Il fenomeno

Bolsonaro e quell'indifferenza nei confronti del Polmone verde

La deforestazione dell'Amazzonia procede spedita, sotto la pressione dei grandi allevatori pronti a occupare i nuovi spazi — Da quando Jair Bolsonaro è presidente, le cose sono tremendamente peggiorate: le leggi forestali create negli anni precedenti sono state spazzate via — PUNTATA 3
Giacomo Butti
21.06.2022 10:09

La carne bovina costa. Per il portamonete, sì, ma anche per il clima. Sono fatti di cui si è già parlato e riparlato. Tematiche quali l'emissione di metano causata dall'animale (ogni giorno una mucca può emettere dai 300 ai 500 litri di metano) o il costo ambientale dell'esportazione delle sue carni sono state analizzate da ogni punto di vista. E le soluzioni sembrano poche: a cambiare radicalmente la situazione sarebbe solo il portare meno frequentemente a tavola la bistecca. Ma il problema non riguarda solamente l'allevamento e il trasporto. Le mandrie hanno bisogno di ampi pascoli: a chi "rubare" il terreno dove crescere i bovini? Al bosco, ovviamente. Recentemente, il Washington Post ha pubblicato un'ampia inchiesta sulla relazione fra deforestazione dell'Amazzonia e nascita di nuovi ranch (illegali). Il risultato? Le mappe che mostrano il regredire della foresta coincidono perfettamente con quelle dell'incedere dei nuovi allevamenti. Uno segue l'altro. E gli Stati Uniti giocano un ruolo fondamentale in questo processo: da quando, due anni fa, Washington ha deciso di riammettere l'import di carne cruda brasiliana, il Paese ne è divenuto il secondo principale acquirente. Senza contare che, a prescindere dalla provenienza dei tagli, gli Stati Uniti ne sono anche i più grandi consumatori: pur rappresentando "solo" il 4% della popolazione mondiale, consumano il 20% della sua carne bovina.

Con Greenpeace Svizzera, Animal Equality Italia e l'esperto di Storia dell'Amazzonia Antoine Acker, professore all'Università di Zurigo, abbiamo voluto approfondire l'argomento da un punto di vista ambientale, animale e storico-politico. 

Di seguito, la terza ed ultima puntata con Antoine Acker. Ed ecco la prima puntata con Greenpeace e la seconda con Animal Equality, per chi se le fosse perse.

Una bambina con il volto coperto da pitture indigene partecipa, a San Paolo, a una protesta che chiede al presidente Jair Bolsonaro di proteggere la foresta amazzonica. © Shutterstock
Una bambina con il volto coperto da pitture indigene partecipa, a San Paolo, a una protesta che chiede al presidente Jair Bolsonaro di proteggere la foresta amazzonica. © Shutterstock

Dalla dittatura militare al PT

Alla deforestazione segue l'avanzata degli allevamenti, dicevamo. Una strategia largamente utilizzata in Brasile per fare spazio alla sempre maggiore richiesta di carne, ma un'idea tutt'altro che recente. Negli anni '60 il regime militare allora al potere aveva promosso un simile avanzamento nella Foresta amazzonica al fine di rafforzare il proprio controllo sulle ancora misteriose zone verdi. «In realtà questa è una strategia utilizzata sin dai tempi coloniali», ci spiega il prof. Antoine Acker. «Nelle zone del nord-est del Brasile era già tradizione fra i primi coloni, vista l'incapacità di controllare da soli gli immensi territori, utilizzare i bovini per avanzare nell'entroterra. Il regime militare ha resuscitato questo modus operandi per la conquista dell'Amazzonia, la parte del Brasile non ancora integrata alle politiche di sviluppo dello Stato centrale».

Storicamente, a un aumento della richiesta nei settori agroalimentari, segue un aumento della deforestazione. Ma con il Partito dei Lavoratori al potere, le cose sono andate diversamente

La dittatura militare cadde nel 1985. Com'è cambiata la situazione nei decenni seguenti? «Subito dopo la caduta del regime, la situazione nell'Amazzonia migliorò. Le ragioni sono semplici: il collasso dell'economia brasiliana portò a uno stop nei grandi investimenti industriali e progetti di sviluppo statali. Con la crescita economica degli anni '90, la forte deforestazione è però ripresa. In generale i tassi di deforestazione corrispondono allo sviluppo della domanda mondiale di carne e soia. Le curve sono molto simili: se aumenta la richiesta in questi settori agroalimentari, aumenta anche la deforestazione». Ma, storicamente, non è sempre stato così. «C'è un'eccezione», conferma Acker. «Nel periodo in cui il Partito dei Lavoratori (PT) era al potere, fra il 2002 e il 2016, è stata varata una serie di politiche di protezione ambientale e soprattutto consolidata l'efficacia della "polizia ambientale" (IBAMA), che lottava contro la deforestazione illegale. Grazie anche all'implementazione di forti multe verso chi violava la legge forestale (pene già esistenti ma sin lì non applicate), questo Governo è riuscito, nonostante il periodo di forte crescita e l'aumento di domanda e prezzi di carne e soia, ad abbassare sostanzialmente la deforestazione».

Ma le cose sono cambiate recentemente. Già, perché è arrivato Bolsonaro.

L'ex presidente del Brasile, Luiz Inácio "Lula" da Silva e il suo partito, PT, hanno creato una serie di leggi per proteggere l'Amazzonia. © Shutterstock
L'ex presidente del Brasile, Luiz Inácio "Lula" da Silva e il suo partito, PT, hanno creato una serie di leggi per proteggere l'Amazzonia. © Shutterstock

Con Bolsonaro si torna a boccheggiare

«Con l'arrivo del presidente Jair Bolsonaro, le cose sono tornare a peggiorare gravemente», spiega Acker. «La politica del PT è stata completamente smantellata. L'IBAMA ha subito tagli enormi e chi stava ai suoi vertici (ambientalisti e scienziati) è stato licenziato e sostituito da militari privi di qualsiasi sensibilità ecologica. Non esiste più una vera azione statale contro la deforestazione illegale». Insomma, dall'ascesa del politico originario di Glicério, San Paolo, la vita per il Polmone verde del pianeta è tornata ad essere drammaticamente difficile. «Bolsonaro si è pubblicamente opposto ad ogni tipo di controllo e all'utilizzo di multe ambientali. E non solo nei riguardi della deforestazione, ma anche verso l'estrazione illegale di metalli e minerali. Addirittura ha obbligato il proprio ministro dell'Ambiente a interrompere alcune operazioni già pianificate dalla Polizia federale, mossa che gli è costata le critiche della Corte suprema brasiliana».

Esiste una vera e propria persecuzione nei confronti dei nativi da parte di allevatori e minatori. Gli assassinii di indigeni sono all'ordine del giorno

E cosa dire degli indigeni? Anche per loro la situazione si è fatta più difficile? «I territori indigeni in Brasile sono iscritti nella Costituzione stilata nel 1988. Statistiche mostrano che in queste zone, che rappresentano circa un quarto del territorio Amazzonico, il tasso di deforestazione è più basso (inferiore al 5%). Questo perché fino a Bolsonaro godevano di una buona protezione dell'IBAMA. Ora il presidente è arrivato addirittura a incoraggiare pubblicamente delle operazioni di estrazione illegale nei territori indigeni». E dove c'è conflitto per la terra, c'è violenza. «Esiste una vera e propria persecuzione nei confronti dei nativi da parte di allevatori e minatori», continua Acker. «Gli assassinii di indigeni sono all'ordine del giorno».

© Evan Vucci/AP
© Evan Vucci/AP

Nazionale o internazionale?

Come osservato a più riprese, nel corso delle tre puntate, il problema della deforestazione illegale è un problema mondiale, non solo nazionale. Ma cosa possono fare gli altri Paesi per convincere Bolsonaro a un approccio più ecologico? Sì, una riduzione globale del consumo di carne aiuterebbe a disincentivare il più volte citato processo che porta alla nascita di nuovi allevamenti su aree disboscate illegalmente. Ma a livello politico si può fare poco. «Non esistono fondamenta legali per un'azione internazionale». Anzi, «le critiche internazionali sulla cattiva gestione dell'Amazzonia fanno comodo a Bolsonaro. Tali uscite vengono utilizzate per sostenere l'argomento patriottico e nazionalista, per accusare gli altri di ingerenze internazionali. Bolsonaro ha spesso parlato di una cospirazione verde, comunista, internazionale, per sottrarre al Brasile la propria sovranità», spiega Acker.

Il risultato delle prossime elezioni presidenziali sarà decisivo. Ciò che importa è la volontà politica di difendere questi territori. La legge esiste, ora serve nuovamente un governo che la faccia rispettare

Insomma, se le "armi" del mondo risultano spuntate, i migliori strumenti per combattere il fenomeno sono in mano ai brasiliani stessi. «Le basi legali per la protezione dell'ambiente esistono ancora nel Paese, sebbene non vengano in alcun modo fatte rispettare. Per quanto indebolito, esiste ancora un servizio pubblico di difesa ambientale che per molto tempo è stato un esempio per il mondo intero. La popolazione deve sostenere i funzionari che ancora difendono l'Amazzonia, così come i molti attivisti che ogni giorno rischiano la vita».

Per concludere, chiediamo al professore dell'Università di Zurigo un parere sul futuro dell'Amazzonia. «Il risultato delle prossime elezioni presidenziali sarà decisivo. Ciò che importa è la volontà politica di difendere questi territori. La legge esiste, ora serve nuovamente un governo che la faccia rispettare. Molto dipenderà anche dalla volontà dei Paesi europei e del Nordamerica di implementare regolamentazioni ecologiche più forti nell'importazione di prodotti brasiliani, oltre a misure di tracciabilità più efficaci: tutto ciò può aiutare a combattere la deforestazione».

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