Il commento

I meriti del Basilea, i demeriti del Lugano

Il titolo conquistato dai renani, e sublimato dalla schiacciante vittoria sui bianconeri, suggerisce diverse riflessioni – Soprattutto in vista della prossima stagione a Cornaredo
Massimo Solari
12.05.2025 06:00

Lo ammettiamo. Durante il primo tempo di Lugano-Basilea, con l’aria elettrica e le due squadre intente a dare vita a una gara intensa, a tratti vibrante, ci siamo detti «che peccato». Che peccato che il match di Cornaredo, davanti a oltre cinquemila spettatori, non potesse valere di più per i bianconeri. Una sorta di finalissima per il titolo, toh, da lasciare tutti con il fiato sospeso e le farfalle nello stomaco. A rendere il tutto più pepato è stata la pausa, durante la quale il presidente renano David Degen non riusciva a darsi pace per l’inesistente rosso rifilato ad Albian Ajeti e alcuni suoi scagnozzi si beccavano con i tifosi della tribuna principale. Gustosissimo. Altra benzina su una gara infuocata. Già.

A riportarci bruscamente alla realtà è stata la ripresa, con da una parte Mattia Croci-Torti e i suoi uomini – terreni, fallibili, fragili -, e dall’altra le gesta quasi sovrannaturali di Xherdan Shaqiri, simbolo di un club riscopertosi grande e vincente. Per davvero, a differenza dei ticinesi. Al triplice fischio finale, mentre gli ospiti davano il la ai festeggiamenti per il 21. trionfo nel massimo campionato, Renato Steffen ha avvertito l’esigenza di trascinare compagni e allenatore sotto la curva bianconera. Una decisione doverosa, a fronte di un 5-2 per certi versi umiliante, e però anche sintomatica. Perché la mossa del capitano di serata si è materializzata a margine di una gara in cui la totale assenza di leadership è emersa di nuovo. Prepotentemente. E in ogni reparto.

Abbiamo quindi ripensato alle parole del Crus, raccolte in una recente intervista sul Corriere del Ticino. «Comunque vada, si aprirà una nuova strada di fronte a noi. Un nuovo ciclo. Nuova aria» sosteneva il tecnico momò, interpellato in merito alla prossima stagione e ai diversi contratti in scadenza in rosa. Soppesate oggi, dopo averle fatte sedimentare, le dichiarazioni del responsabile della prima squadra sembrano assumere un duplice significato. Oggettivo, a fronte degli svariati giocatori che lasceranno Cornaredo, ma pure soggettivo, quasi Croci-Torti auspicasse – addirittura desiderasse fortemente - un deciso rinnovamento. Pensateci bene: chi è in procinto di dire addio al Lugano? Aliseda, che nel momento decisivo di un campionato promettente, non ha disputato un minuto. Valenzuela, che – stringi stringi – è stato in grado di fornire il suo contributo in appena la metà dei turni in Super League, e non i più importanti: gli ultimi. Non ci dilunghiamo su Macek, Przybylko, Arigoni e Babic, chi più chi meno corpi estranei al progetto bianconero, e nella maggior parte dei casi inadeguati al contesto. Di più: il girone di ritorno vissuto da Hajdari (spesso nocivo), Zanotti (scoppiato sul più bello), Bislimi (irriconoscibile e ininfluente) e Belhadj (grave infortunio alla tibia), rischia di azzerare – o comunque limitare di brutto – l’appeal degli uomini-mercato. O presunti tali.

La verità, dunque, è che il Crus potrebbe ritrovarsi a costruire il futuro proprio con il gruppo che ha progressivamente abdicato nel 2025. Altro che nuovo ciclo. Non in partenza, quantomeno. E la variabile Europa – con il suo eventuale carico estivo – di sicuro non faciliterebbe le cose, rendendo semmai più urgente il bagno d’umiltà collettivo. Società compresa. Il desiderio di cambiamento evocato dall’allenatore, evidentemente, chiama in causa anche la direzione sportiva. Soprattutto la direzione sportiva, che dai nuovi campioni svizzeri farebbe bene a lasciarsi ispirare.

L’all-in fatto su Shaqiri ha prodotto una scossa clamorosa sul Basilea e, di riflesso, sugli equilibri della Super League. Tradotto: investire su esperienza e personalità – siano esse di Alioski o di un altro profilo di spessore - sarà fondamentale. Non da ultimo, perché l’effetto Steffen appare oramai esaurito. Dopodiché, e per quanto Shaqiri «abbia vinto da solo» l’ultima partita, condensare il titolo del Basilea in un solo calciatore sarebbe riduttivo e ingeneroso. Per sbaragliare la concorrenza, la formazione di Fabio Celestini ha fatto leva sul miglior impianto difensivo del campionato. L’acquisto mirato di Otele a gennaio ha invece ringalluzzito una fase offensiva di primo piano, ridimensionando le logiche bianconere e l’innesto di Koutsias, figli – nel bene e nel male – della partnership con Chicago. Non è tutto. La partecipazione dei renani alla prossima Champions o Europa League, ed è punto centrale, chiarirà l’insidiosità delle competizioni continentali. Chissà, magari invertendo i ruoli di Basilea e Lugano nel giro di soli 12 mesi. 

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