«Ho dovuto chiudere di nuovo, e licenziare»

Vincenzo Paradiso ha licenziato pochi giorni fa la donna delle pulizie. Il mese scorso era toccato al cuoco. Il terzo e ultimo a licenziarsi sarà lui stesso, gerente e proprietario dell’albergo Nazionale, salvo sorprese dell’ultimo minuto. Mentre l’arrivo di asilanti a Rovio (ora in stand-by) suscitava polemiche, in quel di Biasca la loro partenza è stata salutata con rimpianto e amarezza. Almeno da parte di Paradiso, che nell’accoglienza ha messo cuore e portafogli (soprattutto) e ora si ritrova con un hotel vuoto.
Migrazioni interne
«Ho sostenuto una serie di spese per abilitare il mio albergo all’accoglienza dei migranti e lo vedevo come un investimento a lungo termine» lamenta il 67.enne mostrando i conti nello sgabbiotto della reception, trasformato temporaneamente in ufficio. «Il mio consiglio a chi ospiterà queste persone in futuro è di stare attenti. Mi sono fidato delle istituzioni e ho sbagliato».
Quello dell’albergatore biaschese non è sicuramente l’unico caso di ospitalità frustrata, nella mappa delle «migrazioni interne» che negli ultimi tempi in Ticino hanno visto spostarsi - venire spostati - centinaia di asilanti da una località all’altra. A Biasca fino a marzo hanno alloggiato 19 minorenni non accompagnati, poi trasferiti in un foyer della Croce Rossa a Bombinasco. Lo stesso era successo a giugno a un centinaio di ospiti dell’hotel Vezia, ora chiuso. A Rovio una quarantina avrebbero dovuto alloggiare da fine marzo al Park Hotel, ma il Municipio ha «congelato» intimando al proprietario una serie di lavori di adeguamento della struttura.
Ospitalità difficile
È un po’ quello che è successo anche a Vincenzo Paradiso. Ospitare minorenni fuggiti da guerre e paesi in crisi non è come trattare con turisti paganti. «I momenti difficili non sono mancati. Litigi, atti di autolesionismo. Chiaro che rispetto alla nostra clientela precedente, composta più che altro da escursionisti svizzero-tedeschi o lavoratori in trasferta, c’era una bella differenza» racconta Paradiso. Per proteggere la struttura dagli ospiti, e gli ospiti da sé stessi, l’albergatore ha dovuto installare a proprie spese pannelli di legno e barriere in tutti i punti «sensibili» dell’hotel. «Salivamo sul tetto, saltavano da un balcone all’altro. Non potevamo lasciarli soli».
Il costo degli interventi dei carpentieri - e l’installazione di porte antincendio e ringhiere speciali - ammonta a oltre 70.mila franchi. Soldi che Paradiso ha investito contando su una permanenza a medio-lungo termine degli ospiti, a spese dell’Ufficio dei rifugiati e richiedenti l’asilo (DSS). Ma non è andata così. «Mi era stato garantito che quando i minorenni si sarebbero trasferiti, sarebbero arrivati altri ospiti maggiorenni e sinceramente ero sollevato - confessa l’imprenditore -. Gli adolescenti, come è naturale, richiedono attenzioni maggiori rispetto agli adulti».
La brutta notizia è arrivata alla fine di marzo, a sorpresa. A Vincenzo Paradiso viene comunicato che la «prenotazione» è cancellata, per il disappunto dell’albergatore. «Non c’era nessun contratto scritto, non ho potuto farci niente» lamenta il 67.enne, che mette in relazione la disdetta ricevuta con la mancanza di posti nel Sottoceneri. «Non capisco sinceramente perché si sono cercate altre sistemazioni quando c’era la mia struttura, bella e pronta» incalza Paradiso alla fine di un tour tra le camere ancora mezze arredate, che si conclude di nuovo alla reception dove un cartello sulla porta recita: «Albergo chiuso fino a nuovo avviso». È il segno di una speranza. «Se il Cantone ci ripensa siamo disponibili - dice -. Qui il posto non manca».