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Dalla valigia di cartone al cannolo

Continua il viaggio tra le comunità straniere in Ticino – Gli emigrati siciliani si raccontano: «Qui è la nostra casa, ma ci manca il sole»
©Gabriele Putzu
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
03.03.2024 06:00

Santo Canistrà e Mariangela Schepis sono di Messina, ma da 16 anni hanno una focacceria siciliana a Magliaso. «Facciamo prodotti tipici», dicono in coro. Il laboratorio da una parte, il bancone e le vetrine dall’altra. Il posto è piccolo, ma i clienti non mancano. «Siamo partiti insieme dalla Sicilia – continuano – non pensavamo di trovarci subito bene e invece…». Invece nonostante il clima e la cultura diversi sono rimasti. Un po’ come è capitato a Giusy Lazzara arrivata in Ticino nel 2013 dalla provincia di Agrigento. Che oggi ha un bar e una pasticceria a Lugano, di fronte al parco Ciani. «Mi sono adattata – spiega – senza sole, caldo e certi sapori e odori non è stato evidente, ma i miei figli si trovano bene e io e mio marito siamo arrivati in Svizzera anche per loro, per dargli un futuro degno di questo nome».

In Svizzera sempre per lavoro

La Svizzera come meta di emigrazione. In passato ma anche oggi per molti italiani. Che rappresentano la comunità straniera più numerosa in Ticino. Calabresi, sardi, friulani e anche siciliani continuano ad arrivare e a percorrere le tappe che hanno fatto i loro nonni. Salvatore Puglisi, che di anni ne ha 87, è arrivato proprio 50 anni fa da Caltanisetta. Erano i tempi dei migranti con la valigia di cartone. «Una volta la comunità italiana era molto più unita», confida. «Soprattutto in Svizzera interna. Io sono arrivato a Zurigo nel 1967, dove avevo un amico che mi ha detto di andare a trovarlo perché non era in grado di spiegarmi come fosse la Svizzera e ho trovato subito quello che stavo cercando, un lavoro per sopravvivere».

Puglisi però non si accontenta. Perché ha una grande passione. Quella del canto lirico. Che lo porta a studiare e a formarsi fino a cantare ad alti livelli. «Ho studiato da tenore a Friburgo in Germania per due anni, poi ho cantato dovunque capitasse. Anche in Polonia. Anche per la radio della Svizzera italiana a Besso».

Il canto, ma anche il cibo come terreno d’unione, punto di incontro tra sensibilità e culture diverse. A volte l’integrazione passa anche da qui. Percorre strade diverse. «Lugano è una città molto accogliente ed è aperta e curiosa alle novità», riprende Lazzara. Che mentre parla ogni tanto si interrompe per salutare i clienti. Che non mancano. Perché qui si gusta sua maestà il cannolo. Uno dei prodotti più tipici della Sicilia. «La nostra ricotta arriva direttamente da un caseificio a conduzione familiare della provincia di Trapani, è al 100% di pecora e ha poco zucchero - racconta, orgogliosa - . Anche la cialda è prodotta da un artigiano che conosciamo molto bene, si può dire di famiglia».

Anche Canistrà e Schepis diventano molto seri quando parlano dei loro prodotti. Dalle focacce ai panzerotti fritti, dai torciglioni alla pasta di mandorle. «È tutto fatto in casa, secondo le ricette tradizionali e originali - raccontano - tanto che abbiamo clienti che quando vanno in Sicilia e ritornano dicono che i nostri prodotti sono più buoni di quelli che trovano sull’isola».

«Arrivano soprattutto giovani»

Poco più di 74mila. Tanti sono i siciliani in Svizzera, «a cui bisogna aggiungere almeno un 30% di persone in più - precisa Salvo Buttitta, coordinatore in Svizzera dell’Unione siciliana emigrati e famiglie (Usef) - perché i 74mila sono gli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), ma non tutti appunto decidono di iscriversi». Una comunità numerosa distribuita in «8 associazioni di siciliani», tra Ginevra, San Gallo, Basilea e a Zurigo (ma non in Ticino), raggruppate appunto nell’Usef, «una federazione - continua Buttitta - nata nel dopoguerra per coordinare tutte le associazioni di siciliani nel mondo e farsi portavoce dei loro diritti verso la Regione Sicilia». Oggi le principali attività della federazione sono la promozione culturale e l’organizzazione dei viaggi di ritorno. Perché le relazioni con la terra di origine sono rimaste, non sono mai scomparse del tutto. Anzi.

Non una presenza piccola, quella dei siciliani nel mondo. Perché sono più di 815mila i siciliani iscritti all’Aire che hanno lasciato l’isola per vivere all’estero. La maggior parte ha scelto la Germania, il Belgio, l’Argentina e anche la Svizzera, che è appunto la quarta destinazione preferita al mondo.

Giovani e super formati

Già ma chi sono i siciliani di Svizzera? «Il 45% dei 74mila iscritti all’Aire hanno tra i 18 e 45 anni - annota Buttitta - quindi sono piuttosto giovani, ma questo non mi sorprende, visto che solo a Basilea, dove vivo, vedo tantissimi giovani siciliani che studiano biotecnologie e biomedicina che poi rimangono a lavorare nelle grandi aziende chimicofarmaceutiche basilesi».

Del resto non mancano le collaborazioni a livello universitario. Anche in Ticino. Come tra «l’Università di Palermo - precisa il coordinatore in Svizzera dell’Unione siciliana emigrati e famiglie - e l’Istituto di ricerche in biomedicina (IRB) di Bellinzona». Collaborazioni strette ed estese, visto che l’ateneo palermitano ha allacciato sinergie con molti altri istituti e scuole di ricerca svizzeri.

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