Ambrì, il modo peggiore di chiudere una storia

Meritava di terminare in maniera diversa la storia d’amore – perché di storia d’amore si è trattato - tra Luca Cereda, Paolo Duca e l’Ambrì Piotta. Due tra i figli prediletti della Valle sono invece usciti di scena in maniera indegna: e non per colpa loro. Proprio il Cere e il Duke, cresciuti a pane e Ambrì. Bisogna saperla gestire, la fine di un innamoramento: il club leventinese lo ha fatto nel peggiore dei modi. Dopo le voci della vigilia, la conferenza stampa che ha sancito la separazione tra l’allenatore, il direttore sportivo e la società biancoblù, ha assunto sembianze surreali. Kafkiane, vien da dire. Tanto che, dopo una quindicina di minuti di piagnistei Lombardiani, ancora nessuno aveva ufficialmente capito cosa mai fosse successo tra le parti. E i dubbi permangono ancora adesso.
Mai, in passato, si è assistito a cotanta approssimazione, in una sorta di notte dei lunghi coltelli, soprattutto tra il presidente e Duca. No, la storia d’amore non meritava di finire tra le lacrime di coccodrillo del presidente, gli sfoghi di Duca, lo sguardo quasi assente di Cereda. Il club leventinese non ha esonerato la coppia, ma allo stesso tempo il coach e il ds non hanno rassegnato le dimissioni. Sì, kafkiano, vero? Eppure è finita, perché il club stava già guardando in altre direzioni. È terminata con un regolamento di conti, con il presidente seduto in mezzo alla coppia che oggi non c’è più, ma che si è presentata davanti ai media ancora con la divisa ufficiale del club. Un Lombardi e una dirigenza che hanno di fatto spinto verso un’uscita obbligata Cereda e Duca.
Ed è strano come un campione della comunicazione come Filippo Lombardi sia scivolato sulla più classica delle bucce di banana. Come se, all’improvviso, si fosse lasciato prendere dal panico come un novellino per un inizio di stagione nettamente insufficiente, ma non ancora compromessa. Non è la prima crisi di risultati che l’Ambrì ha vissuto sotto Cereda, il tempo per reagire c’era e c’è tutto, ma stavolta si è detto basta. Già, qualcosa si è rotto, come succede nelle storie d’amore. Ad uscire peggio da questa grottesca situazione è senza dubbio Lombardi. Il presidente, una settimana fa, abbracciava Cereda dopo il successo nel derby della Cornèr Arena e lo felicitava con un “tweet” pieno di affetto. Bella riconoscenza per quelli che più di una volta ha definito «come i miei figli».
La verità è che una dirigenza ha tutto il diritto di guardarsi attorno, quando le cose non funzionano. Ma c’erano modalità senza dubbio più eleganti per separarsi da Cereda e Duca. Bastava esonerarli dopo la sconfitta a Rapperswil o dopo quella con il Davos, senza magheggi e ingenui giochi di prestigio che oggi finiscono per indebolire la posizione stessa di Lombardi. Bastava parlarsi a cuore aperto, come si fa tra persone che hanno condiviso otto anni di gioie, delusioni, speranze e sofferenze.
Un Lombardi che – parole sue – ha affermato di aver rimesso il suo mandato al CdA. Ingenuo chi crede ad una prossima partenza di un presidente che – questa volta – è caduto nella trappola che lui stesso aveva teso. La riconoscenza non è però di questo mondo. Lo ribadiamo: non è scandaloso che il club abbia deciso di proseguire su altre strade. Scandaloso è invece il modo in cui la società si è comportata con due persone nelle cui vene scorre sangue biancoblù. Altro che valori unici che solo il miracolo dell’Ambrì Piotta sa veicolare.
Con l’addio di Cereda e Duca l’Ambrì Piotta perde di colpo una buona fetta della sua identità. Hanno commesso errori, alcuni dei quali anche clamorosi, ma hanno sempre messo il bene del club al di sopra di tutto e di tutti. Sarà capace di comportarsi in questo modo anche il successore? È vero, l’Ambrì esisteva prima di Cereda e Duca e continuerà ad esistere. Ma in un contesto complicato non solo sportivo, ma anche e soprattutto economico, non sarà facile per chi prenderà il loro posto proseguire sulla via di una continuità che deve far convergere obiettivi sportivi e bilanci. Discorsi, questi, del futuro prossimo. Per adesso in bocca rimane l’amarezza: no, il Cere e Duke non meritavano di uscire di scena in questo modo, dalla porta di servizio. Sperando che il contenzioso si fermi qui, senza finire in un’aula giuridica per ragioni finanziarie.