Editoriale

Se il Ministero pubblico in Pretura non ci va

Immaginiamo che il Ministero pubblico non sia felicissimo di non aver mandato un rappresentante in Pretura penale per il processo a un teologo poi assolto dall’accusa di aver discriminato le persone omosessuali
Federico Storni
24.04.2024 06:00

Non presenziare a uno dei pochissimi processi di cui si parla anche Oltralpe? Fatto. Immaginiamo che, a bocce ferme, il Ministero pubblico non sia felicissimo di non aver mandato un rappresentante in Pretura penale per il processo a un teologo poi assolto lunedì dall’accusa di aver discriminato le persone omosessuali. Si trattava peraltro di uno dei primi casi in Svizzera di applicazione di una legge recentissima. Si è così lasciato carta bianca in aula alla difesa, oltretutto togliendo voce alla comunità omosessuale, visto che l’organizzazione mantello Pink Cross, che aveva denunciato l’accaduto, non poteva per legge costituirsi parte lesa.

Ma non è nostra intenzione fare le pulci al Ministero pubblico. Semmai possiamo notare di sponda che un po’ più d’attenzione e sensibilità ai casi che colpiscono l’opinione pubblica non guasterebbe. La realtà dei fatti è che quanto accaduto è la norma: il Ministero pubblico in Pretura penale non ci va praticamente mai. Non perché non voglia, ma perché non ce la fa: è così oberato di lavoro che presenziare a più casi pretorili ingolferebbe definitivamente la macchina.

D’altro canto, la Pretura penale è pure assai sollecitata. Il Consiglio della magistratura, nel suo ultimo rendiconto di cui abbiamo dato notizia ieri, riferisce che entrambe le istituzioni «si trovano in situazioni complesse», e questo accumulo di stati di crisi è divenuto evidente nel procedimento a carico del teologo. Detto che il Ministero pubblico in aula non c’era, il decreto d’accusa non ha brillato per chiarezza. «Si poteva fare uno sforzo in più», ha detto la Corte. Quindi abbiamo un Ministero pubblico che, per mancanza strutturale di forze, ha fatto il compitino e non si è presentato e una Pretura penale, pure in difficoltà, che si è dovuta sobbarcare per questo del lavoro extra.

Per non parlare del risultato: un’assoluzione che è costata allo Stato ventimila franchi (potevano essere di più ma il teologo non ha chiesto un indennizzo per torto morale). E questo esito non è una mosca bianca. L’impressione è che il tasso d’assoluzione sia sensibilmente più alto in Pretura penale che non al Tribunale penale cantonale. Questo perlomeno stando a quanto abbiamo potuto osservare frequentando le aule penali: di dati pubblici al riguardo non ne abbiamo trovati. Se il sospetto trovasse conferma, l’imputata principale è di nuovo la mancanza di tempo. Sia essa la causa di decreti d’accusa fragili o dell’assenza dell’accusa in aula, di lì non si scappa.

Siamo insomma di fronte a un modo di procedere che genera impicci e costi, per non parlare dell’impatto sulla vita degli imputati. Un modo di procedere che non appare particolarmente degno degli standard elvetici. Come uscirne? Un primo passo è stato fatto dal Gran Consiglio, espandendo dopo anni di discussioni le competenze di singoli segretari giudiziari e dando loro più responsabilità in ambito contravvenzionale, fra cui quello di rappresentare il Ministero pubblico in tutte le sedi competenti. Questi casi corrispondono a circa un quarto di tutti quelli di competenza della Procura. L’auspicio, dal punto di vista pretorile, è che ciò porti a una maggior cura dell’accusa e a una sua presenza più costante in aula. Si tratta peraltro di un’ottima palestra per i segretari giudiziari che arriverebbero più pronti a un’eventuale nomina a procuratore pubblico. L’incisività di questa misura si vedrà sul medio periodo e chissà che, in caso di successo, le responsabilità non possano essere ulteriormente estese, come peraltro già prevedono diversi altri Cantoni. C’è poi una strada più immediata che è quella del rinforzo del personale, pure chiesto ormai da diversi anni. Lo scoglio è soprattutto finanziario, e di soldi ce ne sono sempre meno.