Ambiente

L'Amazzonia piange: riuscirà Lula a salvarla?

La deforestazione del Polmone verde della Terra ha raggiunto il picco massimo degli ultimi 15 anni — Ma il nuovo presidente è deciso a invertire la tendenza
©Victor R. Caivano (AP Photo)
Federica Serrao
21.01.2023 15:00

La deforestazione dell'Amazzonia non si ferma. E addirittura, raggiunge nuovi record. I dati diffusi dall'Istituto Imazon - organizzazione brasiliana senza scopo di lucro che si dedica alla conservazione della foresta pluviale a partire dalle immagini satellitari - parlano chiaro. Nel 2022, i livelli di deforestazione nell'area sono stati i peggiori degli ultimi quindici anni. Una notizia che conferma, oltretutto, la tendenza osservata nell'ultimo periodo. Si tratta infatti del quinto anno consecutivo in cui i dati registrati mostrano un aumento nell'abbattimento della vegetazione della foresta. Ma diamo un'occhiata in maniera più approfondita alla questione.

Come 3.000 campi da calcio

Ricapitoliamo. Il 2022 per l'Amazzonia è stato un anno terribile. Negli ultimi dodici mesi sono stati spazzati via tanti, tantissimi alberi. Per fare un esempio concreto, si calcola che, ogni giorno dell'ultimo anno, sia stata divorata una parte di foresta pari a 3.000 campi da calcio. Tradotto: oltre un milione di campi da calcio spazzati via in un anno. E andando ancor più nel dettaglio, il rapporto dell'Istituto Imazon afferma che tra gennaio e dicembre del 2022 la deforestazione ha raggiunto i 10.573 chilometri quadrati, mentre osservando i dati riferiti a un periodo di tempo più esteso, tra il 2019 e il 2022 a essere stati distrutti sono stati in totale 35.193 chilometri quadrati di vegetazione. Non solo. A settembre, il numero di incendi nella foresta registrato in quei primi nove mesi di 2022 era già più alto di quelli rilevati nell'intero 2021.

Bolsonaro accusato

I ricercatori di Imazon puntano però i riflettori anche su un'altra questione. Nonostante la foresta amazzonica si estenda sul territorio di Brasile, Colombia, Perù e di porzioni più piccole di Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese, sembra che i problemi di disboscamento siano principalmente un affare brasiliano. Come spiegato da Carlos Souza Jr., coordinatore dell'istituto Imazon, durante l'ultimo mese dell'amministrazione Bolsonaro (parliamo dunque di ottobre 2022), ci sarebbe stata una «corsa sfrenata al disboscamento, mentre la porta era aperta al bestiame, alla speculazione fondiaria, all'estrazione mineraria illegale e alla deforestazione nelle terre indigene e nelle unità di conservazione». Non a caso, gli ambientalisti e i difensori dei popoli indigeni e dei loro diritti territoriali hanno aspramente criticato le politiche ambientali di Bolsonaro. In particolare, questi gruppi hanno portato alla luce la riduzione di protezioni ambientali dell'ex presidente, complice di aver causato la «distruzione ecologica», smantellando le norme ambientali in vigore e disboscando grandi porzioni di foresta. I dati messi a disposizione dallo stesso governo brasiliano indicano infatti che, sotto l'amministrazione di Bolsonaro, la deforestazione media annuale è aumentata del 59,5% rispetto ai quattro anni precedenti, e del 75,5% rispetto al decennio precedente. A detta di alcuni esperti - riporta France 24 - l'ex presidente avrebbe favorito le aziende agricole e gli accaparratori di terre che disboscano la giungla per il bestiame e le coltivazioni. Portando, di conseguenza, alla perdita di tantissima vegetazione. 

A fine luglio, quando Bolsonaro era ancora a capo del Paese, si era fatta largo un'altra questione tanto importante, quanto allarmante. Vale a dire, quella della costruzione di un'autostrada che avrebbe collegato Manaus a Porto Velho. 870 chilometri di strada asfaltata, quindi, che avrebbero contribuito ulteriormente alla deforestazione dell'area. Nonostante gli esperti avessero debitamente reso noto dei pericoli che sarebbero scaturiti con la costruzione dell'autostrada - sottolineando anche come l'Amazzonia fosse vicina a un punto di non ritorno - le autorità erano determinate a portare avanti il progetto. 

Lula alla COP27. © AP Photo/Peter Dejong
Lula alla COP27. © AP Photo/Peter Dejong

Tutto nelle mani di Lula?

Nonostante i dati siano decisamente allarmanti, volendo guardare a fondo, qualche buona notizia esiste. Secondo quanto divulgato da un'altra ricercatrice di Imazon, Bianca Santos, l'amministrazione dell'attuale presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, intende ribaltare quanto fatto dal suo predecessore e dare priorità alla protezione dell'Amazzonia. Facendo un salto indietro nel tempo, già durante il suo mandato tra il 2003 e il 2010, Lula si era impegnato a riabilitare la posizione internazionale del Brasile sulle questioni climatiche e ambientali. Una posizione nettamente in contrasto con quella del suo rivale Bolsonaro, insomma. Nel corso della sua presidenza, Lula si era occupato infatti di ripristinare le infrastrutture che sostengono gli sforzi di conservazione dell'Amazzonia, oltre ad aver proposto la creazione di un ministero per le popolazioni indigene. Una promessa - quest'ultima - che è stata mantenuta. All'inizio di quest'anno, infatti, il ministero è stato creato e sono stati nominati due nuovi ministri per la salvaguardia della politica ambientale del Paese, per invertire le politiche di Bolsonaro. Parliamo di Marina Silva, difensore della foresta amazzonica, e di Sonia Guajajara, nuovo ministro dell'ambiente brasiliano. Tuttavia, già nel mese di ottobre, in occasione della COP27 in Egitto, Lula aveva espresso la sua intenzione di «invertire le politiche ambientali di Bolsonaro», sottolineando che «non può esserci sicurezza climatica per il mondo senza un'Amazzonia protetta».

Ma non finisce qui. Negli scorsi giorni, il presidente brasiliano ha invitato le nazioni sudamericane che ospitano la foresta amazzonica a unire le forze per proteggere questa risorsa chiave per combattere il riscaldamento climatico. In particolare, a un'intervista al canale GloboNews, Lula ha dichiarato che affrontare la questione climatica oggi sia «necessario per preservare la specie umana sul pianeta», aggiungendo che la responsabilità è di tutti gli individui. Inoltre, il presidente ha dichiarato di star lavorando per organizzare un incontro con i leader di Ecuador, Colombia, Perù, Venezuela, Bolivia e Guyana francese, per discutere una politica continentale per preservare la «nostra Amazzonia». 

Le promesse di Lula, tuttavia, non sono ancora finite. Il 77.enne si è posto anche l'ambizioso desiderio di porre fine alla deforestazione dell'Amazzonia entro il 2030. Per riuscire nell'intento, il presidente ha dichiarato di voler istituire un corpo di polizia federale che agisca «con più forza» per proteggere la foresta pluviale, e di voler rafforzare altre istituzioni governative. L'obiettivo di Lula, dunque, è chiaro, chiarissimo. E come dichiarato da lui stesso, lo perseguirà fino in fondo.

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