Campo Marzio, un'impasse dal sapore mitologico

A gettare uno sguardo su Lugano, dall’alto delle pendici dell’Olimpo, a Marte non potrebbe non sfuggire un sorriso compiaciuto. Certo, non assisterebbe a una vera e propria battaglia, ma le schermaglie politiche luganesi sul Campo Marzio, il cui nome ricorda appunto il dio romano della guerra - nonché protettore delle istituzioni politiche di Roma -, non gli sarebbero dispiaciute.
La vicenda, d’altronde, è già di per sé qualcosa di mitologico: da oltre vent’anni si parla della necessità di costruire un nuovo centro congressuale in città, vuoi perché l’attuale comparto è più simile a un guazzabuglio di concezioni architettoniche diverse, vuoi perché il Palacongressi non lo si può certo definire nel fiore degli anni. Dopo che il dossier era stato «scongelato» alla fine del 2023, recentemente eccolo finire in una vera e propria impasse politica.
Il Municipio, memore delle schermaglie sul PSE, aveva recepito l’invito della politica a elaborare un Piano regolatore (quindi a indicare che cosa si vuole costruire) prima di approvare un messaggio per le successive fasi di sviluppo, inclusa la proposta di partenariato pubblico-privato. Con, sullo sfondo, la promessa del Legislativo di non volersi mettere di traverso una volta presentata la nuova variante di Piano regolatore. Del Campo Marzio ha fatto sempre discutere il futuro impatto dei contenuti residenziali, quelli che servono a finanziarlo. Meno ne fai costruire, più il progetto costerà. E di soldi la Città non ne ha moltissimi, tanto da aver fissato il tetto massimo di spesa: cinquanta milioni, non un franco di più.
Di qui, dunque, l’invito rivolto a febbraio ai partiti: diteci la vostra. Dalle risposte ricevute è emerso tanto scetticismo, alcuni inviti a ripensare tutto e un’unica certezza: il Polo congressuale, così come pensato, non fa l’unanimità. Ecco servita l’ennesima impasse. E tanto meglio non è andata pochi metri più a sud, nell’area che a mente del Municipio potrebbe diventare un nuovo parco urbano collegato fisicamente al parco Ciani (l’idea è sul tavolo dagli anni Ottanta): anche qui, la politica si è divisa. Per qualcuno non è una priorità, per altri manca coraggio.
Uno scenario tutt’altro che imprevedibile. Per cercare di accontentare tutti, nel progetto del nuovo Polo congressuale è stato inserito il centro congressuale, il suo autosilo, un albergo, aree verdi e contenuti residenziali, anche a pigione moderata. Insomma, i desiderata dei partiti, a seconda delle varie sensibilità. E, forse, l’errore di fondo sta proprio qui: voler forzare, in un comparto che la città immaginava congressuale, anche altri elementi. Con il Polo sportivo ha funzionato, con il Campo Marzio la politica ha invece voluto mettere dei paletti che costringeranno il Municipio a presentare al Consiglio comunale una soluzione ancor più di compromesso. Con tutte le incognite del caso.
Sarebbe stato fattibile estendere il discorso a tutto il territorio, per esempio limitando i contenuti congressuali e residenziali al Campo Marzio, per edificare nel contempo alloggi a pigione moderata in altre zone della città ed estendendo il verde pubblico in altre ancora? Sì, no, forse.
Sta di fatto che la via tracciata oltre un anno e mezzo fa quella è e quella rimane. E senza un compromesso politico, Lugano rischia di perdere un altro treno dopo quello del Polo della ricerca al Mizar. Cosa che per una città che punta molto su fiere e congressi sarebbe uno smacco di proporzioni... mitologiche. Anche solo perché costringerebbe il Municipio ad andare avanti a cerotti milionari (l’ultimo ammonta a tre milioni di franchi) per restaurare un Conza sempre più tempio archeologico. A Marte potrebbe anche non dispiacere.