La scienza

EnMAP, ecco il satellite «per salvare il pianeta»

Un laboratorio «volante» a 700 chilometri di distanza dalla Terra terrà d'occhio i cambiamenti climatici
Jona Mantovan
21.06.2022 06:00

Un avanzatissimo laboratorio sta «fluttuando» a 700 chilometri di distanza dalla Terra. Si tratta di EnMAP, un satellite tedesco appena lanciato e che tiene d'occhio l'evoluzione dell'ambiente e, di conseguenza, dei cambiamenti climatici. Si tratta, ad oggi, del sistema di osservazione del nostro pianeta più completo disponibile, dopo la missione italiana PRISMA (del 2019). Gli scienziati potranno ottenere i dati tra non molto, una volta terminata la fase dei primi esami. Un «aggeggio» supertecnologico che potrebbe salvare il pianeta o, perlomeno, aiutare l'umanità a compiere le scelte giuste per combattere i cambiamenti climatici.
La tecnologia alla base del «super occhio» tedesco permetterà di misurare una quantità di informazioni su acqua, suolo e vegetazione a un livello di dettaglio mai visto prima. L'Environmental Mapping and Analysis Program (questo il nome completo di EnMAP), è in grado scorgere fenomeni invisibili su vasta scala, dal livello di inquinamento di un fiume allo stato di salute di una foresta. 

La chiave che permette di ottenere tutte queste informazioni è nei suoi sensori «iperspettrali», che permettono di vedere ben oltre la normale luce visibile a occhio nudo. Ogni situazione, se a una vista superficiale potrebbe sembrare uguale, presenta una sorta di «impronta» nelle varie frequenze invisibili a occhio. Analizzando le varie frequenze riflesse dalla superficie, si può capire se un bosco sta bene o se una riserva idrica è contaminata.

È come passare da una fotografia in bianco e nero a una a colori. Questi nuovi sensori ci danno uno spettro continuo.
Mirco Boschetti, ricercatore

«EnMAP è un importante contributo alle sfide relative all'osservazione della Terra — dice Claudia Giardino, ricercatrice all'Istituto per il telerilevamento elettromagnetico dell'ambiente del Consiglio nazionale delle Ricerche — e raccoglie informazioni in un sistema di lunghezze d'onda dalla luce visibile fino all'infrarosso medio». Il suo collega di lunga data, Mirco Boschetti, fa capire quanto sia grande il salto di qualità con questo nuovo strumento: «È come passare da una fotografia in bianco e nero a una a colori. Questi nuovi sensori ci danno uno spettro continuo. In pratica, è come avere un piccolo laboratorio, di solito con macchine molto sofisticate dentro un ufficio, che vola nello spazio. Da lì, effettua misure su porzioni di territorio della grandezza di 30×30 metri, proprio come si farebbe con uno spettrometro che abbiamo qui sulla Terra».

Tutte le informazioni sulla vegetazione ci daranno la possibilità di farci un'idea del livello di biodiversità, della funzionalità degli ecosistemi e del loro livello di stress
Micol Rossini, docente e ricercatrice

Una delle sfide più importanti sta nel riuscire a estrapolare delle informazioni a partire dai dati presenti sulle immagini. È questo l'ambito peculiare nel quale operano i due scienziati, oltre a Micol Rossini, docente all'Università Bicocca di Milano.
Forti dell'esperienza avuta con PRISMA, sviluppano una serie di applicazioni che potranno «girare» sui dati prodotti da EnMAP. «Il nostro scopo, come quello della comunità scientifica in generale, è quello di portare valore aggiunto a partire dai dati grezzi», sottolinea Boschetti, il cui ambito di ricerca è orientato alle applicazioni nell'ambito agricolo.

La comunità scientifica vuole che l'agricoltura diventi una soluzione e non una parte del problema, trasformandosi in consumatore di energia e in un emettitore di gas serra
Mirco Boschetti, ricercatore

L'agricoltura

Grazie alle informazioni trasmesse dallo spazio, Boschetti è convinto del fatto che sarà possibile «ridurre la quantità e la frequenza delle fertilizzazioni, circoscrivendole unicamente a quelle condizioni in cui realmente servono, come pure alla diminuzione dei trattamenti con pesticidi, da applicare soltanto quando i campi sono attaccati dai patogeni». Ma non è tutto. Il suolo può essere analizzato anche a stagione conclusa. È la cosiddetta «carbon farming», vale a dire il «sequestro di carbonio nel terreno». «È possibile valutare la quantità di residui colturali dopo il raccolto, una parte fondamentale del ciclo del carbonio, perché proteggono i suoli dall'erosione», dice l'esperto, che sottolinea come questo tipo di analisi può essere permessa unicamente da un dato iperspettrale. «La comunità scientifica vuole che l'agricoltura diventi una soluzione e non una parte del problema, trasformandosi in consumatore di energia e in un emettitore di gas serra».

Il satellite passa più volte sulla sua orbita, questo ci permette di produrre mappe con un andamento temporale, per capire l'evoluzione di un dato fenomeno
Micol Rossini, docente e ricercatrice

La vegetazione

Micol Rossini, invece, si occupa dello studio della vegetazione. E sottolinea il vantaggio di avere un satellite che passa più volte sopra la stessa orbita: «Possiamo produrre delle mappe con un andamento temporale, per capire l'evoluzione di un dato fenomeno». E il nuovo «occhio tedesco» permette di analizzare molte cose. «Dall'indice dell'area fogliare al contenuto dei pigmenti, oppure al contenuto d'acqua nelle foglie... Tutte queste informazioni possono essere collegate tra loro per farsi un'idea del livello di biodiversità, della funzionalità degli ecosistemi e del loro livello di "stress". E mettere in relazione le condizioni con i cambiamenti climatici oppure a eventi meteorologici estremi, che si verificano sempre più spesso». 

Un'altra applicazione interessante è quella relativa allo stato della neve e del ghiaccio: «In questo campo, sarà possibile avere indicazioni molto precise sul rischio di valanghe», conclude l'esperta.

Il satellite riesce a identificare le specie di alghe nelle acque che possono potenzialmente sviluppare tossine
Claudia Giardino, ricercatrice

L'acqua

Per quanto riguarda l'acqua, un altro «cavallo di battaglia» di EnMAP sta nel riconoscimento dei pigmenti algali. Lo spiega Claudia Giardino, che lavora proprio su questo: «Il satellite riesce a catturare i picchi di assorbimento caratteristici di ogni specie e identificare quelle che possono potenzialmente sviluppare tossine. La diffusione di queste fioriture nocive, purtroppo, sta aumentando sempre di più e con intensità sempre maggiori. E anche i sistemi lacustri sono sempre più affetti dall'intensificazione di queste fioriture». E più informazioni ci sono su questi fenomeni, più sarà possibile capirne i meccanismi che li regolano.

I satelliti lanciati dai vari programmi lavoreranno in sinergia per aumentare la capacità di osservazione di tutto il globo terrestre
Claudia Giardino, ricercatrice

Prisma, EnMAP, Chime

Il vortice di sigle potrebbe far girare la testa. Le missioni che sfruttano tecnologie molto simili tra loro sono promosse da più Paesi. È una competizione? Questi «gingilli spaziali» contengono altre componenti, oltre a quelle «ufficialmente dichiarate»? Magari qualche tecnologia particolare per lo spionaggio? I tre interlocutori ci tengono a precisare che le cose stanno diversamente. «Non c'è nessuna competizione, Italia e Germania contribuiscono ai programmi di ESA e di Copernicus — dice Giardino —. PRISMA prima, EnMAP ora e presto Chime di Copernicus lavoreranno in sinergia per predisporre una flotta di sistemi iperspettrali che lavoreranno insieme per aumentare la capacità di osservazione di tutto il globo terrestre».

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