Il prima e il dopo

Che cosa rimarrà di Roger Federer?

L’addio al tennis non è un addio al tennis, perché dopo la Laver Cup il fuoriclasse rimarrà in questo mondo come giocatore da esibizione, organizzatore, uomo immagine e monumento vivente a sé stesso
Stefano Olivari
15.09.2022 20:45

L’addio al tennis annunciato da Roger Federer non è un addio al tennis, perché dopo la Laver Cup di settimana prossima il fuoriclasse rimarrà in questo mondo come giocatore da esibizione, organizzatore, uomo immagine e in definitiva come monumento vivente a sé stesso. Insomma, il campione Federer forse si era ritirato già il 14 luglio 2019, dopo quella drammatica finale di Wimbledon persa contro Djokovic, ma l’icona pop Federer è un’altra cosa e vivrà per sempre.

Michael Jackson

Inutile elencare tutto ciò che Federer è stato come giocatore, sarebbe un’offesa per l’intelligenza del lettore o per la sua capacità di consultare Wikipedia. Mentre rimane interessante, adesso che la sua carriera è finita, valutare il suo impatto sull’immaginario collettivo pur praticando uno sport che in gran parte del mondo è scomparso dalle televisioni in chiaro. Qualche anno fa Andre Agassi, uno che di tennis ed immagine se ne intende abbastanza, ha detto parole definitive: «Federer è il Michael Jackson del tennis. Non per le sue sue tante vittorie o perché è conosciuto in tutto il mondo, questo capita anche ad altri sportivi e artisti di successo. Federer è come Michael Jackson nel senso che la gente percepisce ogni sua apparizione come qualcosa di unico, come un evento. Non c’è appassionato di tennis che possa accettare di non avere mai visto Federer dal vivo». Il fuoriclasse nato a Basilea è stato proprio questo, un evento fatto persona. E del resto è forse l’unico sportivo della storia a non avere mai avuto il tifo contro, nemmeno quando ha giocato in Spagna con Nadal e quindi figurarsi in altre situazioni.

Federer è come Michael Jackson nel senso che la gente percepisce ogni sua apparizione come qualcosa di unico, come un evento. Non c’è appassionato di tennis che possa accettare di non avere mai visto Federer dal vivo
Andre Agassi

I libri

Il suo gioco classico ed elegante, ma modernissimo per velocità e schemi (nei momenti giusti Federer sapeva giocare il percentage tennis almeno quanto Nadal e Djokovic), ha ispirato tanta cattiva letteratura: centinaia i libri scritti su di lui negli ultimi vent’anni, in questo momento di dedicati soltanto a Federer ce ne sono in commercio la bellezza di 44. Quasi tutti basati su informazioni che lui stesso dà o su cose di dominio pubblico: Federer non si è mai aperto, nemmeno in maniera romanzata come ha fatto proprio Agassi con J.R. Moheringer per Open. Alla fine la cosa migliore mai scritta su di lui è Roger Federer come esperienza religiosa, il saggio in cui David Foster Wallace dichiara l’impossibilità di comprendere Federer se non attraverso i suoi spettatori, per lo meno quelli che sanno cogliere i cosiddetti Federer moments, in cui corpo e mente sono la stessa cosa. Una delle ultime cose scritte da Wallace, due anni prima di suicidarsi: concetti magari banali, ma in cui ogni federeriano si ritrova.

La Svizzera

Non occorrerebbero sondaggi per sapere che Federer è lo svizzero più famoso del mondo, ma è interessante quello del 2016 condotto in 15 Paesi europei con la domanda «Qual è lo svizzero più importante della storia?». Vittoria per distacco del trionfatore in 20 Slam, davanti a Guglielmo Tell, Einstein, Henry Dunant, Rousseau e Heidi, intesa proprio come personaggio del cartone animato. Una classifica che mescola realtà e fiction, non a caso: anche dopo aver visto centinaia di sue partite Federer sembra quasi un personaggio di fantasia. Per lui il gradimento del pubblico è stato vicino a un’unanimità quasi spaventosa: si pensi che è stato il tennista più votato sul sito dell’ATP per ben 17 anni di fila. Fra le tante vittorie Federer va particolarmente orgoglioso di un secondo posto, quello del 2011 nella classifica dei personaggi più importanti del mondo, dietro a Nelson Mandela ma davanti a Bill Gates e Steve Jobs.

Il privato

Dire che Federer avrà adesso più tempo per dedicarsi alla famiglia non è giusto, perché lui dal 2009, da quando cioè sono nate le gemelle Myla e Charlene, la famiglia se l’è spesso portata dietro, e dal 2014, da quando sono nati i gemelli Leo e Lennart, fino a quando è stato possibile ha fatto la stessa cosa grazie anche all’organizzazione della moglie Mirka (e ai soldi per pagare le babysitter, ovviamente). Si pensi che nel 2019, ultima sua stagione a pienissimo regime, a 38 anni, Federer ha giocato 67 partite, contro le 68 di Nadal e le 72 di Djokovic… Insomma, nel suo caso la famiglia non è certo stata di ostacolo alla carriera: gli ha dato anzi una seconda e una terza giovinezza sportiva. Federer non dovrebbe quindi cadere in depressione per il troppo tempo libero, visto che purtroppo fra pandemia e operazioni, di tempo lontano dal tennis ne ha passato già tanto.

La dieta

È possibile che il campione diventi uno di quegli ex un po’ sovrappeso, visto che non è mai stato fedele a diete particolari, come Nadal, né tantomeno un fanatico come Djokovic. Viaggiando si è quasi sempre adattato agli usi della località del momento (a Roma lo si è visto mangiare gli spaghetti alla carbonara e non sembrava un favore allo sponsor Barilla), anche se in gioventù è stato vegetariano, e in definitiva ha sempre dato all’alimentazione un’importanza inferiore al servizio o al diritto. Le foreste distrutte per pubblicare libri su di lui non sono servite a sapere che cosa realmente faccia a casa dopo avere giocato con i figli e ascoltato un po’ di musica. Giusto che rimanga un certo mistero, ma come nel caso di altre icone planetarie, Borg su tutti, non c’è alcun mistero da svelare.

L'allenatore

Chi conosce bene Federer, quindi in sostanza nessuno, asserisce che lui abbia un istinto naturale per insegnare ma dubitiamo che abbia voglia di girare il mondo soffrendo per le partite di altri tennisti, inevitabilmente meno bravi di lui. Qualcuno come Lendl e McEnroe ciclicamente fa il superconsigliere, ma stare lontani da casa 11 mesi all’anno è un’altra cosa. Fra l’altro Federer si è sempre nella sostanza allenato da solo pur avendo avuto coach molto bravi: da Peter Carter e Ivan Ljubicic, passando per Peter Lundgren, Tony Roche, Severin Lüthi, José Higueras, Paul Annacone e Stefan Edberg, senza stare a citare i vari allenatori in seconda e i collaboratori. Per certi periodi, come nel 2004, Federer si è addirittura autogestito tipo il McEnroe dei tempi d’oro. Con quasi tutti i coach c’è stata, finché è durata, amicizia, ma il rapporto fra allievo e maestro-guru mai. Difficile quindi che Federer voglia intraprendere questa professione impegnativa, che non gli darebbe più gloria né soldi. Magari farà qualche comparsata televisiva o addirittura cinematografica, dopo tante proposte rifiutate, limitandosi a impersonare sé stesso. Impossibile vedere un altro Federer: lo sa lui e purtroppo lo sappiamo anche noi.

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