Processo

«Hanno agito come un branco, sono tutti correi»

Si torna in Aula per i violenti pestaggi e le umiliazioni inflitte da un gruppo di sei ragazzi a un altro giovane per un piccolo debito di droga – L’accusa chiede per gli imputati pene dagli undici ai sei anni di reclusione e un’espulsione di quindici anni
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Irene Solari
16.05.2023 14:44

(Aggiornato) È riapprodato questa mattina a Locarno di fronte alla Corte d’appello e revisione penale (CARP) quello che era stato definito dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni «una delle pagine più vergognose della storia del nostro cantone»: il caso del giovane massacrato a più riprese fisicamente e psicologicamente da altri sei ragazzi per un debito di droga non pagato. Duemila franchi per una consegna di cocaina. Diventati poi, con il passare del tempo e con il maturare degli interessi, settemila. Per questa cifra i sei imputati, tra i ventuno e i trentatré anni, tutti del Luganese, in diversi momenti e con ruoli diversi, hanno messo in atto delle vere e proprie spedizioni punitive nei confronti della vittima, allora diciottenne, senza risparmiargli niente. Fatti che avevano portato, nel febbraio dell'anno scorso, alla condanna in primo grado degli autori con pene dai sei anni e quattro mesi da scontare, ai venti mesi sospesi. Nei confronti di tre degli imputati era stata confermata l’ipotesi di reato principale formulata dalla procuratrice pubblica Tuoni: quella di tentato omicidio intenzionale. Per due di loro era stata anche decisa l’espulsione dalla Svizzera.

«Tutti correi»

Oggi, davanti alla Corte presieduta dal giudice Angelo Olgiati, si sono ritrovate le parti: i sei imputati (solo due di loro hanno fatto appello), i loro avvocati, la procuratrice pubblica Valentina Tuoni e Sandra Xavier, legale della vittima. Il fulcro del processo ruota non tanto sui fatti, quanto sulle singole responsabilità e quindi sulla questione di commisurazione della pena. La procuratrice pubblica, in particolare, ha domandato un inasprimento delle pene e la condanna di tutti gli imputati per il reato di tentato omicidio intenzionale, in quanto ritiene che tutti siano stati correi: «È la dinamica del branco», ha spiegato la pp. «Tutti partecipavano a turno alle vessazioni e ai pestaggi brutali e tutti accettavano che questi fatti si producessero, anche se, in quel preciso momento, non stavano agendo attivamente ma ne condividevano l'agire». Secondo l’accusa, tutti hanno contribuito in modo fondamentale, anche solo con la loro presenza o assistendo ai fatti, al realizzarsi di queste spedizioni punitive. Nessuno, pur potendo, «si è dissociato dalle azioni o ha fatto qualcosa per interromperle: hanno accettato tutti che i fatti avvenissero, così come le loro conseguenze». Per questa ragione Tuoni chiede che sia riconosciuta per tutti gli imputati la correità su tutti i punti dell’atto d’accusa (oltre al tentato omicidio vi sono le ipotesi di reato di sequestro di persona e rapimento, esposizione a pericolo della vita altrui, aggressione, omissione di soccorso). Quanto alle richieste di pena, queste vanno dagli undici anni di reclusione sommati a un’espulsione di quindici anni dalla Svizzera, fino a sei. Le difese prenderanno la parola nel pomeriggio.

«La vittima ancora sofferente»

Alle dichiarazioni della pp hanno fatto eco quelle di Sandra Xavier, che ha parlato anche dello stato in cui versa attualmente la vittima, ancora sofferente: «Questa storia non è conclusa e lui sente ancora gli effetti di quanto subito», aggiungendo che il giovane «non ha dimenticato nulla, al contrario degli imputati che hanno più volte affermato di non ricordare». Oltre alla paura, ora, spiega Xavier, la vittima comincia anche a provare rabbia per quanto successo. Secondo la legale, inoltre, il gruppo con il suo comportamento si è assunto il rischio di uccidere per dolo eventuale: «Il mio assistito ha creduto di morire durante alcune aggressioni ma a loro non importava di quello che sarebbe successo. Lo hanno colpito in parti delicate e vitali, come la testa o i polmoni, e lo sapevano: si sono assunti il rischio di cagionarne la morte». 

Botte e umiliazioni

Le aggressioni fatte a più riprese – come detto – in luoghi e momenti diversi, hanno seguito sempre più o meno modalità simili. Raffiche di botte, calci, pugni, schiaffi, sprangate. Colpi che miravano anche al volto, alla testa, alle costole e nelle parti intime, mentre la vittima era a terra e non faceva nulla se non tentare inutilmente di parare le botte. Nella ricostruzione dei fatti di ciò che avvenne a dicembre 2020 e poi un mese e mezzo dopo, emerge come il diciottenne abbia subito dagli autori maltrattamenti di ogni tipo durante i diversi sequestri – durati ore – dei quali è stato vittima. Ad Airolo gli hanno schiacciato il viso nella neve finché non gli mancava il respiro. Lo hanno fatto spogliare e lasciato al gelo di quella stagione. Lo hanno investito con la macchina. Lo hanno agganciato al retro della vettura e trascinato per diversi metri. A Quinto lo hanno messo sul tetto della macchina guidando a 80 all’ora per quasi un chilometro, ridendo mentre lui cercava di restare attaccato con le mani ai finestrini aperti. Lo hanno cosparso di benzina minacciando di dargli fuoco con un accendino. Gli hanno dato la scossa con i cavi per la batteria. Hanno studiato vessazioni e umiliazioni e per ferirlo il più possibile, sia nel corpo che nell’anima. Scegliendo anche appositamente dei luoghi isolati dove non si sarebbero sentite le sua urla. Un massacro, era stato definito. Tutto per duemila franchi non pagati. «È il caso più agghiacciante che abbia visto negli ultimi decenni», aveva chiosato Tuoni nel processo di prima istanza.    

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