«Chi provoca disordini deve passare alla cassa»

«Chi provoca disordini o manifesta illecitamente deve assumersi i costi degli interventi di polizia». A chiederlo è un’iniziativa parlamentare elaborata sostenuta da una ventina di deputati del fronte borghese. Nell’atto parlamentare di Alain Bühler (UDC, primo firmatario) – sottoscritto da esponenti di Lega, PLR e Centro – si chiede in sostanza di modificare la Legge cantonale sulla Polizia e creare una base legale «per accollare perlomeno una parte delle spese degli interventi di polizia in caso di manifestazioni non autorizzate o che violano i limiti dell’autorizzazione». L’iniziativa, spiega il deputato democentrista, prende spunto da quanto avvenuto nelle ultime settimane, dopo che il Ticino – a Bellinzona prima e a Lugano poi – è stato teatro di diverse manifestazioni non autorizzate e di proteste che hanno creato «disordini e disagi alla viabilità, imponendo interventi di straordinari alle forze di polizia». Il diritto di manifestare, evidenzia Bühler nel suo atto parlamentare, «deve restare garantito», ma chi non rispetta le regole «deve assumersi le conseguenze delle proprie azioni, anche sotto il profilo dei costi che esse generano». Insomma, l’idea – già prevista da altri cantoni come Zurigo, Berna e Lucerna – è di chiamare alla cassa chi provoca disordini, in modo che le spese non siano interamente a carico di Cantone e Comuni.
Che cosa si chiede
Nel dettaglio, l’iniziativa prevede l’introduzione di un nuovo articolo all’interno della Legge sulla polizia, con cui – citiamo – «Polizia e Municipi possono esigere il rimborso delle spese all’organizzatore di un evento che richiede un intervento straordinario della polizia; al responsabile (perturbatore) di un intervento della polizia, se questi ha agito con dolo o negligenza grave; al gestore di un impianto di allarme per l’intervento in caso di falso allarme; a chiunque non rispetti intenzionalmente o con negligenza grave le condizioni di un’autorizzazione; a chiunque provochi interventi di polizia per interruzione o perturbamento della circolazione stradale; e a chiunque provochi eventi non autorizzati». Le spese dell’intervento di Polizia, viene poi spiegato, sarebbero fatturate per un massimo del 40% all’organizzatore e per un massimo del 60% alla persona che ha partecipato agli atti di violenza. In soldoni, all’organizzatore e alla persona «che ha partecipato agli atti di violenza o perturbamento della circolazione stradale» sarà addebitato un importo massimo di 20 mila franchi. In casi particolarmente gravi, invece, si rischia di dover sborsare fino a 50 mila franchi.
Le ragioni
«Certamente – rileva Bühler – si invocherà, a sproposito, un’intolleranza alla libertà di opinione». Tuttavia, sostiene, «non è corretto che la collettività debba farsi carico del servizio d’ordine di una sparuta minoranza di cittadini (e magari nemmeno residenti nel cantone) che vanno a occupare le strade, causando disagi non indifferenti o, peggio, danni». Il diritto di manifestare «resta garantito, ma l’articolo 22 della Costituzione federale non è assoluto: cede quando prevarica altre libertà come quella di movimento o quella economica. Bloccare arterie stradali senza alcuna autorizzazione non è l’esercizio di un diritto, ma un sopruso alla collettività». Diverso, dice, è l’esempio degli allevatori a Bellinzona: «Una protesta autorizzata, ordinata e incisiva, che ha dimostrato come si possa far sentire in modo chiaro la propria voce senza paralizzare una città e senza scaricare i relativi costi dei dispositivi di sicurezza sui contribuenti. Ovvio, in questo caso non c’è il gusto della disobbedienza civile».
Parola ai tribunali
Il testo ticinese, come detto, si ispira a quanto fatto in altre realtà svizzere. Sul tema, però, si è chinato anche il Tribunale federale. Già, perché come rileva nell’atto parlamentare Bühler «l’obbligo (parziale) di rimborso delle spese va messo sulla bilancia per quanto attiene alla libertà di espressione, ma anche al legittimo interesse dei cittadini a che non siano le finanze pubbliche (e quindi le loro imposte) a doversi sempre e sistematicamente sobbarcare le spese di manifestazioni di una esigua minoranza di cittadini». Prendendo in esame la legge di Lucerna, l’Alta Corte «non ha nascosto che un obbligo di rimborso possa avere un effetto dissuasivo», ma ha sostenuto pure che «affinché l’organizzatore sia tenuto al pagamento delle spese è necessario che egli abbia violato, intenzionalmente o per grave negligenza, condizioni di autorizzazione ossequiose della proporzionalità». L’organizzatore, quindi, «può escludere il rischio di un rimborso spese grazie al proprio comportamento, poiché è tenuto a sostenere i costi solo in caso di violazione almeno gravemente negligente delle condizioni di autorizzazione». In pratica, scrive Bühler, «secondo il TF non si può affermare che abbia un effetto dissuasivo sproporzionato che scoraggia gli organizzatori di manifestazioni, in quanto titolari di diritti fondamentali, dall’esercitare il diritto fondamentale alla libertà di riunione». Il Tribunale federale ha anche trattato la legge del canton Berna e, in una sentenza, ha precisato che «la pubblica sicurezza non lascia spazio a manifestazioni con atti illeciti o con finalità violente», concludendo che «non vi fosse a priori uno sproporzionato effetto dissuasivo». Per contro, nell’agosto scorso il Tribunale amministrativo del Canton Zurigo ha trattato il caso di un attivista per il clima che si era visto addebitare 1.500 franchi di rimborso spese dopo essersi seduto su una strada, bloccandone il transito. Secondo la Corte, però, la normativa zurighese «non permetteva di accollare spese per chi pacificamente e senza creare violenza interrompe il traffico». La destra cittadina ha presentato con successo un’iniziativa e la modifica di legge che prevede il riversamento dei costi di Polizia sui manifestanti dovrebbe entrare in vigore nel 2026. Ma l’ultima parola spetterà al Tribunale federale.
Un effetto deterrente visto di buon occhio dalle Città
La proposta parlamentare è stata salutata favorevolmente dalla capodicastero Sicurezza di Lugano, Karin Valenzano Rossi. Proprio sabato, nella città in riva al Ceresio si è svolta una manifestazione antifascista che ha bloccato le vie del centro – e che è stata oggetto di una contro-manifestazione a cui hanno preso parte una quindicina di presunti esponenti di estrema destra –, la terza nel solo mese di ottobre (le prime due erano a sostegno della Palestina). Il tema dei costi è sul tavolo da tempo: basti pensare che sabato quasi tutti gli agenti della Polizia della Città di Lugano erano in servizio oltre al dispositivo del Cantone. «Sono favorevole; chi organizza manifestazioni o eventi che cagionano costi alla collettività dovrebbe essere chiamato alla cassa», afferma Valenzano Rossi. Che rilancia: «Il discorso andrebbe esteso anche a tutti gli altri costi indiretti, come quelli legati alla pulizia e atti vandalici». Certo, è complicato se i manifestanti agiscono a volto coperto (sabato lo erano sia quelli di estrema destra che alcuni del corteo antifascista), «ma chi organizza questi cortei dovrebbe rispondere per i partecipanti che attira». «Ho grande comprensione - prosegue - per chi rispetta le regole e non può muoversi liberamente in città; particolarmente fastidioso è quando una manifestazione è palesemente strumentale, come quelle alle quali stiamo assistendo sempre più spesso. Manifestare è un diritto. D’accordo protestare, ma farlo ogni settimana dà l’impressione che la questione non è rendere attenta l’opinione pubblica, bensì dare fastidio o generare casino a spese dei cittadini: non importa la ragione, l’importante è manifestare».
Anche per Mauro Minotti, capodicastero Sicurezza di Bellinzona, l’idea potrebbe servire da deterrente. «Lo scopo non deve certo essere quello di limitare chi manifesta, ci mancherebbe. Ma credo possa essere utile per disincentivare quei pochi che, approfittando di una folta partecipazione, si trasformano in facinorosi e creano disordini o, peggio, compiono atti vandalici». Per un Comune, ricorda inoltre Minotti, è fondamentale che prima di manifestare venga richiesta l’autorizzazione. «E questo perché dobbiamo poter predisporre e allertare tutta una serie di servizi, dall’ambulanza ai pompieri». Si tratta, dice, di un tema di «ordine pubblico»: «Probabilmente, molti non si rendono conto di tutto ciò che gira attorno a una manifestazione. Invece, il primo pensiero per il Comune deve essere quello di garantire la sicurezza di tutti».
«Le manifestazioni sono un diritto fondamentale, ma non possiamo ignorare il peso che ricade sul personale di polizia e sulla collettività», rileva la capodicastero Sicurezza di Locarno, Elena Zaccheo. «Ogni evento straordinario significa sospendere i congedi degli agenti, sottrarre tempo alle loro famiglie, accumulare ore extra, impegnare mezzi e riparare danni. Significa anche togliere risorse alla prossimità, a chi ha bisogno di aiuto nel quartiere, e ritardare interventi non urgenti per mancanza di personale. Inoltre, le interruzioni del traffico e del trasporto pubblico possono ostacolare persino i mezzi di soccorso, con rischi diretti per la popolazione. Per questo ritengo che il principio di responsabilità vada rafforzato: chi organizza e beneficia di una manifestazione deve collaborare anche alla copertura dei costi che essa comporta. È un passo nella giusta direzione per tutelare i diritti di tutti, senza gravare sempre sulla stessa uniforme». L’obiettivo, conclude «non è spaventare chi vuole partecipare alla vita democratica. Anzi! Occorre distinguere tra eventi collaborativi, pacifici e organizzati e situazioni che creano danni o problemi prevedibili. Non si tratta di un balzello, ma di una ripartizione equa dei costi».





