Calcio

Parla Vailati: «Che lusso a Lugano fra i pali, ma Saipi cambi le sue abitudini»

Il nuovo preparatore dei portieri del club bianconero si esprime per la prima volta sulle ragioni che lo hanno riportato in bianconero e sul cambio di gerarchie provocato dall'arrivo di David von Ballmoos
Germano Vailati, 45 anni, alle prese con la preparazione dei portieri bianconeri. © CdT/Gabriele Putzu
Massimo Solari
15.10.2025 21:00

Il Football Club Lugano lo ha ingaggiato mentre infuriava la tempesta. E, se possibile, la scelta della società ha accentuato ulteriormente il rumore attorno e all’interno della prima squadra. Quasi due mesi dopo, con le acque decisamente più calme, il nuovo preparatore dei portieri Germano «Rambo» Vailati ha fatto luce sulle ragioni del suo ritorno a Cornaredo.

L’annuncio di Vailati quale sostituto di Riccardo Di Benedetto ha seguito di pochi giorni l’umiliante eliminazione al primo turno di Coppa Svizzera, per mano del Cham. E, come in occasione del suo esordio in Lega Nazionale A con la maglia bianconera, nell’estate del 1999, il tutto è avvenuto in modo un po’ rocambolesco. Vero?

«Sì, le cose sono andate molto velocemente. Martedì ero l’allenatore dei portieri della U19 del Basilea e giovedì lo sono diventato della prima squadra del Lugano. Normalmente, oltretutto, si tende a intervenire sull’organico di uno staff tecnico durante la pausa estiva o invernale; perciò la chiamata da Cornaredo mi ha raggiunto in modo ancor più inaspettato».

Lavorava per le giovanili renane da oramai diversi anni. Quanto la chiamata del Lugano ha coinciso con un incarico che cominciava ad andarle stretto?

«Quando ho appeso le scarpette al chiodo, nel 2018, ho subito avvertito il desiderio di lavorare con i giovani, accumulando le prime esperienze da allenatore dei portiere e, di riflesso, dando il la a un percorso. Non solo: non nego di aver sentito il bisogno di staccarmi dal calcio professionistico, un ambiente che ho frequentato per una ventina d’anni. Quasi in apnea. Da un paio di stagioni, però, era tornata ad assalirmi la voglia di calcio vero. Poco importa dove. E quando si è presentata l’opportunità del Lugano, beh, l’ho accolta con grande felicità. Perché ero pronto ad affrontare una sfida del genere».

La sua investitura si è resa necessaria anche a fronte delle oggettive difficoltà dell’ex numero uno Amir Saipi. Come le è stato chiesto di intervenire su questa situazione individuale complicata e complessa?

«Parliamo di un portiere che non è ancora stato in grado di compiere il salto di qualità che ci si poteva attendere dopo diversi anni in Super League. E, per un motivo o per l’altro, nella carriera di un calciatore vi sono momenti in cui occorre guardarsi allo specchio, accettando o meno di rimettersi in discussione. È quanto effettivamente successo a Saipi dopo l’arrivo di von Ballmoos. Quello che posso dire, dunque, è che Amir - che per altro è un ragazzo straordinario - sta rispondendo in modo positivo. L’attitudine in allenamento è cambiata, ma ora deve pure lavorare sulle abitudini, trovando una certa disciplina sia dentro, sia fuori dal campo. L’obiettivo, infatti, è che possa performare meglio da un punto di vista atletico, a fronte di qualità invece indiscutibili, e penso alla bravura con i piedi, seconda a pochi in Svizzera. Di più: facendo un passo avanti sotto questi aspetti, sarà altresì possibile creare quella concorrenza leale che farebbe crescere l’intero gruppo di portieri».

L’attitudine in allenamento di Saipi cambiata, ora occorre che trovi una certa disciplina sia dentro, sia fuori dal campo

Restando al caso Saipi, Germano Vailati non ha dunque temuto di doversi rapportare a un profilo totalmente sfiduciato?

«Personalmente ho vissuto il tutto come uno stimolo. Dopo tutto, e stando al parere di molti addetti ai lavori, mi è stato affidato un portiere di talento. Per quanto si possa ancora porre l’accento sul concetto di talento a 25 anni e dopo oltre 120 partite in Super League. Non solo: a volte il lavoro batte il talento, se il talento non lavora. E in alcuni frangenti occorrono tempi duri per fare uomini forti. Negli ultimi anni, come tra l’altro successe anche a me a Sion, lo status di numero uno indiscusso ha evidentemente provocato un rilassamento in Saipi. Amir, però, dispone di un potenziale enorme sul quale val la pena insistere. Con il campionato in pieno svolgimento, non ero tuttavia sicuro di disporre del tempo necessario per intervenire nel modo più corretto. Per tacere della variabile mercato».

Ecco, appunto: del probabile arrivo di David von Ballmoos era già informato?

«No».

In che misura, però, il suo parere ha sposato quello del tecnico Mattia Croci-Torti, deciso a rivedere la gerarchia fra i pali a ridosso del match di San Gallo?

«È poco importante precisare di chi è stata la decisione, detto che l’allenatore si assume sempre e si è assunto anche in questo caso la responsabilità. Di certo si è trattato di una scelta da gestire, non da ultimo sul piano emozionale. E ci sta che Amir sia stato sorpreso dalla nuova valutazione dello staff tecnico. Non conosco giocatori che accettano di buon grado di perdere la maglia da titolare vestita per decine e decine di partite. Ad ogni modo, a interessare il sottoscritto non era tanto la reazione a caldo del soggetto, ma quella del giorno dopo. E Saipi ha senz’altro potuto riflettere e comprendere l’importanza di potersi riscattare in un ambiente meno esposto e quindi più protetto. Non mi spiego altrimenti il cambio d’atteggiamento che ha avuto in chiave costruttiva».

Lei ha abbracciato consapevolmente una carriera da numero due a 32 anni. E a Basilea si è ritrovato a tenere sul chi vive profili giovani, come quelli di Yann Sommer e Tomas Vaclík. A Lugano sta accadendo l’esatto opposto. Comprende la frustrazione di Saipi?

«Nella pianificazione di un club, hanno ragione di esistere entrambe le soluzioni. Dipende dalla linea scelta per il team di portieri. Con von Ballmoos, comunque, il Lugano ha puntato su un 30.enne, e dunque su un profilo nel fiore degli anni. Saipi non è invece più il talento acerbo, ma un estremo difensore a cui non manca l’esperienza, considerate per l’appunto le oltre 100 presenze nel massimo campionato svizzero. Perciò non intendo lamentarmi. Anzi. Per il Lugano e il suo preparatore dei portieri si tratta di un lusso; nessun’altra realtà di Super League, infatti, può contare su due elementi del genere. Di nuovo: la concorrenza che si è venuta a creare è sana. E se, come spero e credo, Amir saprà tornare più forte di prima e cogliere le sue chance, a beneficiarne sarà il club. D’altronde, von Ballmoos ha già avuto qualche problemino fisico in passato e non è detto che possa reggere 40 partite stagionali».

Nessun’altra realtà di Super League può contare su elementi del calibro di von Ballmoos e Saipi

Okay. Ma se Saipi cogliesse la palla al balzo e lasciasse Cornaredo già il prossimo inverno? Vailati sarebbe sorpreso?

«È una decisione che spetta ad Amir. E faccio parte di questo mondo da talmente tanti anni che non mi sorprende più nulla. Per giudicarla, in ogni caso, bisognerebbe valutare l’eventuale destinazione del giocatore. Mi limito quindi a ribadire la soddisfazione che sto trovando nel lavorare con lui e con gli altri portieri. E dirò di più: credo che diversi giocatori meritino - dopo il percorso degli ultimi anni - di mettere piede nella nuova AIL Arena. Promuovere uno zoccolo duro di calciatori, a mio avviso, è cruciale per l’ecosistema di un club».

A proposito di variabili interne. L’arrivo di Vailati, per l’allenatore, ha comportato la perdita di Di Benedetto, suo amico e braccio destro fidato. Come si è inserito in questa delicata dinamica interpersonale? Detto altrimenti: oltre a costruire un rapporto con i portieri della prima squadra, ha dovuto cercare di coltivarne uno anche con Mattia Croci-Torti?

«Con Mattia ci conosciamo da tanti anni. Abbiamo condiviso pure alcune stagioni ai tempi del Malcantone Agno e il nostro rapporto era ed è ottimo. Non ritengo quindi che lo stesso debba essere per certi versi forzato; andiamo d’accordo e personalmente ho piacere a collaborare con il Crus. Che poi decisioni del genere potessero provocare dei danni collaterali, anche in seno al gruppo portieri, visto l’ingaggio di von Ballmoos, era quasi inevitabile».

Dopo l’ultima vittoria casalinga contro il Grasshopper, Croci-Torti ha evidenziato il diverso impatto di von Ballmoos sullo stile di gioco bianconero. Come suo preparatore, e viste le numerose stagioni già accumulate dal diretto interessato, accetta la predisposizione più marcata al lancio lungo o le è stato chiesto di insistere sulla costruzione dal basso?

«In realtà, von Ballmoos è molto bravo con i piedi. Penso che il Crus si riferisse agli automatismi non ancora in pieno possesso di David, essendosi aggregato al gruppo da poco. E ciò a differenza di Saipi. Partita dopo partita, comunque, ho notato un miglioramento da parte di von Ballmoos, banalmente perché comincia a conoscere meglio i compagni. Detto questo, sono dell’idea che il portiere rimane un portiere, chiamato per prima cosa a parare. Limitarsi a quest’aspetto, nel calcio moderno, rischia però di essere un limite. Le esigenze degli allenatori verso gli estremi difensori sono aumentate nel tempo, a partire dalla ricerca della superiorità accettando la pressione avversaria».

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