La scoperta

Zanzare addio, ora c'è una molecola «miracolosa»

Un gruppo di ricercatori trova una nuova sostanza per tenere alla larga i fastidiosi insetti che ci pungono, meno tossica e più efficace: «Progetto in rete»
Francesca Dani, professore associato all'Università di Firenze
Jona Mantovan
03.02.2023 14:15

Le giornate si allungano, le temperature si alzano, nella testa si pianifica qualche picnic in stile ‘Colazione sull'erba’ di Édouard Manet... e poi ci saranno loro. Fastidiose, sibilanti, affamate, piccole pesti guastafeste. Esatto. Le onnipresenti e famigerate zanzare. E allora vai di repellente. Che si tratti di cremina, nebulizzatore o marchingegno dalle sembianze di un carro armato, stringi stringi le sostante impiegate per tenerle alla larga sono sempre quelle: il cosiddetto DEET (o dietiltoluamide), in circolazione dagli anni quaranta. O, molto più recente, l'icaridina. Sono efficaci? Sì, anche se il primo ha una durata limitata a un'ora o due. Sono pericolosi? Meh. La questione è dibattuta. Anche se non ci sono casi di intossicazione negli umani, gli scienziati vedono comunque ondeggiare una lancetta indicatrice sotto quella voce. Ma ecco che dall'università di Firenze arriva una sorta di molecola «miracolosa», scoperta da Francesca Dani e colleghi, autori del lavoro pubblicato sul «Journal of Agricultural and Food Chemistry». Una ricerca che ha fatto il giro del mondo. Una nuova formula in grado di respingere quegli insetti volanti indesiderati. A lungo e in sicurezza. «Un nome? No, non le abbiamo dato nessun nome», esclama l'entomologa nonché professore associato. «Per noi è solo ‘12a’», sottolinea. La cosa più sorprendente, però, è che l'hanno messa a disposizione gratis. «La ricerca è pubblicata su internet, liberamente accessibile. Chiunque può ricreare la nostra formula».

«Eravamo troppo concentrati a verificare i dati delle prove sperimentali...». Ecco perché la prossima rivoluzione nel campo dei repellenti potrebbe avere un nome poco fantasioso. DEET e icaridina rischiano di andare presto in pensione, a spulciare nel dettaglio i dati della pubblicazione. «Uno dei progetti di cui mi occupo riguarda la comunicazione chimica degli insetti, cioè come comunicano gli insetti e quali sono le basi fisiologiche della percezione degli odori. A un certo punto, abbiamo avuto l'intuizione che quello che noi stavamo esaminando potesse essere applicato alla ricerca di nuovi repellenti per insetti ematofagi». 

Aldeidi e chetoni, manipolati nelle ricerche del gruppo di scienziati, hanno proprietà repellenti ma evaporano molto rapidamente. La dottoressa Dani, da ricerche svolte in precedenza, sapeva che le molecole chiamate acetali ciclici idrossilati, che si formano quando quelle prime due sostanze sono esposte a un alcol, sono molto più stabili. «E questa pensavamo potesse essere proprio la chiave per risolvere il problema, cosa che in effetti si è poi dimostrata».

Ma non penserete che questa ricerca sia stata messa a punto allo scopo di salvare il vostro picnic primaverile, vero?

Meno tossica

I ricercatori hanno così realizzato una serie di composti verificandone le qualità antizanzare rispetto a quelle del DEET e dell'icaridina. Il metodo impiegato di norma per questo genere di esame consiste nello spruzzare un po' di prodotto sul dorso della mano di un volontario, facendogli poi mettere entrambe in una gabbia per zanzare. La mano non spruzzata funge da controllo. Due di questi composti hanno ottenuto le stesse prestazioni dell'icaridina. Una volta messi alla prova su colture cellulari, però, ecco la scoperta clamorosa: «12a» non ha ucciso nessuna delle cellule esposte.

Ogni anno, milioni di persone sono colpite dalla malaria, di cui le zanzare ne sono il vettore

Un problema grave

«Ma non penserete che questa ricerca sia stata messa a punto allo scopo di salvare il vostro picnic primaverile, vero?», afferma Dani con un tono severo. «Ogni anno, milioni di persone sono colpite dalla malaria, di cui le zanzare ne sono il vettore. Gran parte delle morti che ne conseguono, poi sono di bambini. È un problema molto grave. Fortunatamente, sono state fatte tante campagne per evitare che le zanzare entrino nelle case. Zanzariere, insetticidi, reti sui letti sono all'ordine del giorno nei luoghi colpiti da questa piaga. Su quel fronte i dati sono molto rassicuranti. Il problema, però, è quel che si chiama ‘passaggio residuale’: esco di casa all'imbrunire, anche solo per un breve tragitto, e in quel momento ecco che arriva la puntura. L'unica difesa è rappresentata dal repellente». Un repellente efficace, economico e non tossico è l'opzione migliore.

Siamo interessati ad altro, a continuare le nostre ricerche nel campo della percezione degli insetti, non a portare un prodotto sugli scaffali

Un investimento troppo oneroso

Nei primi passi della 'caccia' alla molecola «miracolosa», gli scienziati hanno potuto contare su un socio di tutto rispetto. «Sì, abbiamo avuto una collaborazione con una ditta italiana che produce prodotti repellenti destinati al commercio. La nostra ricerca è stata portata avanti in questo contesto. Ma, ripeto, siamo ancora lontani da un preparato pronto per essere venduto al pubblico. Passare da una fase di ricerca di base a un brevetto, con il conseguente sviluppo su scala industriale, richiede una serie di pratiche che richiedono tempo e tanti soldi».
Dani sottolinea come quest'ultimo aspetto non rientri nelle finalità dei ricercatori. «Siamo interessati ad altro, a continuare le nostre ricerche nel campo della percezione degli insetti», dice. «Difatti il nostro discorso si è fermato lì, non avevamo i mezzi per proseguire sul binario che portava alla produzione di massa. E l'azienda che ci aveva seguito, dopo una serie di valutazioni, aveva stabilito come l'investimento fosse troppo oneroso per la loro realtà».

Ci siamo detti: e ora, che ci facciamo di tutti questi dati? Abbiamo ritenuto che la cosa più sensata, da scienziati, fosse rendere pubblica la scoperta

L'efficacia potrebbe ancora migliorare

Non avendo trovato altri finanziamenti, gli esperti si guardano in faccia e si pongono la questione. «Che ci facciamo di tutti questi dati? In fin dei conti, sono interessanti. Ci abbiamo lavorato in tanti e anche i dati avevano raggiunto una mole notevole. Ci sono stati anche parecchi volontari che si sono messi a disposizione e che ci avevano aiutato... Abbiamo quindi ritenuto che la cosa più sensata, essendo scienziati, fosse rendere pubblica la scoperta. E così, l'abbiamo pubblicata. Se qualcuno riterrà che questa molecola possa portargli dei vantaggi noi non potremo che esserne soddisfatti», conclude Dani, sottolineando come, a suo avviso, l'efficacia possa essere ulteriormente migliorata».

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