Gli scout sono tornati a casa con «il Jamboree nel cuore»

Ha il sapore dell'estate che giunge al termine l'ultimo picchetto smontato dalle tende del World Scout Jamboree. Zaino in spalla, gli scout provenienti da 153 nazioni sono tornati a casa. Ma non prima di riunirsi, tutti e 42.300, nello stadio della Coppa del Mondo di Seoul per festeggiare insieme la fine dell'avventura. «È stata una riunione gioiosa – fa sapere la delegazione svizzera –. Il momento culminante è stata la cerimonia di chiusura con diversi gruppi K-Pop. Molti partecipanti hanno raccontato le loro esperienze più belle e sono stati felici di fare un'ultima riunione insieme. Sono stati scambiati anche gli ultimi ricordi. La bandiera è stata consegnata al comitato organizzatore del prossimo Jamboree, che si terrà tra quattro anni a Danzica, in Polonia».
Non è stato un campo scout facile, ve lo abbiamo raccontato. L'ondata di caldo e il temuto arrivo di un tifone hanno costretto i partecipanti internazionali a prendere strade diverse e optare per un proseguimento decentrato. Ma lo spirito scout ha dimostrato che «si può affrontare qualsiasi cosa insieme». La delegazione svizzera, negli ultimi giorni, è stata distribuita in dieci località di Seoul dove è stato messo a punto un programma che consentisse loro di sperimentare gli scorci del Paese e della cultura coreana.
Il ticinese Gioele: «È strano, ora, essere a casa»
Cosa si portano a casa, i ragazzi, da queste settimane? Lo abbiamo chiesto a Gioele Mengani, 14 anni. «Posso dire che è stata un'esperienza spettacolare, l'atmosfera nel nostro reparto e in generale tra gli scout provenienti da tutto il mondo era fantastica, nonostante le difficoltà incontrate. Abbiamo affrontato tutto con ottimismo e ci siamo divertiti». Ovviamente, le difficoltà ci sono state: «Quando sul telefono ci arrivavano avvisi di canicola, abbiamo avuto paura che avrebbe seminato vittime anche al campo – confessa il giovane –. Quando poi sentivamo notizie di ricoveri all'ospedale del campo, il timore si è fatto più forte. Poi, però, è cambiata la gestione, che è passata al Governo sud coreano, e tutto si è sistemato. C'era ovunque personale che distribuiva bottiglie di acqua fredda, sono arrivate decine di cooling bus in cui entrare per stare un po' al fresco, hanno anche posizionato delle piscine in ogni quartiere. La qualità dei bagni e delle docce è migliorata radicalmente. Quindi, dopo qualche giorno tutto si era sistemato. Ci sentivamo al sicuro e quasi coccolati dai coreani, un popolo gentilissimo e molto accogliente». La notizia del trasferimento a Seoul per il tifone Khanun «è stata inizialmente scioccante», ma una volta giunti nella capitale «ci siamo subito tranquillizzati, scherzandoci sopra e continuando a divertirci come prima. Eravamo al sicuro e tutelati».


Che dire del viaggio di ritorno? «È stato davvero strano», taglia corto Gioele. «Il morale era un po' basso, perché si avvicinava l'ora di salutarci. Ma ci siamo comunque goduti gli ultimi momenti insieme. È grottesco, sono passato da un campo scout con più di 42 mila persone alla mia famiglia di quattro. I nuovi amici già mi mancano, così come l'atmosfera di divertimento e scambio culturale che ho vissuto. Sono felice di essere a casa, ma potendo scegliere sarei rimasto ancora qualche giorno al Jamboree». Un'esperienza che il 14.enne ticinese, entusiasta, ripeterebbe «al volo». E della quale condivide un particolare momento: «Durante uno dei primi pranzi un ragazzo indonesiano ci ha offerto delle patatine tipiche del suo Paese. Ci ha spiegato che erano "Bawang goreng", cipolle fritte nell'olio di girasole che consumano sia come condimento, sia come snack. Abbiamo condiviso una bellissima chiacchierata che mi ha in qualche modo dato il benvenuto e introdotto al Jamboree, luogo di scambio e nuove conoscenze».
«Quando ho salutato i ragazzi mi è scesa una lacrima»
Aprire la porta di casa «è stato strano». A usare lo stesso termine di Gioele è Federica Caruso, per tutti «Zanzara», Troop Leader Head per uno dei due reparti ticinesi del contingente svizzero. «Parliamo con amici e parenti che hanno vissuto tre settimane "normalmente", mentre per noi sono state intense e speciali, quasi un'intera vita di avventure. Mostriamo loro badge, foulard, consegniamo souvenir, regalini e cibo da fare assaggiare. Ma il vero legame rimane nel gruppo: facciamo battute senza contesto e le capiscono tutti, parliamo di un posto o di una persona e subito si palesa un'immagine. Non è facile descrivere a chi non c'era la profondità di quello che abbiamo vissuto».
Anche la 26.enne parla di un viaggio di rientro un po' sottotono: «L'eccitazione di una grande esperienza da vivere, vissuta all'andata, ha lasciato il posto alla consapevolezza di tornare alla vita di tutti i giorni». Una volta atterrati a Roma, qualcuno si è concesso una pizza «per riassaporare casa». Poi la tratta fino a Mendrisio. «Una volta scesa dal bus, dopo 31 ore di viaggio – racconta la 26.enne –, ho accolto gli abbracci (e la colazione) dei genitori, grati per il lavoro svolto e per gli aggiornamenti quotidiani». Salutare i ragazzi «è stato emozionante, mi è scesa qualche lacrima all'idea di lasciarli andare. Sono davvero cresciuti e non potrei essere più fiera di loro».


Zanzara è felice di far conoscere «lo spirito scout» a chi non ne ha mai fatto parte. «Arrivare a casa, disporre i badge sul tavolo, lavare i vestiti e raccontare le avventure vissute è incredibile. È stata una missione a cui noi leader abbiamo lavorato per quasi due anni. Mentirei se dicessi che il Jamboree non mi manca, avrei voluto non finisse mai. Siamo parte di una società globale, un gruppo composto da più di 50 milioni di persone, una comunità fortissima. Questa esperienza mi ha dimostrato che siamo capaci di tutto e che nulla può intaccare il nostro spirito, lo scout mostra di esserlo nei momenti di difficoltà».
Federica Caruso porta sulle spalle uno zaino di «ricordi bellissimi coreani». Lo stesso che, in fondo, indossa Gioele: «È come essere in una grande città composta da coetanei da tutto il mondo, in cui vagando per le vie incontri simpaticissima gente che non aspetta altro che stringere amicizie. È stato indescrivibilmente bellissimo».