestione per tre di loro - Il sogno infranto: ecco tutte le cifre
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Alan Del Don
07.02.2023 06:00

A quasi sette anni dal fallimento milionario, è giunta l’ora del giudizio per gli ex dirigenti della Airlight Energy Manufacturing SA di Biasca, la società che operava nel campo delle energie rinnovabili. Come appreso dal Corriere del Ticino che è in grado di fornirvi cifre mai emerse finora, lunedì 13 febbraio compariranno di fronte alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Siro Quadri cinque imputati. Dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di amministrazione infedele aggravata, diminuzione dell’attivo in danno dei creditori, favori concessi ai creditori e cattiva gestione. Loro respingono ogni addebito, mentre per contro il procuratore pubblico Daniele Galliano (il quale ha ereditato l’incarto dall’ex collega Fiorenza Bergomi) è convinto che siano colpevoli (rischiano fino a 5 anni di carcere). Il dibattimento si annuncia complicato - gli aspetti finanziari sono ostici: verranno anche sviscerate delle perizie tecniche - e lungo, in quanto durerà tre giorni.

Costi esagerati

L’attività della promettente azienda creata nel 2008 si concluse nell’agosto 2016 con il «buco» di 25,2 milioni (tanti sono i crediti insinuati) ed il licenziamento di una trentina di dipendenti (i costi del personale, nel 2015, avevano raggiunto i 5,7 milioni). Ci credevano nell’idea, gli imprenditori, che secondo loro avrebbe addirittura potuto primeggiare a livello internazionale. Avevano talmente fiducia nel progetto da metterci soldi di tasca propria per far decollare gli affari.

Ciò a dimostrazione - questa la tesi degli imputati - che la ditta era finanziariamente solida. In un decennio la SA aveva investito almeno 120-140 milioni di franchi in attività di ricerca e di sviluppo per cercare di essere vincente non soltanto sul mercato nazionale, ma anche nel resto dell’Europa e in Marocco, in primis. Tutto sembrava procedere bene. Non avevano però considerato i problemi legati alla commercializzazione dei progetti all’avanguardia che hanno messo in ginocchio l’Airlight. Tre imputati che facevano parte del Consiglio di amministrazione devono rispondere di cattiva gestione, frutto di «spese sproporzionate e grave negligenza nell’esercizio della loro professione o nell’amministrazione dei beni». Una situazione che ha portato all’eccessivo indebitamento e all’insolvenza.

Perdite ad otto cifre

Secondo il procuratore pubblico Daniele Galliano il punto di svolta è arrivato a fine dicembre 2015. La holding che deteneva l’Airlight, sostiene il magistrato carte alla mano, era già sovraindebitata (perdite per 10,2 milioni). Avrebbe dovuto essere il campanello d’allarme, fungere da monito. Bisognava fermarsi, insomma. Invece l’attività è proseguita e si è infine arrivati al fallimento, afferma l’accusa anche sulla base della dettagliata perizia giuridica. Un documento contestato dalle difese che hanno fatto elaborare un’altra perizia al professore ticinese Henry Peter, esperto di diritto societario. Per farla breve: il CdA avrebbe dovuto depositare i bilanci, dando così avvio alla procedura? Una domanda alla quale le parti daranno una risposta diversa.

I legali solleveranno inoltre la questione dell’applicazione della giurisprudenza sulla bancarotta pure ad una start-up. Un’altra questione delicata riguarderà i brevetti. Gli ex dirigenti dell’Airlight non sono riusciti a trovare i fondi necessari per promuovere i progetti che hanno visto la luce a Biasca. Nel novembre 2015 le perdite ammontavano a 51,5 milioni, a fronte di un capitale proprio pari a a 61,6 milioni. E non avendo ricavi (se non quelli della holding, che sopperiva ai bisogni della SA) è stato l’inizio della fine.

Il solerte funzionario

L’inchiesta che porterà in aula penale cinque ex dirigenti dell’Airlight di Biasca è partita grazie ad un solerte funzionario dell’Ufficio esecuzioni e fallimenti di Bellinzona. Il quale rileva delle operazioni, risalenti al periodo antecedente il fallimento, che a suo dire avrebbero meritato degli approfondimenti. Scatta così la segnalazione al Ministero pubblico, inizialmente solo per cattiva gestione. Alla sbarra gli imputati saranno difesi dagli avvocati Emanuele Verda, Pierluigi Pasi, Mario Postizzi, Stelio Pesciallo e Paolo Bernasconi.

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