La linea d'ombra e la scuola selettiva

Recentemente, durante una serata informativa sul tema dei livelli, il direttore di una scuola media del Luganese ha condiviso con i genitori un aneddoto. Per ottenere un posto di apprendistato come falegname – raccontava – è preferibile aver frequentato il corso A di matematica, poiché sempre più spesso i datori di lavoro utilizzano questo criterio come filtro di selezione. Nel Luganese e nel Mendrisiotto – concludeva – la concorrenza è ormai molto agguerrita. Come detto, si tratta di una testimonianza, e come tale va interpretata. Osiamo immaginare che non sia ovunque così. In realtà, non sorprende che il titolare di un’azienda possa ragionare in questi termini. In ogni caso, al di là di ogni corretta riflessione meritocratica, questa constatazione lascia un po’ di amaro in bocca. Non fosse altro perché sembra segnare una primissima forma di resa nel rapporto tra società e individuo.
Più in generale, di una scuola percepita come eccessivamente selettiva, recentemente, si è occupato anche l’MPS attraverso un sondaggio sull’utilizzo di lezioni private da parte degli studenti del Medio Superiore. Secondo l’inchiesta, un allievo su tre ricorre ripetizioni extra-scolastiche per restare al passo con un programma ritenuto «eccessivo». Il fatto che una buona fetta di studenti debba ricorrere a lezioni private solleva il dubbio di un’erosione del principio di equità a cui la scuola dovrebbe attenersi. Le lezioni costano, e non tutte le famiglie possono permettersele. Per il Consiglio di Stato, che ha riconosciuto la necessità di approfondire la correlazione tra il ricorso a lezioni private e il successo o insuccesso scolastico, si pone poi un problema ulteriore, in quanto non spetterebbe alle famiglie risolvere un’eventuale carenza nel sistema educativo. Insomma, i risultati andrebbero conseguiti - a suo dire - nella griglia oraria, cambiando semmai il percorso pedagogico. È evidente che qui ci troviamo di fronte a una certa idea di scuola – e, più in generale, di società – che pone l’inclusione come fulcro e valore fondante. Ancora una volta si arriva al bivio iniziale. Esiste una società dove tutti possono fare il falegname?
Domande di questo genere sollevano un vespaio di reazioni, sia politiche che di settore. Trovare la quadra, ammetto, è difficilissimo. Ad ogni modo, la scuola è davvero diventata troppo selettiva? Il carico di lavoro è davvero cresciuto negli anni in modo non sempre congruo? Secondo il sondaggio citato, quasi la metà degli studenti sperimenta disagio e frustrazione durante lo svolgimento delle lezioni. Il rischio che la scuola possa contribuire ad aggravare, anziché attenuare, un clima di competizione e disagio, quindi, esiste. Eppure, il tema della valutazione è un momento fondamentale del percorso meritocratico, della presa di coscienza dei propri limiti e della crescita. Più in generale, ogni società democratica ha bisogno di valorizzare i meriti, ma allo stesso tempo il processo di selezione non dovrebbe creare deficit democratici. La società è una soltanto.
La percezione di una scuola eccessivamente selettiva, in realtà, si avverte anche nella scuola media, ossia durante gli anni più delicati della crescita emotiva dell’allievo, chiamato a compiere un primo e decisivo sforzo didattico proprio nel momento in cui il giovane si affaccia per la prima volta alla complessità e alla bellezza della vita. Quasi un dentro o fuori (a volte giocato su pochi mesi) che meriterebbe di essere soppesato diversamente. Anche in questo caso, il sostegno e il convincimento familiare risultano decisivi per l’ottenimento dei traguardi scolastici. Non è forse un’erosione del principio di parità di trattamento?
Il compito più alto che la società può assolvere attraverso la scuola è di attribuire a ogni allievo gli strumenti per crescere, per superare quella «linea d’ombra» che lo separa dalla maturità, cosciente dei propri mezzi e delle proprie responsabilità, fermo restando che la scuola per vocazione è un’istituzione democratica aperta che dovrebbe (compito difficilissimo!) accentuare le individualità senza attenuare le differenze. Fra pochi mesi, a giugno, terminerà il primo ciclo di sperimentazione del superamento dei livelli, e per settembre è attesa una prima valutazione del processo di innovazione. Tornando al tema delle lezioni private, di per sé queste non provano che la scuola sia diventata troppo selettiva. Forse, però, sono un indizio. Aumentare il numero di ore da destinare ai corsi di recupero (in calo da anni) potrebbe aiutare alcuni studenti a restare in corsa. A dirlo sono i docenti. Vale dunque la pena ascoltarli. E, a loro, chiedere una riflessione ferma su un’eventuale deriva selettiva della scuola.