Il punto

Ma davvero Donald Trump avrebbe potuto (o dovuto) vincere il Nobel per la Pace?

La scelta del comitato, che ha premiato Maria Corina Machado per i suoi sforzi in Venezuela, ha una sua logica: soprattutto, l'accordo raggiunto fra Israele e Hamas è arrivato «troppo tardi»
©Alex Brandon
Red. Online
10.10.2025 12:30

Il comitato, infine, ha deciso. Maria Corina Machado, oggi, si è aggiudicata il Premio Nobel per la Pace. In lizza, per la cronaca, c'erano 338 candidati: 224 persone e 94 organizzazioni. 58 anni, è costretta a vivere nell'ombra, in Venezuela, dopo la rielezione (contestata) del presidente Nicolas Maduro lo scorso luglio. Il Nobel, insomma, è andato a una «coraggiosa e impegnata paladina della pace», come ha dichiarato lo stesso comitato leggendo la motivazione dell'assegnazione, «una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un'oscurità crescente». Il Premio, ancora, è un riconoscimento all'instancabile lavoro «nel promuovere i diritti democratici del popolo venezuelano» e alla sua lotta «per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia».

Domanda: ma Donald Trump, l'elefante nella stanza se così vogliamo definirlo, avrebbe davvero potuto vincere il Nobel visti i suoi sforzi per far sedere al tavolo delle trattative Hamas e Israele? Non proprio. Il comitato, composto da cinque membri, generalmente prende la sua decisione alcuni giorni o, addirittura, alcune settimane prima dell'annuncio ufficiale. L'ultima riunione del comitato, scrive fra gli altri Libération, si è tenuta lunedì 6 ottobre. L'accordo raggiunto mercoledì sera tra Israele e Hamas, di conseguenza, non ha avuto «assolutamente alcun impatto» sulla scelta del vincitore del 2025, poiché «il comitato aveva già preso la sua decisione» ha spiegato ieri lo storico del Nobel Asle Sveen.

Da quando è tornato alla Casa Bianca, Donald Trump ha puntato con forza al Premio, rivendicando un ruolo nella risoluzione di numerosi conflitti in tutto il mondo. Ha avvertito che avrebbe preso come «un insulto» la mancata assegnazione. «Tutti dicono che dovrei averlo io» aveva persino detto alla fine di settembre, dal podio dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Dopo l'accordo sul cessate il fuoco a Gaza, la Casa Bianca si è affrettata a creare un reel, condiviso sui social network, nel quale Donald Trump è stato ribattezzato «il presidente della pace». Il suo stretto alleato, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, aveva proposto il suo nome per il Premio, così come i governi di Pakistan e Cambogia prima di lui. Il presidente egiziano al-Sisi, giovedì, si è aggiunto al coro affermando che il suo omologo americano «meritava» il premio.

A metà settembre, di fronte alle pressioni, crescenti, provenienti da Washington, il comitato del Premio Nobel per la Pace, con sede in Norvegia, aveva rilasciato una dichiarazione in cui respingeva qualsiasi influenza: «Possiamo notare che c'è molta attenzione da parte dei media nei confronti di alcuni candidati. Ma questo non influenza in alcun modo le discussioni in corso all'interno del comitato, che esamina ogni candidatura in base ai propri meriti».

María Corina Machado non solo si è aggiudicata l'ambito Premio, in conclusione, ma anche un cospicuo assegno di 11 milioni di corone svedesi, pari a quasi 950 mila euro, oltre a una medaglia d'oro a 18 carati.

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