L'editoriale

Polizia ticinese tra scontro e riforma

Dieci annI dopo il ritiro del messaggio in Gran Consiglio, il DI si accinge a percorrere di nuovo quel campo minato che è la Polizia ticinese
Nico Nonella
19.07.2025 06:00

Settimana più, settimana meno sono trascorsi dieci anni dal giorno in cui il progetto di istituire una Polizia unica venne affondato in Parlamento. Allora, era il 24 giugno del 2015, non fu necessario votare: i Comuni sul piede di guerra portarono al ritiro del messaggio da parte del direttore del DI Norman Gobbi, il quale annunciò l’intenzione di ragionare su un concetto insieme alle PolCom stesse. Fu una scelta politicamente saggia: al voto, la proposta sarebbe stata spazzata via, mentre oggi è di nuovo sul tavolo come alternativa alla «Polizia ticinese». A volte ritornano.

A distanza di dieci anni, il DI si accinge a percorrere di nuovo quel campo minato che è la Polizia ticinese. Lo fa con una proposta, frutto delle riflessioni di un gruppo di lavoro comprendente anche capidicastero e comandanti di Polizie strutturate – che ha già messo sul chi vive diversi Comuni, Lugano in testa, i quali hanno già posto precise condizioni: l’autonomia comunale non si tocca. Città che hanno investito molto nelle loro Polizie – per struttura e competenze, quella di Lugano può essere paragonata alla Cantonale – non vogliono ritrovarsi con il cerino in mano. Un film già visto: sullo sfondo ci sono infatti i complicati rapporti tra Cantone e Comuni: rapporti che la riforma Ticino 2020 voleva semplificare e che il progetto «Polizia ticinese» rischia di complicare ancora di più. Un paradosso.

Non ci resta che attendere e capire se l’ennesimo tavolo di lavoro del Cantone sarà riuscito a mettere d’accordo se non tutti, almeno la maggioranza degli attori coinvolti, partiti inclusi. Per Lugano, invece, rischia di andare in scena l’ennesimo scontro con il Cantone in ambito di «politica estera». Dai contributi di centralità alla nuova sede della Giustizia, ad oggi la strada è sempre più in salita. Certo, gli anni in cui il Municipio si recava regolarmente a picchiare i pugni sul tavolo a Bellinzona sono tramontati (erano i tempi del binomio Giudici-Bignasca e in Governo c’era una maggioranza di luganesi), e il rischio per la Città è di ritrovarsi di nuovo «Villaggio gallico in riva al Ceresio». Un paragone coniato nel 2016 da Claudio Zali, ministro che da settembre potrebbe prendere in mano il dossier Polizia. Sì, a volte ritornano.

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