Vi portiamo dentro il futuro stadio del Football Club Lugano

Un’ora e mezza preziose. Scoperta ed emozioni. Grazie all’impresa generale HRS Real Estate SA, alla Divisione sport e alla Divisione edilizia pubblica della Città, il Corriere del Ticino ha avuto il privilegio di visitare in esclusiva il cantiere dell’AIL Arena, opera vieppiù tangibile, primo tassello del Polo sportivo e degli eventi, nonché futura dimora del Football Club Lugano. Eccone il racconto.
David Dalsass, alla fine, cede. «D’accordo, scendiamo, ma solo per pochi minuti. E niente foto». Dopo aver ammirato e respirato a lungo gli ampi spazi esterni, il direttore esecutivo di HRS accoglie un ultimo desiderio. Il richiamo degli spogliatoi che saranno occupati dai bianconeri è troppo forte. È la pancia dello stadio ed è la nostra che ha bisogno di essere smossa una volta di più. Non ci sbagliamo. Perché abbassandoci di due piani, la bellezza della tribuna principale, con la sua vista perfetta sul rettangolo già verde e le comode poltroncine nere riservate ai fruitori della Business lounge, lasciano lo spazio a un dedalo magico. Siamo sotto il livello destinato al garage e a scandire i due corridoi principali, distanziate un paio di metri l’una dall’altra, sono decine di stanze. Le porte continuano ad aprirsi e a chiudersi, entrano ed escono operai con tute e caschi di colori diversi. Attenti a minuzie diverse. Sono da poco passate le 16 e il cantiere rimane in fermento. All’orizzonte, dopo tutto, è possibile scorgere l’ultimo chilometro.
Lo spogliatoio
Noi, infine, scorgiamo il luogo sacro di ogni squadra di calcio. Un semicerchio avvolgente, moderno ma non esagerato, nel quale sono stati perfezionati i posti per 25 giocatori. Oggi regna un silenzio quasi religioso. Ma, chiudendo gli occhi, avvertiamo un’energia speciale. Sì, è come se fosse già possibile ascoltare le ultime indicazioni del Crus prima andare in campo. «E lì, dietro, il club ha investito per allestire un’area wellness, con sauna, piscina e altri servizi» precisa Nicole Stoff, direttrice della Divisione edilizia pubblica e fra i capiprogetto del PSE. Ci accompagna e, va da sé, conosce ogni sfumatura della struttura, come Philippe Siffert, Project Owner AIL Arena per l’FC Lugano. Interpellato a raffica, riesce a dare un’anima a ogni locale che indichiamo. Ne è stato creato uno pure per il relax dei calciatori, con playstation e piccola cucina. Azzardiamo: verrà sfruttata maggiormente la prima.
La scalinata
Attraversiamo quella che sarà la zona mista. Altro stupore. Sopra la nostra testa penzolano decine di cavi. Sulla sinistra, appoggiate alla parete, si trovano invece numerose pareti di vetro, dietro alle quali prenderà vita una delle chicche volute dalla società bianconera, con i tifosi che potranno osservare da vicino i propri idoli a ridosso del fischio d’inizio delle partite. E a proposito: eccola, rivolgendoci a destra, la scalinata che conduce al terreno di gioco. Chiediamo di poter realizzare un brevissimo filmato. Accordato. Divertiti, simuliamo un’entrata in campo. Gli scalini non sono pochi. E più saliamo, più i battiti di cuore aumentano. No, non è affanno. È - semplicemente - il momento più toccante della visita. Perché una volta conclusa l’ascesa, mentre il prato dell’AIL Arena si concede di fronte ai nostri occhi, pensiamo a chi - soprattutto dal 2015 - ha dovuto e continua a convivere con le angustie del vecchio Cornaredo. Non solo. Pensiamo pure ai tanti bambini che, a fine maggio, parteciperanno al weekend di porte aperte organizzato dall’FC Lugano. Già, poiché sogni e aspirazioni passano anche da un nuovo stadio. Da una visione, appunto.
I maxischermi davvero maxi
«Visione». Nicole Stoff, che di formazione è architetta, pronuncia a più riprese questo termine durante la parte iniziale del nostro tour. Siamo tornati all’esterno, sulla tribuna costruita a partire dalle ceneri della indimenticabile Monte Brè. Il Monte Brè, quello vero, incute soggezione. Lo slittamento verso il Cassarate, d’altronde, ha reso ancora più incombente il suo sguardo indagatore. Vi facciamo caso a ridosso delle centralissime scrivanie dedicate alla stampa. A occuparle sono trapani e scatoloni ricolmi di viti. Il brusio dei macchinari, in sottofondo, è la colonna sonora di questa première. Oramai è una questione di aggiustamenti, di dettagli. Polvere e fantasie. «FC Lugano ha voluto apportare 135 migliorie al progetto votato alle urne» rammenta Stoff. «E, personalmente, ho vissuto questi interventi come un arricchimento professionale. Degli stimoli, sì, grazie ai quali uscire dalla mia, dalla nostra comfort zone». Il proprietario del club Joe Mansueto, è doveroso ricordarlo, ha accettato di investire una ventina di milioni di franchi per rendere ancor più spettacolari e affascinanti gli interni dell’arena.
Di qui la sua consegna definitiva rinviata al 27 febbraio 2026. «Nel quadro dei ritocchi voluti dalla società, la sostituzione delle celle frigorifere è forse quello meno appariscente; i due maxischermi di ultima generazione - al contrario - sono gli elementi più distinguibili» evidenzia Martin Blaser. Ha ragione. Sono enormi e, a differenza dei display presenti altrove, presentano delle ali che coprono l’intera larghezza delle curve. Wow.
L’idea: la Coppa dei due laghi
Il CEO bianconero, che pure affianca il CdT nel viaggio verso la nuova dimensione sportiva di Lugano, sta mettendo piede sul cantiere dell’AIL Arena «per la quarta volta». E la razionalità delle sue riflessioni non riesce a celare la fierezza dello sguardo. «Una simile concezione dell’area hospitality non esiste da nessun’altra parte» afferma, per esempio, alzando gli occhi e indicando la Premium lounge situata all’ultimo livello dell’impianto. «Non vedo l’ora, il weekend d’inaugurazione dell’arena costituirà il momento più emozionante. E per il Football Club Lugano, va da sé, si tratterà poi di un cambiamento radicale. Sì, l’AIL Arena influenzerà tutti, dalla prima squadra allo stagista». Influenzerà anche e soprattutto le abitudini e l’esperienza di tifosi e cittadinanza. «Non sarà subito tutto perfetto» riconosce sempre Blaser. «In qualità di inquilini esclusivi, sarà cruciale dimostrarsi all’altezza nei servizi offerti al pubblico, cercando di capire - partita dopo partita - come far brillare ulteriormente questo piccolo gioiello».
Mentre il sole si abbassa, luci e ombre giocano a nascondino lungo i quattro lati dell’anfiteatro bianconero. Un involucro compatto, che ha tutto per vivere una metamorfosi e trasformarsi in un catino incandescente. «Lugano, Lugano, Lugano!». È un boato che avvertiamo in lontananza e che la vetustà delle attuali infrastrutture, negli anni, ha in qualche modo strozzato. Intaccando ambizioni e opportunità.
Per dire: l’euforia, domani, potrebbe venire alimentata persino dai colori rossocrociati. Dalla nostra Nazionale. «Potrebbe, senz’altro, anche se i ricavi da biglietteria generati dalla selezione maggiore hanno un peso notevole nelle casse dell’ASF» tiene a evidenziare Blaser. «In uno stadio da 8.000 posti ha senso ospitare Liechtenstein o Gibilterra, non avversari più blasonati. Perciò è più realistico ragionare sugli incontri della U21 o della Svizzera femminile». Il delegato del CdA bianconero non si ferma qui. «Abbiamo detto no ai concerti, ma non chiudiamo a eventi strategici per il club. E butto lì un’idea: la Coppa dei due laghi, un’amichevole da disputare annualmente contro il Como». I biglietti andrebbero a ruba.
I primi spettatori
Tratteggiare prospettive accanto a un proposito infine divenuto materia è davvero eccitante. A Zurigo, invece, il nuovo Hardturm rimane un disegno su carta. In riva alla Limmat ci si continua a fare la guerra a suon di ricorsi e minacce più o meno velate. E così, per una volta, il provinciale e litigioso Ticino appare avere una marcia in più.
Blaser, che a Zurigo è legato, avendoci pure lavorato a più riprese, sorride sornione. Il vicesindaco e capo Dicastero sport Roberto Badaracco, da parte sua, tira un sospiro di sollievo. «Oggi, toccando con mano l’AIL Arena, provo un fortissimo orgoglio. Per ampiezza e portata finanziaria, il PSE potrebbe rivelarsi il cantiere del secolo per la Città. Per ritrovarci qui, a questo punto, l’impegno è stato immane. La mia soddisfazione è dunque proporzionale alla fatica richiesta dal progetto. E dalla relativa opera di convinzione politica di fronte a Consiglio comunale, privati e popolazione. Ma ne è valsa la pena. Perché Lugano, grazie al nuovo stadio, godrà di una visibilità diversa sulla scena nazionale e internazionale». Archiviate le interviste di rito, Badaracco e Blaser si accomodano nelle prime file. Chiacchierano e gesticolano, scrutando l’erba. Ed è come se stessimo osservando i primi spettatori dell’AIL Arena. In anticipo su un destino avvincente.



