Appello

Ubriaco in auto con uno sconosciuto che «credeva amico», chiesta la riduzione della pena

Condannato in primo grado a 2 anni e 4 mesi (di cui 6 da espiare), la difesa ha domandato per il 33.enne della Valle di Blenio una riduzione a 24 mesi interamente sospesi
© CdT/archivio
Jenny Covelli
18.01.2024 16:00

Sono trascorsi oltre tre anni da quella folle notte di fine agosto 2020, l’imputato «ha avuto una metamorfosi positiva, ha cambiato stile di vita, è astemio, non ha richiesto la patente ed è un lavoratore. Una pena detentiva potrebbe risultare inutile e sproporzionata». Sono queste le motivazioni presentate questa mattina di fronte alla Corte di appello e di revisione penale dall’avvocata Marina Gottardi, patrocinatrice del 33.enne della Valle di Blenio condannato lo scorso luglio alle Assise criminali a 2 anni e 4 mesi (di cui 22 sospesi e 6 da espiare). La lista di reati è lunga: coazione, infrazione grave qualificata e ripetuta alle norme della circolazione, grave infrazione alle norme della circolazione, anche questa ripetuta, guida in stato di inettitudine e impedimento ripetuto di atti dell’autorità (per violazione del posto di blocco e fuga). Tutti commessi in poco meno di due ore, nel cuore della notte, al volante con un tasso alcolemico pari all’1,82 per mille.

«Qualcuno deve avere guardato giù»

Come già affermato in primo grado, il 33.enne ha ribadito alla presidente della Corte Giovanna Roggero-Will di non ricordare nulla di quanto accaduto. «So di aver bevuto tanto. Non ho ricordi dal momento in cui sono uscito dal bar» a Biasca. Ma l'imputato non contesta i fatti ricostruiti nell’atto d’accusa, ovvero la corsa in autostrada ad alta velocità con uno sconosciuto sul sedile del passeggero a cui aveva offerto un passaggio e che gli chiedeva di fermarsi, i sorpassi sulla destra, la guida contromano una volta arrivato a Bellinzona, il mancato stop al semaforo rosso, la circolazione sul marciapiede, l’inseguimento della polizia dopo avere forzato il posto di blocco.

«Qualcuno deve avere guardato giù, sarebbe potuta andare molto peggio», ha detto al giovane la giudice. Che gli ha poi domandato: «Quale pensa sia la pena giusta per quello che ha fatto?». Il 33.enne ha ammesso che «ogni azione comporta una reazione», ma che la pena proposta in primo grado dalla procuratrice pubblica Chiara Buzzi «può essere giusta». «Ho fatto una grandissima cavolata, per non dire peggio. Non passa giorno in cui io non ci ripensi e stia male», ha aggiunto.

L'accusa, lo ricordiamo, in primo grado aveva chiesto una pena di 24 mesi (con la possibilità di essere interamente sospesa), ma il giudice Siro Quadri aveva optato per la condanna a 28 mesi «sommando tutte le infrazioni e considerata la recidiva (l’imputato già nel 2018 era stato pizzicato al volante in stato d’ebbrezza, ndr.), la durata dei fatti (un’ora e venti minuti circa), la messa in pericolo della salute dell’imputato, di terzi, dei cittadini e della polizia».

Non si contestano i fatti, ma la qualifica giuridica

La difesa, in Appello, non ha contestato la fattispecie, ma la qualifica giuridica: la coazione e la ripetuta infrazione grave qualificata alle norme della circolazione. Ossia non ci sarebbe stata coazione perché l’imputato «credeva di trasportare in auto un amico e non uno sconosciuto» a causa della «falsata capacità di giudizio causata dall’alcol» e una «responsabilità scemata per l’alcolemia grave che ha inciso sulla sua capacità di giudizio e sul suo comportamento». Inoltre la velocità a cui il 33.enne procedeva sull’A2 tra Biasca e Bellinzona – 250 all’ora, secondo la testimonianza del passeggero – potrebbe essere stata falsata dallo stato di ansia e paura in cui si trovava quest’ultimo, a cui era stato offerto un passaggio a casa, una distanza molto breve dal bar in cui si trovava. «Il mio assistito non aveva alcuna intenzione di costringere il passeggero a subire le sue azioni e perciò deve essere prosciolto dal reato di coazione», ha concluso l’avvocata, che ha chiesto una pena di 24 mesi interamente sospesi per il periodo che la Corte riterrà opportuno.

La pp Chiara Buzzi ha dal canto suo ribadito come sia stata «sfiorata la tragedia», sottolineando la gravità delle azioni dell’uomo. «Lungi da me invocare una pena "esemplare", ma spesso non si pensa alle conseguenze quando ci si mette al volante ubriachi». L’accusa si è quindi dispiaciuta del fatto che l’imputato abbia «ritrattato invocando amnesie» quanto, subito dopo i fatti, aveva ammesso. E ha respinto una possibile «scemata imputabilità», chiedendo che la sentenza di prima istanza venga confermata integralmente in tutti i suoi reati (compresa la coazione, per cui era stato inizialmente chiesto sequestro di persona e rapimento). Per quanto concerne la commisurazione della pena, la procuratrice ha auspicato che qualora la pena venisse completamente sospesa, «il periodo di prova sia il più lungo possibile», vista anche la recidiva. La sentenza sarà comunicata per iscritto nelle prossime settimane.

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