Il Circo Bianco, sotto il cielo di un inverno italiano

Le protagoniste e i protagonisti del Circo Bianco sono pronti a lasciare di nuovo il segno. E, come di consueto, ad accogliere i primi solchi della stagione 2025-26 sarà il ghiacciaio del Rettenbach. Nel weekend, il doppio gigante di Sölden lancerà un’annata storica, per appuntamenti e parabole. Già, poiché all’orizzonte si stagliano anche le Olimpiadi di Milano-Cortina. E sotto il cielo di un inverno italiano, non sono poche le stelle che cercheranno un luccichio sublime. Mauro Pini conosce bene e riconosce la portata dell’evento a cinque cerchi, ma preferisce affrontare una sfida alla volta. A maggior ragione nella nuova veste di responsabile della squadra maschile italiana di gigante e slalom.
Le prime prove di Coppa del Mondo in Austria rappresentano un nuovo inizio anche per il ticinese, reduce dal sofferto addio a Petra Vlhova, tutt’ora frenata dal grave infortunio al ginocchio destro subito nel gennaio del 2024. «Restare fermi è dura tanto per l’atleta, quanto per l’allenatore» sottolinea Pini: «Riparto dunque da un’opportunità, quella di tornare a guidare un team maschile a oltre 15 anni di distanza dall’ultima volta. Sulla scrivania avevo diverse offerte, ma la più stimolante è giunta dalla Federsci italiana, che ha saputo ravvivare il fuoco che avevo dentro».
«Al via come underdog»
Anche Pini, nel suo ruolo, sarà chiamato a riaccendere la fiamma di un settore che, oramai da diverse stagioni, fatica a emergere. Per dire: lungo l’ultima CdM sono arrivati due podi; gli ultimi successi in gigante e in slalom di un’atleta azzurro - per contro - risalgono al 2012 e al 2017. «C’è una grande differenza - precisa Pini - tra la gestione delle sciatrici di punta e il top del circuito maschile. In campo femminile, sono relativamente poche le atlete che - se tutto va bene - si contendono l’apice di gara in gara. Tra gli uomini è tutto meno scontato. Il risultato, detto altrimenti, non è garantito. E già un posto nei primi 10 è tanta roba. Sarei quindi fuori strada se, con i miei ragazzi, ambissi a infilare un podio dietro l’altro. Piuttosto, abbracciamo la stagione da underdog, consapevoli delle difficoltà incontrate di recente - sia in pista, sia fuori - e, di riflesso, con l’obiettivo di ricreare una squadra affiatata».
Anche perché a prendersi la scena, da anni, sono le colleghe, da Federica Brignone a Sofia Goggia, senza dimenticare Marta Bassino (finita kappaò proprio nelle scorse ore, ndr). «Ed è una dinamica non sempre facile da accettare, l’ho notato» ammette Pini. Per poi aggiungere: «Purtroppo manca un leader capace d’imporsi con costanza. Che, in fondo, è ciò per cui si scaldano il tifoso italiano e, a ruota, i media nazionali». Oddio, il problema interessa pure altre selezioni maschili di primo piano. «Tolte un paio di nazioni, la Svizzera ovviamente e forse la Norvegia, in pochi possono permettersi fuoriclasse in grado di catalizzare l’attenzione ogni weekend. La concorrenza, ripeto, è elevatissima». E, tornando all’Italia, a trascinare il gruppo condotto da Mauro Pini rimangono il 35.enne Luca De Aliprandini e il 26.enne Alex Vinatzer.
Una morte destabilizzante
Il tecnico di Airolo, che in passato ha accompagnato individualità del calibro di Lara Gut-Behrami, Tina Maze e Petra Vlhova, ha accettato di rimettersi in gioco in una dimensione collettiva. «È quello che cercavo a quest’altezza della mia carriera. E mi sto ancora adattando alla nuova situazione. La sfida consiste nel trovare il momento opportuno per sostenere uno o l’altro dei sei atleti sotto la mia gestione. Senza dimenticare lo staff, composto da una ventina di persone. Occorrono attenzione, sensibilità e abilità comunicativa».


E per il team azzurro non sono state settimane facili. La morte improvvisa di Matteo Franzoso ha, inevitabilmente, segnato e destabilizzato l’ambiente. «Quando è avvenuta la disgrazia, con i velocisti impegnati in Cile, noi ci trovavamo a Ushuaia» rammenta Pini. «Il contraccolpo però è stato enorme anche all’interno del nostro gruppo. Soprattutto i più giovani, cresciuti insieme a Matteo e dunque rimasti orfani di un amico ancor prima che di un collega, continuano a soffrire. Al netto dello choc, personalmente mi sono sentito molto vicino ai tecnici della velocità. Perché in materia di sicurezza, durante gli allenamenti, siamo i primi responsabili siamo noi. E si tratta di una responsabilità enorme. Tanta gente, tuttavia, fatica a comprenderlo. Non è come la F1 in cui i test vengono eseguiti su circuiti che presentano standard di sicurezza analoghi a quelli adottati in gara. Lo sci alpino è cresciuto in modo esponenziale a livello di espressione tecnica nel quadro delle gare, ma lo stesso purtroppo non vale per le condizioni di allenamento, spesso al limite. Il rischio zero non esiste e la mia categoria cerca di muoversi al meglio; non nascondo però che ci sentiamo un po’ soli. Con tutte le conseguenze del caso. Non solo. Il movimento italiano, che dopo le Olimpiadi necessiterà di un ricambio, ha perso tragicamente tre giovani atleti in poco tempo».
Quella generazione di stelle
I Giochi, già. Immaginiamo che occupi un bello spazio sul cahier des charges di Mauro Pini. «Credevo di avvertire subito una certa pressione e determinate aspettative e invece, al momento, regna una certa tranquillità» osserva il diretto interessato. «Nello sci alpino, d’altronde, la Coppa del Mondo costituisce un passaggio obbligato verso i Giochi. E il mese che li precede, oltretutto, è scandito da gare iconiche. Per tacere delle qualificazioni, variabile piu presente nelle grandi federazioni come la FISI. Poi, e ci mancherebbe, conteranno le medaglie, soprattutto se ottenute in casa».
Ad aspirare alla gloria olimpica, il prossimo febbraio, saranno tanti campioni. Per molti di loro, inoltre, sarà l’ultima volta. Pini annuisce. «Milano-Cortina offrirà un palcoscenico privilegiato soprattutto in campo femminile, dove stanno per tramontare i percorsi di una generazione incredibile di atlete. Da Lara a Vonn, passando per Brignone, Goggia, Holdener e forse Shiffrin. Sì, sarà uno spettacolo. Parliamo di sciatrici che hanno venduto e continueranno a vendere cara la pelle. Ultimamente, non a caso, solo una Ljutić e una Rast sono riuscite a farsi largo in questo gruppetto». E tra gli uomini? «Se in discesa è possibile intravedere una gerarchia abbastanza chiara, nelle discipline tecniche a farla da padrona è l’indecifrabilità. Non da ultimo poiché il tracciato di Bormio, a differenza della esigentissima Stelvio, rischia di fare una selezione minore» conclude Mauro Pini, che dopo gli ori olimpici regalati a Maze e Vlhova - sotto sotto - medita un’altra impresa.