Il peggior finale di un'intesa mai sbocciata

Immaginate di raccontare ai vostri figli o ai nipotini quanto accaduto di poco edificante nella politica ticinese, anche solo nell’ultima terrificante legislatura, ma se volete esagerare guardate anche un poco più indietro. Scandali e scandaletti che hanno dato lavoro alla Magistratura, intasata di incarti e costretta a rincorrere malefatte e assurdità di chi siede nelle Istituzioni dopo aver ottenuto fiducia da parte dei cittadini. Ma limitiamoci al bubbone esploso di recente con la Sottocommissione speciale del Parlamento sul caso «Hospita-Lega» che ha alzato bandiera bianca, suggerendo la via di una Commissione parlamentare d’inchiesta per venire a capo di intrallazzi, comportamenti poco onorevoli, invasioni di campo da parte di avvocati (e politici) all’insegna della peggior specie della politica: quella degli affari e dell’arroganza. Prepotenza da parte di chi reputa di potersi muovere in Ticino come fosse casa sua, facendo ciò che più gli aggrada, con l’ambizione dell’impunità. Il gran rifiuto dei leghisti dalle alte cariche di rispondere presente alla convocazione da parte del gremio voluto da un organismo che è emanazione dello stesso potere Legislativo, non trova giustificazione alcuna da parte di chi dovrebbe avere gli attributi per affrontare ogni genere di avversità e non la patente della codardia. Appellarsi a codici e cavilli che permettono e legittimano la fuga lungo la tangente è da onorevole disonorato. Lasciamo a loro l’incombenza di raccontarlo ai cittadini. Il roboante verbo leghista sentito nelle ultime ore, quel «zero indagati leghisti, zero!» è formalmente incontestabile, ma pare essere un fumogeno lanciato per generare scompiglio e avvelenare un’aria già irrespirabile. A chi giova tutto questo? Capiamo che al leghista verace 3.0 ribollano le busecche, ma che fine ha fatto in Svizzera l’onestà in politica? C’è ancora la capacità di ammettere un errore senza darsi alla macchia o tentare improbabili arrampicate sugli specchi?
«Chi falla in appuntar primo bottone, né mezzani né l’ultimo indovina». La citazione dal «Candelaio», l’irriverente commedia teatrale di Giordano Bruno, scritta a Parigi nell’estate del 1582, ci viene in aiuto per coloro che, recidivi all’eccesso, si cacciano in maniera seriale in un vicolo cieco e lo fanno con fierezza, ignari, o incoscienti, per la condizione nella quale si trovano.
E allora non rimane davvero che appellarsi a una Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI)? Questa via non ci convince per nulla. Da una parte ricordiamo bene la storia dell’ultimo ventennio e le precedenti tre CPI. La sola che salviamo, per approccio e risultati, è quella dei «Permessi facili» quando intervenne l’integro Luciano Giudici quale procuratore straordinario. Successivamente è stata persa la testa con l’inchiesta sulla Sezione della Logistica, e il suo rapporto che aveva ridicolizzato il tutto con la caccia alle ragnatele (reali e non politiche) sulle vetrate di Palazzo delle Orsoline. Infine il caso Argo1, con una caccia alle streghe e un ingeneroso accanimento su quella che era stata identificata come vittima sacrificale: Paolo Beltraminelli. Approfondire la questione «Hospita-Lega» ci sta. Ma quanto ci viene proposto è una scontata caccia al leghista. La Lega ha fatto una serie di errori, in primis con quell’improvvido rapporto segreto. Ma la battaglia politica si fa sui fatti, non con la politica della vendetta. Magari perché Norman Gobbi e i suoi non hanno voluto essere ascoltati. Biasimevole, finanche da codardi. Ma i politici non sono fatti per indagare, men che meno quando l’indagato è un proprio collega, ancora peggiore è la situazione con le premesse che abbiamo oggi sul tavolo e una campagna elettorale ormai imminente. Sperare che la CPI venga affiancata da un membro laico (politicamente parlando) è una sorta di foglia di fico. Viene pure da chiedersi chi sarebbe il professionista, magari un ex magistrato, disposto a mettersi a disposizione alla mercè della politica per questa occasione, in balia degli umori da gazzarra che prenderà verosimilmente il sopravvento.
Diamo atto al gremio condotto da Fabrizio Sirica negli scorsi mesi di aver lavorato seriamente e con discrezione, senza quelle fughe di notizie che piacciono a noi dei media, ma che sono nocive se si vuole sperare ancora in qualcosa di migliore. Attendiamo la prossima legislatura allora, il prossimo giro di giostra, ma temiamo che questo quadriennio sia destinato al peggiore dei finali immaginabili. Ciò che non è mai iniziato è destinato a finire peggio.

