Voleva un appartamento, ma i soldi sono spariti
Ha rimediato un’altra condanna per reati preistorici (quantomeno nell’ambito dell’azione penale) Alfonso Mattei, già direttore di banca e reduce pochi mesi fa da un processo al Tribunale penale federale (il cosiddetto caso Hottinger) da cui è uscito con una condanna a una pena sospesa per amministrazione infedele qualificata ripetuta, truffa ripetuta e falsità in documenti. Condanna contro cui Mattei intende però ricorrere, al pari del suo correo e «domus» dell’operazione, Rocco Zullino. E se in quell’occasione i fatti risalivano ai primi anni Dieci, il processo andato in scena ieri di fronte alla Corte delle assise correzionali di Lugano presieduta dal giudice Siro Quadri faceva riferimento a condotte criminali risalenti addirittura al 2008, a un passo dal prescriversi. Ma il motivo per cui il caso è giunto in aula penale solo ora non è dovuto alla lentezza della giustizia, bensì al fatto che la persona danneggiata da Mattei (di cui facciamo il nome proprio in virtù della recente condanna in primo grado al TPF) ha sporto denuncia soltanto nel 2019.
Perché entrambi ora
Anzi, la denuncia ha aiutato anche lo svolgimento del processo di fronte al TPF. Mattei si trovava infatti da tempo in Africa ed è stato fermato in seguito a un mandato d’arresto fatto emanare dal procuratore pubblico Andrea Gianini quando si è attivata la procedura a livello cantonale. È anche per questo che i due processi si sono tenuti a poca distanza l’uno dall’altro, con Mattei nel frattempo in carcerazione di sicurezza alla Farera. Gianini, peraltro, ha chiesto alla giudice del TPF Fiorenza Bergomi di unire il procedimento, ma per suo scorno senza successo. Da cui il dibattimento di ieri a carico del solo Mattei, che pure si è risolto con una condanna a una pena di 15 mesi sospesi per due anni per i reati di ripetuta appropriazione indebita, amministrazione infedele qualificata, falsità in documenti e riciclaggio di denaro aggravato (quasi un milione di franchi).
Nel dettaglio
Di cosa si è trattato, in questo caso (per l’esito del processo al TPF rimandiamo all’edizione del 5 febbraio)? Sostanzialmente della sparizione di 1,5 milioni di euro (2,5 milioni di franchi al cambio di allora) bonificati da un ingegnere italiano sui conti di una società di Mattei attiva nell’immobiliare. Soldi che dovevano servire a comprare un appartamento a Viganello, ma che sono poi in buona parte spariti, e per la Corte di certo non utilizzati a tale scopo dall’imputato.
Più concretamente, Mattei (difeso dall’avvocato d’ufficio Marco Cocchi) quei soldi nel maggio del 2008 li ha prelevati a contanti in 22 occasioni, e poi li ha dati a un costruttore locale che si stava occupando del cantiere di Viganello, che comportava la costruzione di diversi edifici. Fin qui nulla è contestato. Poi la cosa diventa nebulosa: il costruttore dice di aver ridato i soldi, Mattei dice di no (vi sono documenti contrastanti agli atti), affermando al contempo di essersi in ogni caso mosso per rimborsare l’ingegnere italiano e di averlo fatto. Per la Corte (e per la seconda camera civile del Tribunale d’appello) però il rimborso non c’è mai stato.
«Nemmeno oggi si sa dove siano finiti i soldi - ha commentato il giudice Quadri motivando brevemente la sentenza. - Il tutto è avvenuto in un ambiente molto ambiguo che ha favorito la commissione di reati penali. L’imputato non ha quasi mai agito in questa vicenda con la dovuta professionalità». Detto questo, Quadri ha prosciolto Mattei da alcune accuse di truffa, non ritenendo fosse dato l’inganno astuto ai danni dell’ingegnere italiano. In altre parole: la vittima con un minimo di controlli in più avrebbe potuto evitare di trovarsi in questa situazione. Di diverso avviso l’avvocato dell’ingegnere, il legale Gianluca Dosi, che ha detto che il suo cliente «si è fidato delle persone sbagliate».