Il commento

L’eredità nelle parole e nei principi

Conscio di combattere una battaglia con la malattia «che non si può vincere, a meno di un miracolo», Dick Marty nel suo libro si pone «interrogativi assai inquietanti sul funzionamento delle nostre istituzioni»
© Ti-Press / Alessandro Crinari
Giò Rezzonico
29.12.2023 06:00

«Forse non avrà apparentemente alcuna positiva efficacia, ma io sento che abbiamo da assolvere una grande funzione, dando esempi di carattere e di forza morale alla generazione che viene dopo di noi». Sono parole scritte da Carlo Rosselli durante il fascismo sul suo giornale Non mollare, ma fanno parte del testamento politico di Dick Marty, che si può leggere nel suo ultimo libro Verità irriverenti. Un democratico integerrimo e di seri principi, che è stato ambasciatore ticinese dei diritti umani nel mondo, oltre che magistrato (fu procuratore pubblico) e politico (in Consiglio di Stato e al Consiglio degli Stati per il PLRT). Conscio di combattere una battaglia con la malattia «che non si può vincere, a meno di un miracolo», in questo libro si pone «interrogativi assai inquietanti sul funzionamento delle nostre istituzioni». Si esprime con grande sincerità «scrivendo come autoterapia», introspettivamente, «senza pensare primariamente al lettore», e se ne scusa.

Vorrei proporre questo ricordo, anche come auspicio per il nuovo anno, soffermandomi sulle riflessioni di Marty a proposito della democrazia: certamente la parte più inquietante di questo libro-testamento.

Qualcuno si chiederà se, citando Rosselli, era il caso di tirare in ballo il periodo fascista. Ebbene, secondo Marty, sì, perché sono in troppi a voler dimenticare il fascismo e a non preoccuparsi del neofascismo. Due fenomeni pericolosi e purtroppo ancora di attualità, se si segue la definizione di Albert Camus: «Il fascismo, effettivamente, è disprezzo. Inversamente, ogni forma di disprezzo, ove intervenga nella politica, prepara o instaura il fascismo». È il virus – osserva Marty – «dell’intolleranza, del razzismo, dell’odio verso chi è diverso, della menzogna come strumento politico, della ricerca di un conducator capace di provvedere all’ordine, darci le certezze che cerchiamo e realizzare i sogni che perseguiamo». Un virus, prosegue, che erode la democrazia dall’interno. Già, perché la democrazia «è qualcosa di estremamente complesso, impegnativo: è come una pianticella esile e delicata, esigente, che necessita di cure continue».

Marty si dichiara preoccupato anche per la crescente sfiducia nelle nostre istituzioni e per la tendenza di molti, troppi, ad affidarsi «a chi propone soluzioni semplici, se non semplicistiche» alla «straordinaria complessità dei problemi del nostro tempo». Soluzioni che in qualche modo possono «risultare più rassicuranti». E così – scrive – molte democrazie (gli Stati Uniti dell’era Trump, l’Ungheria di Orban, l’India di Modi, l’Israele di Netanyahu, la Polonia di Kaczynski, l’Italia dei Fratelli d’Italia) «stanno scivolando verso la limitazione dei diritti e delle libertà individuali, rischiando di sfociare in regimi autoritari». Governi eletti perché così ha voluto il popolo, penserà qualcuno. Sì – ammette Marty – ma «occorre ricordare che una democrazia non si riduce al semplice fatto di lasciare che il popolo possa votare (…)». Partecipazione del popolo sì, certo, ma è necessario anche il rispetto di regole precise: separazione ed equilibrio dei poteri, libertà di opinione e di stampa, affermazione delle libertà fondamentali. Se questi principi essenziali vengono soppressi la democrazia annienta se stessa. «Come dimenticare – ricorda Marty – che i vari Hitler, Mussolini, Bolsonaro, Trump, Putin e altri hanno goduto del sostegno del popolo e vinto le elezioni?». E qui si apre un altro punto dolente della democrazia e della nostra società: la disinvoltura di certi politici nei confronti della verità e «la loro indubbia maestria nel suscitare emozioni sulla base di menzogne o di mezze verità (definite una volta in una sentenza della Corte di cassazione italiana ‘le peggiori menzogne’)». Menzogne che, come osserva la filosofa Hannah Arendt – ricorda Marty – sono spesso più plausibili e più appetibili della realtà stessa, poiché il bugiardo ha il vantaggio di sapere cosa il pubblico vuole o si aspetta di sentire. E purtroppo – conclude  – succede sovente che taluni esprimano antipatie verso le élites seriose, mentre provino simpatie per i fanfaroni ed i bugiardi, perché votando per loro si sentono assolti dalle proprie debolezze.

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