«Mettere mano ai circuiti di F1? Quasi come ritoccare la Gioconda»

Realizzare o revisionare un circuito di Formula Uno. Attività estremamente complicate che, però, permettono alle città del calendario della F1 di poter ospitare i Gran Premi. Abbiamo chiesto a Jarno Zaffelli, alla vigilia della tappa di Silverstone, cos’è il lavoro del progettista.
Signor Zaffelli, lei, insieme al suo team, realizza e revisiona circuiti, ma quando ha cominciato, l’idea era un’altra.
«Esatto. Era il 2000 e volevo realizzare un autodromo a Reggio Emilia. Durante le ricerche che ho eseguito, non solo progettuali ma anche economiche e operative, mi sono ritrovato a consultare autodromi già esistenti. E così ho cominciato. Il mio primo vero cliente è stato Misano, poi Mugello e Imola. Al tempo ero da solo, oggi siamo in 10 progettisti, senza considerare i collaboratori, i partner tedeschi ed esteri».
Dromo, la sua odierna società di ingegneria, si è costruita piano piano una reputazione a livello mondiale. Come ci è riuscita?
«Dromo è nata nel 2000, con il compito di progettare e realizzare autodromi, motodromi e kartodromi, ma non in qualità di costruttore, bensì come supporto a questi ultimi, grazie alle nostre tecnologie. In particolare lavoriamo con FIA e FIM per la revisione dei circuiti, ma anche Ferrari, Porsche, Stellantis, BMW, Aprilia e Ducati - per citarne alcune - usano piste nostre per sviluppare le loro vetture».
Dromo dunque realizza e supervisiona circuiti. Per quali di queste due attività siete più conosciuti?
«A livello di realizzazione di progetti, abbiamo fatto cose pazzesche: Zandvoort, per esempio, è stata rifatta per metà da noi. Inoltre stiamo finendo un autodromo e un kartodromo in Giordania, costruito in mezzo al deserto, e progettando il nuovo kartodromo di Silverstone. Sono tanti i progetti creati da noi, ma sicuramente l’ambito in cui siamo rinomati è il restauro e il miglioramento di autodromi già esistenti, che hanno problemi da risolvere. Questo accade perché ci si affida a dei contractor locali che non hanno le capacità adatte per realizzare delle piste in regola con le linee sempre più stringenti imposte dalla Motorsport. Ora ci stiamo occupando di Singapore, mentre le parlo passeggio proprio sulla pit lane».
In che cosa consiste, concretamente, il vostro lavoro di tutti i giorni?
«La gente pensa che sia un mestiere facile, che per sistemare 4 centimetri di asfalto basta rimetterne giù 4. In realtà è un compito estremamente complesso. Le rispondo con un esempio: quando abbiamo finito i lavori a Silverstone, nel 2019, dopo la gara Toto Wolff mi ha chiesto di spiegargli come mai in punti dove prima non si sorpassava, ora è possibile farlo. La verità è che abbiamo cambiato tutta la pista, ed è stato un lavoro enorme: pendenze laterali, livelli degli asfalti, larghezze della pista. Dal punto di vista dinamico, è stato cambiato tutto. Se si modifica un’inclinazione facendo in modo che dove prima il pilota non aveva appoggio, ora invece lo sente, è ovvio che lui percepirà di poter fare cose diverse. Dietro c’è un lavoro incredibile, dal disegno a mano libera e fino all’ingegnerizzazione dell’intera pista. Siamo gli unici al mondo che seguono i lavori dall’inizio alla fine, non creiamo solo dei documenti di specifica, ma agiamo sul campo per adattarli alla realtà in cui ci troviamo, aiutando i contractor a implementarli. Finora abbiamo realizzato 350 progetti, collezionando tanta esperienza, anche se non si finisce mai di imparare».
Un numero estremamente elevato. Dovesse scegliere quale di questi le ha dato più soddisfazione?

«Domanda difficile. Tutti me ne hanno data e ogni volta ho pensato di aver raggiunto il massimo del risultato. Questo in realtà mi deprime un po’, perché sono sempre alla ricerca di nuove avventure. Dopo Silverstone, ho pensato non avremmo più trovato una sfida altrettanto avvincente. Poi però è arrivato Zandvoort, un lavoro strepitoso, e poi c’è stato Spa. In Belgio ci hanno chiesto di rifare l’Eau Rouge e il Raidillon. Per capirci, è come se venisse chiesto a un pittore di ritoccare la Gioconda. Immaginate la pressione e la difficoltà. Dovessi però proprio scegliere, direi Zandvoort: siamo stati gli unici a progettare e costruire, con approvazione della FIA, una curva con un’inclinazione del 35%. E i piloti sono entusiasti del risultato».
L’ha citato già lei in precedenza, le chiedo dunque come descriverebbe il circuito di Silverstone, la prossima tappa del Mondiale di F1. Come suggerito, lei e il suo team lo conoscete come le vostre tasche.
«Eccome. Silverstone, prima che lo ritoccassimo nel 2019, era senz’altro il migliore autodromo d’Inghilterra, ma era stato realizzato malamente, dunque l’abbiamo dovuto modificare in tutti i sensi. Siamo andati talmente in profondità della pista, da trovare le piastre di cemento armato posate nel 1942, durante la Seconda guerra mondiale, quando era un campo di addestramento della Royal Air Force. Abbiamo cercato di non modificare troppo il layout della pista, comunque ricostruendolo. Abbiamo concluso il progetto in 16 giorni, dieci dei quali ha piovuto, terminando i lavori solo dieci giorni prima della tappa del Mondiale. L’abbiamo resa una pista velocissima, diventata una dei migliori al mondo. È un circuito che permette di lavorare su delle altezze estreme: molti piloti e costruttori aspettano questa corsa per vedere risolte tante difficoltà che hanno accusato da inizio stagione. Prima che Dromo intervenisse, ogni inverno il 20% della pista veniva cambiato. Dal 2019 a oggi non è più stata toccata».
Cosa mi può dire invece della direzione, che recentemente pare aver preso la F1, verso un futuro di tappe sempre più cittadine e di fascino?
«I piloti sono sicuramente contenti di provare nuove piste. Anche per la F1, in termini di business, è conveniente avere tappe cittadine, perché può portare il Motorsport al pubblico. Dal punto di vista della pista? I circuiti permanenti sono di gran lunga migliori. La bellezza di un tracciato, come Spa o Silverstone, non ha niente a che vedere con le tappe cittadine. Le geometrie sono completamente diverse».
Un’ultima battuta sull’andamento del Mondiale?
«Il vantaggio di Max Verstappen in classifica ora come ora è importante. Quando però metteranno a posto la Mercedes, o gli autodromi saranno migliori per lei, rivedremo Hamilton esattamente come prima. La Ferrari è bravissima, ma incostante. L’outsider? Alonso, un veterano sempre in agguato (ride, ndr)».