«I ticinesi maturano tardi, ma l'occasione fa l'uomo ladro»
La sua selezione insegue il secondo Europeo consecutivo. E sabato sarà di scena a Cornaredo, per il penultimo turno delle qualificazioni contro la Bulgaria. Mauro Lustrinelli, 46 anni, guida la U21 Svizzera da oramai quattro anni. Lo abbiamo incontrato a Villa Sassa, quartier generale elvetico, per discutere di questo e tanto altro.
Mister Lustrinelli, come procede il ritiro a Lugano? E come è nata l’idea di un raduno diverso solito?
«L’energia è buona. E con la fine del campionato il 22 maggio, non era ideale lasciare i ragazzi fermi per una settimana. Di qui la decisione - ispirata dalla selezione maggiore - di suddividere il ritiro in due blocchi: due giorni di scarico, weekend libero e di sfogo, e da lunedì altri giorni di allenamento intenso. Un sistema che trovo coerente e che la squadra ha apprezzato».
Mancano due gare alla chiusura delle qualificazioni. Tutto può ancora succedere in testa al gruppo E. E l’accesso diretto agli Europei del prossimo anno potrebbe passare anche dal bonus riservato alla migliore seconda. L’attuale, esiguo gap con i Paesi Bassi come si spiega?
«L’obiettivo è chiaro: vincere le due partite. Concentrandoci su cosa possiamo controllare. Poi conosceremo il nostro destino. I Paesi Bassi, guardando anche agli scontri diretti, hanno dimostrato di essere più forti sul piano individuale. E faccio un esempio: il centrocampista dell’Ajax Ryan Gravenberch passerà al Bayern Monaco. Dove, tra l’altro, giocherà. Poi, è vero, il divario sulla doppia gara è stato minimo. L’intensità mentale e atletica portate in campo dagli olandesi - più abituati a performare in gare ravvicinate - ha fatto pure la differenza. Va da sé, lavoriamo per raggiungere proprio un livello di questo tipo».
Per diversi giorni, dicevamo, tutto passerà da Lugano e Cornaredo. Curiosità abbastanza clamorosa: lei, in carriera, ha realizzato quasi 150 reti in Svizzera. Ma nessuna ai bianconeri. È incredibile, vero?
«Lo è, in effetti. Ma la verità è che negli anni ho sfidato i bianconeri forse solo due volte. Ah, e in amichevole - se ricordo bene - un gol sono riuscito a firmarlo».
Parliamo invece di prime volte. Da giocatore, ha vissuto i momenti più importanti a una certa età. L’esordio e il primo gol in Super League a 26 anni, quello in Champions a 29, e poi naturalmente il debutto e i Mondiali con la Nazionale, rispettivamente a 29 e 30 anni. Come coniugare questa costante del suo passato, con il suo compito attuale? Oggi, infatti, deve contribuire a lanciare calciatori che hanno meno di 21 anni...
«Beh, affiancare i migliori talenti del Paese è qualcosa di arricchente e stimolante. Anche se, sinceramente, non avevo mai ravvisato questo paradosso, tra la storia della mia carriera e la funzione ricoperta ora. Credo ad ogni modo che l’esperienza, l’ “essere arrivato’’, sia lo strumento più prezioso a mia disposizione. Sebbene a un’età differente, ho infatti la possibilità di insegnare a dei grandi talenti il valore della pazienza e della perseveranza. Ogni scelta ha il suo peso e - oggi molto più di allora - il concetto di piano carriera è fondamentale. Osservando a posteriori il mio percorso, provo comunque tanto orgoglio. Sono cresciuto in una famiglia per la quale un titolo di studio era importante. E in tasca, in effetti, ho una laurea universitaria. Un traguardo che non mi ha impedito di diventare un calciatore professionista. Un calciatore capace di vivere le due competizioni più prestigiose: la Champions League e i Mondiali. Ma, sì, ammetto che replicare un simile percorso nel 2022 risulterebbe più complicato».
Chi, per certi versi, ha replicato il suo percorso è Mattia Bottani. La prima chiamata in rossocrociato è arrivata nel giorno del 31. compleanno. A quattordici anni di distanza dall’ultima convocazione di un giocatore ticinese attivo in un club del cantone: Mauro Lustrinelli, con il Bellinzona.
«Cosa dire... Forse i ticinesi, e penso anche all’esplosione e ai successi di Marchesano, necessitano di più tempo per emergere. Un po’ come gli attaccanti svizzeri in generale. Trovarne uno completo e decisivo sotto i 26-27 anni è molto difficile. Mattia e Antonio hanno vissuto una stagione eccezionale, trovando la piena maturità magari grazie alla famiglia o perché protagonisti in un club non ticinese. Come il sottoscritto ai tempi del Thun, hanno inoltre sfruttato le ottime prestazioni delle rispettive squadre. Sono contento per entrambi. Purtroppo tra i 50 giocatori della mia lista allargata, al momento, non vi sono calciatori ticinesi. Un vero peccato. Forse, tornando alla domanda, riconducibile ai tempi di maturazione più lunghi».


Alle porte, tra l’altro, ci sono i Mondiali in Qatar. E anche nel suo caso, mancavano pochi mesi al torneo in Germania, nel 2006. Bottani fa bene a crederci?
«Certo. Per un ct è quasi impossibile arrivare all’ora X con tutti i giocatori a disposizione. Ecco: è lì che l’occasione potrebbe fare l’uomo ladro».
Selezionando Mattia, Murat Yakin ha fatto valere il principio premiante le prestazioni del momento. Lei, con la U21, deve ragionare anche sul percorso. È corretto?
«In realtà, anche al mio livello i giocatori pronti e convocabili sono 25-28. Essenziale, come nel caso di Murat, è tenere sempre la porta aperta. Da quando sono alla testa della U21, in ogni caso, ben 12 giocatori hanno compiuto il salto di categoria. E nonostante questo, siamo riusciti a ottenere nuovi successi. Al contempo, la selezione maggiore ha trovato profili già all’altezza della situazione. Protagonisti. Mi vengono in mente i nomi di Okafor e Imeri».
È in rampa di lancio la possibile realizzazione di un centro nazionale. Immagino che il progetto, in quanto formatore ai massimi livelli, la entusiasmi.
«È così. A maggior ragione considerando che molte altre realtà, persino più piccole della nostra, beneficiano già di un’infrastruttura tale. Come Nazionale svizzera - con le sue diverse culture -, un centro del genere rafforzerebbe senza dubbio l’identificazione nella maglia. Un under 15 che oggi transita da Clairefontaine o Coverciano, per dire, prova delle sensazioni forti».
Per queste due gare ha puntato su 23 giocatori, 21 dei quali attivi in Svizzera. È la proporzione ideale, ragionando in termini di competitività e sviluppo del calcio elvetico?
«Più che sulle proporzioni, preferisco concentrarmi sul minutaggio nei rispettivi club. Che tra gli “svizzeri” è notevole. Ed è la cosa più preziosa per me, come tecnico che necessita di giocatori con il giusto ritmo nelle gambe. Poi, come successo lo scorso anno prima dell’Europeo di categoria, il mercato potrebbe stravolgere tutto. E non è per forza un bene. L’80% di chi parte non riesce a sfondare. E deve ritornare in Svizzera, come Kevin Rüegg ad esempio».


Nella lega cadetta, intanto, tornerà il «suo» Bellinzona. È felice?
«Molto. Sì, è una bella notizia. Per la piazza e, spero, per il bene del calcio ticinese. Per i ragazzi che escono dalla Promotion o dalla Prima Lega, il balzo in Super League è troppo grande. Ben venga, se si riuscirà a concretizzarlo, un percorso graduale che passa dalla Challenge».
Lei è stato un grande attaccante. In questo ruolo, il futuro rossocrociato sembrerebbe fare rima con Zeki Amdouni. È così?
«Il percorso di Zeki è stato particolare. Ricordo ancora il giorno che decisi d’incontrarlo, dopo averlo seguito a lungo. È un ragazzo che si è fatto da solo, all’Étoile Carouge prima e allo Stade Lausanne poi. Inizialmente, peccava d’intensità. Poi, grazie al lavoro quotidiano e a qualità indiscutibili, è esploso. È un giocatore duttile, completo, che vede la porta: un profilo che effettivamente manca al calcio svizzero. Credo però che avrà bisogno di altri due anni per imporsi definitivamente».
E di Bradley Fink, macchina da gol nelle giovanili del Borussia Dortmund e nazionale U19, cosa può dirci?
«Lo abbiamo seguito. E vogliamo dargli il tempo necessario per svilupparsi. È un classico numero 9, un bomber d’area di rigore che in futuro - sì - potrebbe rivelarsi prezioso per la Nazionale. Le caratteristiche di Fink, guardando alla sua generazione e a quelle vicine, sono uniche. Il passaporto anche inglese? In Svizzera, due giocatori su tre hanno doppia nazionalità. I rischi ci saranno sempre».
Domani la selezione maggiore sfida la Cechia. Lei è stato l’ultimo calciatore svizzero a conquistare Praga. Istruzioni per l’uso?
«Non sono più tornato a Praga, ma se dovesse accadere sono certo che troverei ancora tanta gente che mi vuole bene. La Cechia? Un buon mix di fisicità e tecnica. Se si trovano nella divisione A della Nations, un motivo ci sarà».