L'editoriale

Una nomina che fa onore a tutto il Ticino

Tra pochi giorni Sergio Ermotti tornerà a ricoprire il ruolo di CEO di UBS e inizierà a organizzare le difficili (e dolorose) manovre di fusione con Credit Suisse
Paride Pelli
30.03.2023 06:00

Nella cascata di notizie negative delle ultime settimane, ce n’è una che va controcorrente e da sola riporta tutto, vogliamo crederlo e ci speriamo, in equilibrio. Tra pochi giorni Sergio Ermotti tornerà a ricoprire il ruolo di CEO di UBS e inizierà a organizzare le difficili (e dolorose) manovre di fusione con Credit Suisse. Le istituzioni, il sistema bancario svizzero, quello globale e la Borsa hanno salutato ieri mattina la notizia dell’avvio dell’Ermotti-bis con parole e reazioni di solidissima fiducia: proprio quella che era venuta a mancare negli ultimi tempi, attraversati dal terremoto Credit Suisse, che resterà nella storia bancaria elvetica come uno dei più rovinosi e meno edificanti a livello di immagine per il nostro Paese. Ancora una volta, come abbiamo già scritto in passato su queste colonne, la fiducia è il valore più prezioso, soprattutto quando il mare è in tempesta. Delle straordinarie capacità professionali di Ermotti tutto il mondo è al corrente. Nel suo primo mandato, dal 2011 al 2020, egli è stato il manager (definizione riduttiva) che ha trasformato UBS in uno dei più grandi istituti di gestione di patrimoni a tutte le latitudini, dopo la crisi e il salvataggio in extremis da parte della Banca nazionale e della Confederazione (che hanno poi riavuto il tutto con gli interessi). Basti questo. I media seguiranno e analizzeranno nei prossimi mesi le sue azioni e ne renderanno conto: salvo imprevisti e senza cadere in facili campanilismi, nessun dubbio che la Svizzera e il suo sistema bancario ne trarranno giovamento.

Ma c’è un aspetto non secondario nella nomina di Sergio Ermotti che vogliamo oggi sottolineare. È emerso anche durante la conferenza stampa di ieri mattina, quando un giornalista ha chiesto un po’ ingenerosamente a Ermotti se fosse stato scelto in un momento così delicato «perché svizzero». Ebbene, il prossimo (per la seconda volta) CEO di UBS ha risposto, con arguzia, di esser stato invece chiamato «perché ticinese e di Lugano». Dietro la sottile ironia usata da Ermotti come un fioretto, si nasconde una grande verità; Ermotti ha fatto carriera anche all’estero ma ha conservato le sue radici ticinesi come un irrinunciabile patrimonio di valori cui ispirarsi anche nella propria attività professionale. Quasi dodici anni fa, quando fu confermato CEO di UBS dopo il periodo di interinato, Franco Citterio - direttore dell’Associazione bancaria ticinese – disse di lui: «È la prova che il nostro cantone sa formare banchieri di qualità: paragono Sergio Ermotti a Roger Federer, poiché, come il campione del tennis, anche lui è arrivato ai vertici internazionali scalando le montagne».

Altro ticinese che, pur nel non comparabile e più travagliato mondo della politica, ha saputo arrivare alla vetta, quella del Consiglio federale e della presidenza della Confederazione, è poi certamente Ignazio Cassis. Che il piccolo Ticino riesca a fornire alla Svizzera e, possiamo dirlo, al mondo - quando servono - personalità di simile caratura e di alte competenze, è una riprova del fatto che sotto la superficie di un cantone che spesso sembra occuparsi solo di litigi e polemichette di bassa lega, vi è una scuola di formazione e una serietà di percorsi professionali di cui dovremmo fare tesoro.

Per concludere, la nomina di Sergio Ermotti porta al Ticino una visibilità su scala - ça va sans dire - mondiale. Il suo stile di conduzione manageriale non farà che rafforzare questa visibilità, soprattutto se la fusione tra UBS e Credit Suisse avrà l’auspicato successo e andrà oltre le aspettative. È una fortuna, ma anche un merito del Ticino.