Come agire in casa FC Lugano? Quattro scenari e un mese di tempo

Sconcertante, poiché inaspettata dopo due vittorie che sembravano aver rinfrancato l’ambiente. Sconcertante, poiché pesa la recidiva al cospetto di una formazione di terza divisione, questa volta - rispetto al Bienne - addirittura sfavorita dalla trama del match e dagli episodi. Sconcertante, per l’inconsistenza mostrata da tanti, troppi giocatori chiave, dal portiere che non para al «colpo» di mercato Alioski che vive l’ingresso sul terreno dell’Eizmoos come una seccatura. Sconcertante, per l’economia di una stagione che sportivamente è iniziata malissimo e strategicamente potrebbe trasformarsi in un boomerang. Sì, Cham-Lugano - sfociata nella clamorosa eliminazione dei bianconeri al 1. turno di Coppa Svizzera - è stata sconcertante. Ancora, ancora, ancora e ancora.
Anche ieri, però, i vertici del club non hanno ritenuto opportuno esprimersi sull’ennesimo tracollo della squadra di Mattia Croci-Torti. In via Pioda 14 e a Chicago si riflette. O meglio, si è purtroppo ripreso a farlo, dopo che - dichiarazioni di facciata a parte - si erano iniziati a valutare la portata e i rischi della crisi coincisa con il 4-0 subito a Sion e l’umiliante 5-0 rimediato in Europa per mano dello Celje.
Basta concessioni e attenuanti
Il tempo per meditare non manca agli uomini forti della società. Complici il rinvio del match di campionato contro il Losanna e la finestra dedicata alle nazionali, il prossimo mese offre ampi spazi a pensieri e manovra. Da qui a metà settembre, in effetti, il Lugano scenderà in campo solo una volta, il 31 agosto in casa dello Young Boys. E, a seconda dei provvedimenti che i dirigenti decideranno di prendere (o non prendere), la sfida del Wankdorf potrebbe venire ammantata da una pressione enorme. A Steffen e compagni, d’altronde, non resta che il campionato. E con due obiettivi stagionali su tre già naufragati, concessioni e attenuanti verranno inevitabilmente elargite col contagocce ai protagonisti bianconeri.
Nel frattempo, i margini per intervenire esistono. E possono essere declinati in quattro scenari.
1) Tirata d’orecchie e avanti così
Sembra paradossale, ma a Cornaredo non è escluso lo statu quo. Un’ipotesi, questa, che metterebbe di fronte alle proprie responsabilità soprattutto i giocatori. Le singole prove «ammirate» a Cham, dopo tutto, hanno costituito un pugno in un occhio. Tolti Mahou, Pihlström e in parte Dos Santos, non si è salvato nessuno. L’affronto di alcuni elementi, tuttavia, è stato disarmante. E, quindi, oltre alla tirata d’orecchie collettiva è lecito attendersi delle decisioni nette per quanto concerne la posizione di Amir Saipi o l’atteggiamento di Ezgjan Alioski. Entrambi inqualificabili. Di sicuro, l’ingaggio di un nuovo portiere non può più attendere. E se l’incapacità di muoversi sul mercato dovesse perdurare pure per questo ruolo, beh, il numero uno bianconero andrebbe in ogni caso messo in stand-by. Poi, certo, Saipi è il volto triste di un sistema difensivo che fa acqua da tutte le parti. Oltre ad affiancargli un collega all’altezza, dunque, andranno una volta per tutte risolti i casi Hajdari e Zanotti. Perché il Lugano non può più permettersi i passaggi a vuoto dei vari El Wafi e Brault-Guillard.
Basterà agire in questa maniera gattopardesca per risollevare la stagione? Sì, no, forse. Uno gruppo di calciatori - diversi dei quali prime donne e nel complesso fragilissimo sul piano psicologico - non si trasforma su comando. Il club, detto altrimenti, deve mettere in conto che in assenza di mosse più forti attorno allo spogliatoio l’annata 2025-26 potrebbe rivelarsi fallimentare su tutta la linea. Il che, agli occhi dei tifosi e in vista dell’ingresso nella nuova AIL Arena, non rappresenterebbe il miglior biglietto da visita.
2) Paga il tecnico
Per quanto ammissibile alla luce dei risultati complessivi del 2025 e di terribili controprestazioni come quella di Cham, l’esonero di Mattia Croci-Torti appare improbabile. Non da ultimo se si tiene conto delle recenti difese d’ufficio assunte sia dal responsabile dell’area sportiva Sebastian Pelzer, sia dal CEO Martin Blaser. Rimangiarsi la parola solo pochi giorni dopo aver confermato la fiducia nel Crus sarebbe tutto fuorché evidente. E ciò nonostante il mal di pancia e l’irritazione provate domenica sulla tribunetta dell’Eizmoos. Tradotto: per una volta a pagare per l’insufficiente rendimento della squadra potrebbe non essere l’allenatore, intoccabile pure per buona parte dei tifosi. Ma in questo caso, e lo ribadiamo, la trasferta di fine mese a Berna assomiglierà alla corda di un violino.
3) Paga il Chief Sports Officer
E se a perdere il posto fosse il Chief Sports Officer Sebastian Pelzer? Difficile. Non fosse altro per la benevola considerazione della proprietà, che a Chicago ha atteso cinque playoff toppati per separarsi dal soggetto e dal collega ds Georg Heitz. Ma altresì soppesando il cortocircuito che si verrebbe a creare dopo il discusso divorzio del predecessore Carlos Da Silva.
Oddio, senza farsi abbagliare dal «mercato lento» e dai vincoli del fair-play finanziario, di ragioni per sollevare Pelzer dal suo incarico ve ne sarebbero anche diverse. L’imperdonabile passività sul dossier Saipi e la fatica - tremenda e al contempo incomprensibile - nel riuscire a cedere Zanotti e Hajdari si commentano da sole. Così come è oggettivo, per una variabile o per l’altra, che il Lugano sceso in campo a Cham fosse composto da 11 giocatori già presenti la scorsa stagione. Qualsivoglia mossa sul mercato in entrata e in uscita, dunque, avverrà con colpevole ritardo. Il treno per l’Europa che conta e quello diretto verso la finale di Coppa Svizzera hanno già lasciato la stazione.
4) Rivoluzione su più piani
Alla SA bianconera e alla casa madre attiva nell’Illinois i terremoti non piacciono affatto. Eppure, determinate emergenze - a maggior ragione se profonde come quella che da mesi attanaglia il Lugano - necessitano talvolta di contromisure drastiche. Rinunciare sia al tecnico Croci-Torti, sia al suo superiore diretto Pelzer, equivarrebbe senza dubbio a una rivoluzione. Una rivoluzione, tuttavia, probabilmente troppo pericolosa, più per gli equilibri della piazza che per quelli di uno spogliatoio che non potrebbe conoscere scossa maggiore. Limitarsi a licenziare l’allenatore, sorvolando sugli errori del responsabile dell’area sportiva, farebbe invece a cazzotti con la coerenza.