Belfor, tutti condannati

«Un vero e proprio sistema corruttivo, un meccanismo ben oliato truffaldino metodico e sistematico», così il giudice Amos Pagnamenta ha descritto il metodo messo in campo dagli attori del caso Belfor, la maxi-truffa assicurativa che ha visto alla sbarra ben nove imputati. Nove imputati nei confronti dei quali le condanne sono state pesanti: oltre 30 anni in totale quelli stabiliti dalla Corte delle Assise criminali. Gli imputati sono stati condannati a vario titolo per i reati di truffa per mestiere, amministrazione infedele aggravata e ripetuta, corruzione di privati e falsità in documenti.
Il focus principale della Corte delle Assise criminali è stato sull’unico accusato, l’ispettore assicurativo 61.enne patrocinato dall’avvocato Mauro Ermani, che ha contestato i fatti contenuti nell’atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli e che è stato condannato 4 anni e 8 mesi di detenzione. Una condanna contro la quale Ermani ha già preannunciato un ricorso in appello. L’altro assicuratore - un 59.enne difeso da Anna Grümann – che ha invece ammesso praticamente tutti i fatti che gli sono stati imputati e ha collaborato, è stato condannato (riconoscendogli l'attenuante del sincero pentimento) a 3 anni di carcere, di cui 24 mesi sospesi per un periodo di prova di 2 anni. Gli altri sette imputati, lo ricordiamo, hanno raggiunto da subito un accordo con l’accusa e hanno rinunciato al dibattimento. Per loro le pene stabilite dalla corte sono state le seguenti (sostanzialmente in linea con quanto patteggiato): 6 e 5 anni per i due fratelli ex dirigenti della sede Belfor di Lumino; 5 anni per la dirigente di un’azienda interinale coinvolta nelle truffe; 30 mesi di cui 24 da scontare; 24 mesi con la condizionale per due imputati e, infine, 14 mesi con la condizionale.
Mazzette e favori
I contorni della maxi-truffa orchestrata dagli ex dirigenti nella filiale ticinese della ditta specializzata in interventi edili di ripristino post sinistri (con sede a Lumino) erano già stati tracciati lunedì durante la prima giornata di processo. Un grosso giro di fatture gonfiate grazie a «impieghi fittizi» del personale per «prestazioni inesistenti, cantieri inutili e conseguenti ore fatturate», con un fiorire di guadagni illeciti che si traducevano in mazzette, favori e regali ad assicuratori, clienti e periti compiacenti. Il denaro entrava poi anche nelle tasche di chi gestiva il tutto: i due fratelli. Il totale delle fatture presentate alle compagnie è di oltre 16 milioni. Di questi almeno 5 sono stati «gonfiati». Ad essere danneggiate, la stessa Belfor, dichiaratasi sin da subito vittima dell’agire dei suoi ex dirigenti e costituitasi parte civile, oltre a cinque grosse compagnie assicurative.
Un ruolo chiave
In due di queste lavoravano, appunto, gli ispettori assicurativi. Due persone che godevano di una posizione di rilevo, oltre che di un ruolo chiave, all’interno delle rispettive compagnie. Un ruolo che corrispondeva a fiducia e a un largo margine di azione. Di questa posizione però, a mente dell’accusa, entrambi si sarebbero approfittati per poter commettere gli atti illeciti. Sul fronte opposto gli avvocati Mauro Ermani e Anna Grümann che, nelle loro arringhe difensive, si erano invece battuti per difendere l’agire dei loro assistiti, i quali si erano detti molto dispiaciuti per quanto successo. L’ispettore 59.enne aveva inoltre collaborato all’inchiesta e fornito una confessione.




