Il caso

Unitas, molestie per 25 anni

Il Governo ha risposto alle due interrogazioni sulla vicenda – Per tutelare le vittime, il rapporto non sarà pubblicato – Chiesto il ricambio completo dei membri di comitato
© CdT/Archivio

«Mercoledì l’interrogazione sarà sul tavolo del Consiglio di Stato. Poi le risposte saranno pubblicate». Così, la presidente del Gran Consiglio Gina La Mantia aveva risposto alle sollecitazioni di Marco Noi e Matteo Pronzini in merito alle due interpellanze sul caso di presunte molestie all’interno dell’associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana (Unitas). E così è stato. Il Governo oggi pomeriggio ha pubblicato le risposte ad entrambi gli atti parlamentari. Risposte che, almeno in parte, permettono di fare un po’ di luce sugli episodi di molestie perpetrati per un periodo di oltre due decenni da parte di una persona sola, un ex alto dirigente dell’associazione.

Dal 1994 al 2021

Ma partiamo dalle cifre. «Delle 19 testimonianze di persone che si sono annunciate spontaneamente – scrive il Consiglio di Stato nel rispondere alle domande dell’interpellanza di Marco Noi – 17 concernevano casi di molestie sessuali». Più nel dettaglio, «una parte di esse riporta molestie subite dalle segnalanti stesse, una parte riguarda molestie subite da terze persone e una parte, più in generale, il comportamento dell’autore di tali fatti». Ma non solo. Come detto, il Governo chiarisce pure le tempistiche di questi episodi. «Le segnalazioni di molestie sessuali sono state rilevate su un arco temporale di oltre 25 anni, ossia dal 1994 al 2021, la maggior parte negli ultimi 10 anni».

Oltre alle segnalazioni per molestie sessuali, sono stati rilevati pure atti di mobbing all’interno di Unitas. E a questo proposito il Consiglio di Stato chiarisce che «le risultanze dell’audit hanno permesso di rilevare che la persona segnalata è una sola, la medesima delle molestie sessuali». Il Governo spiega anche però che, sulla base del rapporto stilato dall’avvocata Martinelli Peter, «non emergono delle convergenze sufficienti per poter affermare che vi fosse un atteggiamento sistematico e diffuso, lesivo della personalità dei collaboratori di Unitas».

Il rapporto resta riservato

A proposito del citato rapporto, il Governo spiega pure che «in virtù del principio di prevalenza di tutela della personalità delle vittime e della necessità di evitare loro una seconda sofferenza, ritiene che la pubblicazione del rapporto non sia opportuna». In questo senso viene pure rilevato che «i dettagli delle segnalazioni rilasciate da alcune persone che hanno testimoniato, che in taluni casi hanno manifestato vergogna e imbarazzo nel raccontare quanto vissuto, consentirebbero di risalire alla loro identità, perlomeno in una cerchia allargata di persone vicine all’associazione». In ogni caso, proprio per quanto attiene alle vittime, il Governo (oltre a mettere a disposizione il servizio del DSS preposto all’aiuto alle vittime), assicura che «l’avvocata Martinelli Peter rimane a disposizione delle vittime che desiderano una restituzione individuale».

Non sarà trasmesso al Ministero pubblico

Nelle risposte del Governo viene ricordato che «i servizi del DSS hanno deciso di segnalare i fatti alla preposta autorità non appena ne sono venuti a conoscenza». All’epoca, del caso se ne era occupata la procuratrice pubblica Valentina Tuoni, la quale aveva decretato un non luogo a procedere. Una decisione legata ai termini giuridici e alle tempistiche delle segnalazioni. Il reato di molestie sessuali presuppone infatti una querela di parte entro tre mesi dai fatti. Inoltre, la fattispecie prevede comunque un termine di prescrizione di tre anni. Anche per questo motivo nell’interpellanza veniva chiesto al Governo se avesse intenzione di «inoltrare l’audit al Ministero pubblico per un complemento d’inchiesta» e per «valutare se sono riportati (ndr. nell’audit) reati non ancora in prescrizione e perseguibili d’ufficio, di cui non si era a conoscenza» al momento del decreto di non luogo a procedere. Tuttavia, il Governo spiega che «dopo aver preso atto dei contenuti del rapporto e a seguito di un ulteriore approfondimento con l’esperta esterna non sono emersi nuovi elementi di rilevanza penale, motivo per cui non intende trasmettere il rapporto al Ministero pubblico».

Le richieste intimate all'associazione

Ma, alla luce di tutto ciò, il Consiglio di Stato mantiene la sua fiducia nei confronti di Unitas, finanziata anche con contributi pubblici? Per rispondere a questa domanda, il Governo entra nel dettaglio delle misure intimate a Unitas per garantire il rapporto di fiducia alla base del finanziamento cantonale. Tra queste, figurano: l’aggiornamento dello statuto dell’associazione; l’introduzione e applicazione di nuove normative concernenti l’organizzazione e le modalità di funzionamento dell’ente; la promozione di momenti di formazione e di sensibilizzazione relativi al mobbing e alle molestie sessuali sul posto di lavoro; la designazione di una persone di fiducia a cui dipendenti, collaboratori, soci, volontari e fruitori dei servizi di Unitas, potranno rivolgersi su temi di natura generale; il ripristino dalla figura del rappresentante dello Stato in seno al comitato; la valutazione del rapporto di impego del direttore; il ricambio completo dei membri di comitato». E in questo senso il Governo mette nero su bianco che «il ripristino del rapporto di fiducia sarà dunque vincolato alla realizzazione - entro tempi stabiliti e con la supervisione dei servizi cantonali - dei provvedimenti concreti indicati».

In due domande specifiche, infine, veniva chiesto se il consigliere di Stato Manuele Bertoli (direttore di Unitas tra il 2002 e il 2011) si fosse ricusato durante le discussioni in Governo sul tema Unitas e se il Governo non ritenesse opportuno dover rifare le discussioni in sua assenza. Su questi punti le risposte dell’Esecutivo chiariscono che Bertoli «non si è astenuto» in occasione delle discussioni avvenute in Governo, ma che «il Consiglio di Stato non ritiene di dover rifare una discussione in assenza del collega».

Le reazioni

«Soddisfatto? No». Matteo Pronzini (MPS) non è contento delle risposte all’interrogazione. «Come sempre, il Governo non fa chiarezza e vengono lasciate in sospeso ancora molte domande». Per Pronzini, la discussione «su un caso del genere deve essere forzatamente pubblica». E, dunque, verrà spedita una nuova interpellanza per riportare il tema in Parlamento e proporre una discussione generale. Una richiesta che giungerà anche da Marco Noi (Verdi): «Penso sia un atto dovuto. Bisogna poterne parlare anche a voce, faccia a faccia con il Governo. Quindi è nostra intenzione chiedere di discuterne in Parlamento tramite un’altra interpellanza». 
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