«Uno Starbucks sotto casa? Magari...»
Dove sarà la trentina di nuovi locali che la catena statunitense di caffè Starbucks intende aprire? Beh, in Svizzera. Sì, ma dove? Non in Ticino, «per il momento». Almeno secondo quanto riferisce tale Richard del servizio clienti direttamente da Volketswil, canton Zurigo, dove ha sede la «rappresentanza svizzera» del colosso della caffeina fondato a Seattle nel 1971. Purtroppo? Per fortuna? Che ne pensano le persone che bazzicano nelle principali piazze ticinesi? C'è chi non vedrebbe l'ora e chi non sa nemmeno di che cosa si tratta. «Fanno caffè, sì?» chiede Cristiana di Sant'Antonino, incrociata in una grigia giornata a Bellinzona, dopo essere stata informata della realtà aziendale con il marchio verde. L'impiegata 52.enne ci pensa un po' su, poi esclama: «Massì, sarà una cosa per giovani. E magari anche i meno giovani possono fare una scoperta. Anche in questo piccolo cantone ci vuole qualcosa di nuovo, no? Ben venga».
La pensa in un modo leggermente differente Stefano, di Arbedo. «Non sono un grande appassionato di caffè. E nei loro locali non ci ho mai messo piede», dice l'impiegato 53.enne. «Tanto più se penso che quel caffè “all'americana” non mi piace nemmeno un granché». Qualche metro più avanti, nell'attesa dell'autobus e al riparo della tettoia della fermata, ecco Selene. «L'ho provato solo una volta, quando ero andata a Parigi. Poi basta». Già, ma com'era? «Non male», ammette la 32.enne, che nella vita lavora come operatrice socio-assistenziale. E che non respinge l'idea (o il sogno, a questo punto) di vedere una scintillante filiale sotto casa sua. «Perché no? Non sono un'appassionata, però un caffè in più, e famoso, non sarebbe male averlo anche qui». E chissà perché il gruppo, che oggi gestisce 57 punti vendita nella Confederazione, sembrerebbe non voler concentrare nemmeno un po' della sua attenzione a sud delle Alpi. Avrà fatto i suoi conti. D'altronde, anche in Italia non c'era l'ombra di Starbucks fino a poco fa (si parla del 2018).
A sentire Penelope, studentessa 18.enne di Locarno e pure lei in attesa dell'autobus che la porterà verso casa, sembrerebbe che un'inaugurazione nella città regina sul lago Verbano (ad esempio) sarebbe redditizia: «Ma certo, conosco Starbucks. Ci vado spesso, quando sono fuori dal Ticino. Perché ovviamente qui non c'è... A me piace il caffè. Da loro prendo quelli freddi, con il caramello. Sì, li adoro», esclama la giovane, con lo sguardo pensoso. Probabilmente, anche solo a parlarne sopraggiungono ricordi felici e sensazioni gustative cariche di emozioni. «Mi piacerebbe tanto averne uno qui vicino, sarebbe molto comodo. I loro prodotti sono buoni. Non vedo l'ora. E ci andrei anche spesso», aggiunge.
Viaggiando verso sud, direzione Ceresio, ecco che imboccando la passerella della stazione ferroviaria c'è Ludovica, un'altra estimatrice del grande marchio della sirena a due code circondata dal cerchio verde. Figura tra l'altro ispirata a una xilografia norrena del sedicesimo secolo, con l'intento di evocare il fascino e la seduzione del caffè. «Lo conosco, sì. E mi piace molto», dice la 27.enne di Cresciano. «Cappuccino, latte macchiato» elenca la giovane, che nella vita lavora al ricevimento di un albergo. «Ho provato anche i waffles, una volta», esclama ricordando come la catena internazionale metta l'accento anche sulle preparazioni dolci e salate. «Penso che a loro converrebbe aprirlo qui o a Locarno», suggerisce con piglio da esperta. «Immagino in una zona centrale, come la stazione o vicino al lungolago». E Bellinzona? «Mh, Bellinzona? Nì...», afferma respingendo l'ipotesi. «Non penso che ci sia un flusso sufficiente di persone».
«Meglio un'offerta differente»
La scalinata che porta in centro è percorsa da Chiara e Clara. Entrambe liceali, la prima di Caslano e l'altra di Insone, in Val Colla. Entrambe sono sulla stessa linea d'onda. Cioè all'opposto di quelle sentite in precedenza. «L'avevo provato quando ero andata a Londra un paio di volte», spiega Clara. «Ricordo di aver acquistato anche qualcosa dalla macchinetta qui al chiosco», aggiunge ricordando l'offerta limitata riservata a chi non vive oltre San Gottardo. «Però non mi piace il caffè così come lo preparano loro. Non vale la pena spendere così tanto per questi caffè speciali che non trovo nemmeno così buoni».
In effetti, il costo relativamente elevato dei prodotti proposti da Starbucks è oggetto di meme e scenette ironiche su Internet. Segno che si tratta di un sentimento piuttosto comune. «Se ci fosse un locale anche qui, potrebbe capitare di andarci con amici ogni tanto», riprende. «Però non mi cambia, dato che non frequento queste catene internazionali. Preferisco frequentare bar e ristoranti che si trovano già nella regione».
Chiara, invece, afferma di non bere più caffè «da un pezzo. Ho smesso». In passato però, anche a lei era capitato di entrare in un locale Starbucks a Londra. «Un posto dal marchio molto conosciuto e ben frequentato. Ma posso dire di preferire altri tipi di caffè, che si trovano tranquillamente anche qui. Sarebbe carino come punto di incontro, però preferirei un'offerta diversa. Ad esempio, si parla tanto de La Straordinaria (La Tour Vagabonde, ndr) organizzata l'anno scorso. Ecco, quello era un bel punto di incontro».
«Ma i muffin? Buoni!»
E se domani dovesse apparirne uno in Val Colla? «Con la gente che gira in Valle non la vedo proprio», dice ridendo la ragazza. «Non penso sarebbe una cosa apprezzata. E anche io non ne vedo la necessità, né qui né altrove» La 19.enne ricorda di aver anche assaggiato qualche preparazione solida. «Nulla di che. E poi per dolci e tortine vedo che si sta diffondendo anche Dunkin' Donuts, da molti visto come competitor di Starbucks. In conclusione, va benissimo quello che si trova già qui».
Nella trasferta verso l'ultima piazza, quella di Locarno e ormai spoglia del suo clamoroso Winterland, rimane la curiosità del nome, Starbucks. Che – come riporta il Seattle Times in un'intervista al cofondatore Gordon Bowker – deriva poi da Starbuck, il primo ufficiale del romanzo Moby Dick. Ispirato, però, dal nome di una vecchia località mineraria, Starbos, scritto su una mappa del 1800 del Monte Rainier e delle Cascate che Terry Heckler, consulente del marchio e autore del logo, aveva tirato fuori mentre il gruppo cercava di trovare un nome: «Risaltò alla mia attenzione e pensai al primo ufficiale del Pequod», racconta nell'articolo.
Il tempo di attraversare il passaggio della stazione della regina del Verbano ed ecco, proprio in un popolare ristorante di una catena statunitense, Fernando e Ian. «Conosco Starbucks», esclamano quasi all'unisono. «Mi piace il caffè freddo», sottolinea Fernando, commesso che in questo periodo vive a Gordola. «Io ci sono stato a San Gallo», aggiunge Ian, muratore di Tegna. «Caffè freddo, ma anche i muffin, quelli al cioccolato». Evidentemente, il nostro interlocutore se ne intende. Entrambi sono d'accordo: «Se ci fosse Starbucks qui a Locarno io verrei a bere il caffè la mattina, sarebbe carino», dice Fernando. «Oppure dopo il lavoro», ribatte Ian. «È comodo, molto comodo. Anche nel fine settimana sarebbe carino», conclude il giovane. Immaginandosi già seduto al tavolino sotto il sole di Locarno.