«Con la mappa delle zone rosse, qui in Bavona possiamo guardare avanti»

Bavona, anno uno. Si apre un capitolo di certezze. Dopo l’inaugurazione dei lavori di ricostruzione del ponte di Visletto, distrutto dalle colate detritiche provocate dalla potente alluvione che si era abbattuta anche nella vicina Lavizzara, ecco che martedì sera il Cantone ha presentato la mappa delle aree di pericolo in corrispondenza dei torrenti Larechia, Magnasca, Ritorto e d’Ogliè. «Una serata costruttiva e ben preparata dai funzionari», spiega la sindaca, Wanda Dadò, al Corriere del Ticino. «Sono state chiarite alla popolazione le “zone rosse” in maniera chiara e comprensibile».
«Informazioni tanto attese»
Una sorta di «manuale» per il futuro del comparto: «Si tratta di linee guida molto dettagliate delle quali terremo conto per il progetto partecipativo di ricucitura. Queste informazioni erano attese, in quanto rappresentano la base di partenza per proteggere e ricostruire là dove possibile», aggiunge la 63.enne.


Il suo riferimento è all’iniziativa rivolta alle persone interessate ad esprimersi su come dovrà diventare, un giorno, quella parte devastata dal nubifragio che, nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2024, aveva provocato, considerando anche il Comune limitrofo di Lavizzara, la morte di otto persone (ufficialmente sette, una è sempre dispersa) oltre a ingenti danni materiali spazzando via aziende, veicoli e intere abitazioni. Nell’area considerata dallo studio appena consegnato, invece, a perdere la vita sono stati in cinque.
«Dieci case in aree critiche»
«Era più o meno quel che ci aspettavamo, ma è stato importante sapere quanto materiale si trova ancora sui riali e quanto potrebbe ancora scendere», confida la nostra interlocutrice, dando un’occhiata al documento messo in mano al Municipio dagli esperti di Bellinzona. «All’interno dei settori più a rischio sono stati inseriti meno di dieci edifici, principalmente quelli visibili sulla parte destra, guardando verso l’alto il luogo della grande frana a Fontana. È qui che troviamo tre costruzioni molto vicine tra loro: due case e una stalla. Inoltre, ad Alnedo ci sono altre dimore in zona blu (sulle quali pende un livello di minaccia medio, ndr), per le quali dovremo aggiornare il piano d’emergenza, e lo stesso discorso vale pure per una stalla non toccata dal disastro, ma che si trova comunque in un punto dove potrebbero esserci problemi».
«Una delle piene più intense»
Le conseguenze dell’evento dell’estate scorsa iniziano ad avere contorni più definiti: «Fino a qualche mese fa, conoscevamo solo i pericoli sulla strada. Ora, con questi nuovi rilevamenti, dovremo includere una serie di ragionamenti su vari immobili ad Alnedo, Fontana, Bosco e Mondada».
L’appuntamento organizzato dal Dipartimento del territorio ha permesso ai tecnici di descrivere il devastante fenomeno naturale: «È stato uno dei più intensi nel suo genere mai registrato nelle Alpi», si legge nel testo introduttivo del rapporto. «Una serie di ricostruzioni hanno permesso di capire che, oltre alle forti piogge concentrate in poco tempo, c’erano pure altri fattori che hanno aggravato la situazione. Come un’importante quantità di neve, l’attivazione contemporanea di tutti gli affluenti laterali e una particolare configurazione del terreno, dove un gigantesco masso ha influenzato la dinamica. Elementi che hanno aumentato il volume della piena, rendendola più potente».
In autunno nuovi dati
Il nuovo strumento di sicurezza dovrebbe permettere di evitare il ripetersi della tragedia e dell’incubo vissuti in passato, perché - come rilevato dagli stessi ingegneri - un’approfondita ricerca storica ha rivelato che il luogo è stato teatro «di un evento altrettanto catastrofico a cavallo tra il 1400 e il 1500, manifestando nei secoli successivi “unicamente” piene ordinarie o di limitata entità».
Se l’analisi al momento considera solo la sponda sinistra, «per quanto riguarda il fiume Bavona ci è stato assicurato che riceveremo le carte dei pericoli in autunno, completando ad esempio la valutazione di Roseto. L’innalzamento del fiume in quella zona rappresenta un’insidia da valutare con attenzione, ma i dati necessari ci verranno forniti nei prossimi mesi», conclude Dadò.

Il confronto nella mappa di Swisstopo: link qui
Le foto delle aree colpite nella mappa di Swisstopo: link qui
Il bilancio del disastro
Nel corso della notte fra sabato 29 e domenica 30 giugno 2024, violenti e prolungati temporali hanno colpito l'alta Vallemaggia, tra le valli Bavona e Lavizzara. Ad oggi una persona (un giovane della valle) risulta ancora dispersa, mentre si registrano sette morti: una 76.enne e due 73.enni tedesche, residenti nel Land del Baden-Württemberg, una 61.enne svizzera del canton Basilea Campagna e un 67.enne svizzero del Locarnese (i cui due corpi erano stati ritrovati a Riveo, nel greto della Maggia), un altro 66.enne svizzero del canton Basilea Campagna e una 67.enne svizzera domiciliata nel Locarnese (i cui due corpi erano stati rinvenuti a luglio nel greto del fiume all'altezza di Cevio). Cinque vittime erano a Fontana (Val Bavona), due a Prato Sornico e il disperso al Piano di Peccia (sempre in Lavizzara). Si tratta del bilancio più grave legato a una catastrofe naturale mai registrato in tempi recenti a Locarno e dintorni. L'alluvione del 1978, tanto per fare un esempio, aveva provocato sette morti (quattro nel Locarnese: Comologno, Losone, Ascona, Verscio; uno a Bellinzona e due in Val di Blenio, oltre a una quindicina in Italia, tra Val Vigezzo e Ossola). Il nubifragio in Mesolcina, di una settimana prima rispetto a quello in alta Vallemaggia, tre.