In corner

La legge di Pablo

A Bellinzona è saltato un altro allenatore, il quarto nel giro di dodici mesi - Bentancur comanda e può agire come crede, ma anche la pazienza del pubblico granata ha un limite
Massimo Solari
18.08.2022 15:45

Cosa doveva fare David Sesa? Vincere tutte le partite? Proporre, nel giro di un mese, un gioco suadente e dominante? E, quindi, trasformare una neopromossa con una rosa ridotta all’osso e un’identità tutta da plasmare in una «grande» della lega cadetta? Suvvia, non scherziamo. Anche se – e qui sta il paradosso – a fare sul serio è proprio chi sembra esigere tutto quanto appena elencato. In modo subitaneo, sì. Nella capitale, d’altronde, comanda, fa e disfa una sola persona. Che, appunto, detta legge. La sua legge. Composta, per altro, di un solo articolo, ribadito in una recente intervista a La Domenica: «Chi lavora qui deve capire che a Bellinzona si viene a vincere il campionato». Punto.

Peccato che Pablo Bentancur, patron del Comunale, abbia oltrepassato il confine che separa il buonsenso dalla cieca ambizione. Ancora una volta. Come accaduto con i vari Paiva, Aeby e Schällibaum. C’era da aspettarselo, purtroppo. E Sesa, persona squisita e intelligente, non poteva non averlo messo in conto. Quando, all’alba dell’estate, aveva deciso di abbracciare il progetto granata. Il Paese è piccolo, gli allenatori pochi, l’ambiente mormora. E la nomea dello sceriffo in carica, dunque, era nota. Già. L’ex giocatore del Napoli, tuttavia, non immaginava possibile un tale livello di prevaricazione. Non subito, quantomeno. Buono, intelligente, ma anche ingenuo... Quel «cerchiamo di costruire qualcosa che sappia resistere nel tempo», dichiarato alla vigilia del campionato, ci aveva non a caso strappato un sorriso. Nel giro di poche settimane, i consigli dell’uomo forte si sono infatti trasformati in moniti, diventando infine dita puntate e parole grosse. Ebbene, chi resisterebbe in queste condizioni? Un pazzo, forse. O banalmente un tecnico disposto a prestare nome e patentino. A fungere da marionetta di Mangiafuoco, insomma. Sesa, va da sé, ha preferito farsi da parte prima.

Così è (se vi pare). Di certo, e in parte ha persino ragione, Bentancur si sente legittimato ad agire in questo senso. Inseguendo i personali obiettivi senza compromessi. E, perché no, facendo presente alla piazza che soldi, giocatori e traguardi sportivi sono dopotutto farina del suo sacco. Che poi la consistenza del sacco in questione possa essere relativa, beh, non è da escludere. All’ombra dei castelli, in fondo, la trasparenza non va esattamente di moda, come dimostrano gli inspiegabili silenzi stampa imposti alla squadra nelle ultime due settimane. A porsi sempre più interrogativi è così il tifoso. Che giovedì mattina ha accompagnato l’espresso mattutino al Bar Granata con una bustina di sconforto e disincanto. «Disastro», «circo» e «tutta la Svizzera che ci deride», andavano forte al bancone, anticipando uno dei fenomeni più pericolosi per una squadra di calcio: la disaffezione del suo pubblico. Per scongiurarla, considerate le premesse, chi tira le fila dell’ACB dovrà forzatamente aggrapparsi ai risultati. La medicina più potente, in grado di curare ogni malanno. In attesa di un allenatore disposto a ingoiare altre pillole amare.

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