Medio Oriente

Crescono le pressioni su Israele: «Fuori dall'Eurovision o boicottiamo il festival»

Sei Paesi europei minacciano di non partecipare all'evento previsto a Vienna nel maggio del 2026 qualora Israele non venisse escluso: « Troppi morti a Gaza, nessuno si è lamentato quando hanno estromesso la Russia»
©GEORGIOS KEFALAS
Michele Montanari
15.09.2025 13:37

Sempre più Paesi europei condannano le azioni del Governo israeliano di Benjamin Netanyahu per la immane tragedia umanitaria in atto a Gaza, mentre le comunità pro-Palestina in tutto il Vecchio continente stanno alzando sempre di più la loro voce. E quando la politica sembra incapace di trovare misure concrete, sono le azioni civili a prendere il sopravvento, come nel caso della simbolica operazione umanitaria della Global Sumud Flotilla, partita con numerose imbarcazioni in direzione del Medio Oriente. In alcuni Paesi, invece, alcune emittenti televisive hanno mostrato il loro sdegno per la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza minacciando di boicottare l’Eurovision Song Contest nel caso in cui dovesse partecipare lo Stato ebraico. Nelle scorse ore pure la Spagna, dopo Irlanda, Slovenia, Islanda e Paesi Bassi ha fatto sapere che eviterà l’evento musicale previsto nel maggio 2026 a Vienna, in seguito alla vittoria a Basilea dell’austriaco JJ, se Israele non dovesse venire escluso.

E qualcosa sembra essersi smosso pure nella politica dell'Unione europea. Lo scorso 10 settembre, di fronte al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria a Strasburgo, la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen ha dichiarato che ciò che sta succedendo a Gaza ha «scosso la coscienza del mondo» ed è «inaccettabile», elencando proposte precise sul Medio Oriente. La leader tedesca, nello specifico, ha per la prima volta annunciato sanzioni contro i ministri israeliani estremisti Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich (già «colpiti» da Regno Unito, Australia, Canada, Nuova Zelanda e Norvegia) e per i coloni violenti della Cisgiordania occupata. Perché le restrizioni siano approvate, tuttavia, serve la difficile unanimità dei Paesi UE.

«Non tolleriamo la normalizzazione del genocidio»

Tornando alla questione Eurovision, il ministro spagnolo della Cultura e portavoce del gruppo di sinistra Sumar, Ernets Urtasun, in un'intervista alla radio nazionale pubblica RNE ha riferito: «Come hanno già fatto Irlanda, Slovenia, Islanda e anche i Paesi Bassi, se non riusciamo a espellere Israele, la Spagna non deve partecipare» alla prossima edizione del festival.

Urtasun ha pure celebrato l'esito delle manifestazioni pro-Palestina tenutesi ieri a Madrid, le quali hanno portato alla cancellazione dell'ultima tappa della Vuelta de España di ciclismo. «Hanno ottenuto l'obiettivo e lanciato un messaggio chiaro al mondo: non tolleriamo che gli eventi sportivi e culturali possano normalizzare un genocidio», ha detto l'esponente di Sumar, alleato del PSOE nel governo di coalizione presieduto dal premier Pedro Sanchez.

Per il ministro della Cultura, «la Spagna è il Paese che sta esercitando su Israele più pressione diplomatica» e Sumar «è riuscito a muovere in maniera considerevole la posizione del governo negli ultimi mesi», rispetto alle sanzioni imposte da Madrid a Israele.

Quanto alle critiche del Partido Popular, secondo Urtasun «dimostrano una mancanza assoluta di credibilità in materia di politica estera, non si è mai lamentato quando si è deciso di escludere la federazione russa» dal festival Eurovision e dalle competizioni sportive internazionali.

Irlanda, Slovenia, Islanda, Paesi Bassi e Spagna, di fatto, vorrebbero per Israele lo stesso trattamento riservato alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina, estromessa pure dalle competizioni sportive. Lo scorso maggio il maltese Glenn Micallef, Commissario europeo per l'equità intergenerazionale, la gioventù, la cultura e lo sport, interrogato da Politico aveva ipotizzato un'esclusione pure per lo Stato ebraico affermando che, negli eventi a carattere sportivo, non dovrebbe esserci spazio per i Paesi che non condividono «i nostri valori», aggiungendo: «Lo sport è uno strumento che usiamo per promuovere la pace, attraverso il quale promuoviamo i diritti umani. D'altra parte, il movimento sportivo è autonomo e prende le proprie decisioni. Ma noi abbiamo il dovere e la responsabilità di parlare di questi temi e di far conoscere i nostri sentimenti».

Proprio quest'oggi, poi, il primo ministro spagnolo Sanchez ha chiesto che Israele venga escluso dalle competizioni sportive internazionali finché continuerà a commettere «barbarie» a Gaza.  

Qualcosa si sta muovendo

Il risultato ottenuto da Israele al televoto nell'ultima edizione dell'Eurovision Song Contest, svoltosi in Svizzera, aveva già scatenato un acceso dibattito tra diverse emittenti europee, le quali avevano chiesto maggiore trasparenza e una possibile revisione del sistema di voto. Spagna, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio, Islanda e Finlandia avevano criticato il televoto, dubbiose sul risultato ottenuto dall'artista dello Stato ebraico. La cantante israeliana Yuval Raphael aveva infatti conquistato il primo posto nel televoto con la ballata New Day Will Rise, ma si era classificata seconda nella classifica finale a causa del punteggio più basso attribuitole dalle giurie nazionali, che l'hanno collocata al 14. posto.

Negli scorsi giorni l'emittente pubblica olandese Avrotros ha annunciato che i Paesi Bassi boicotteranno l’Eurovision, se Israele sarà coinvolto. Mentre qualche ora prima la TV irlandese RTÉ aveva minacciato di non prendere parte all’evento a causa della «continua e spaventosa perdita di vite umane a Gaza».

Stefán Eiríksson dell'emittente nazionale islandese RÚV, citato dalla BBC, ha invece affermato che la partecipazione del Paese nordico al concorso del 2026 è «subordinata all'esito del processo di consultazione in corso all'interno dell'EBU (European Broadcasting Union, l'Unione Europea di Radiodiffusione, organizzatrice dell’evento) a causa della partecipazione dell'emittente statale israeliana KAN al concorso».

Eiríksson ha aggiunto che la RÚV «si riserva il diritto di ritirarsi dalla partecipazione qualora l'EBU non rispondesse in modo soddisfacente».

Secondo quanto riportato dal sito di news israeliano Ynet, gli organizzatori dell'Eurovision avrebbero inviato un messaggio non ufficiale chiedendo a Israele di ritirarsi temporaneamente dall'evento o di esibirsi sotto una bandiera neutrale per evitare di essere estromesso.

Il presunto messaggio «non ufficiale» arriva in vista dell'assemblea dell'Unione europea di radiodiffusione che si terrà a Ginevra, durante la quale si prevede che la questione della partecipazione di Israele verrà discussa, in un clima di crescente sdegno nei confronti dei vertici dello Stato ebraico non solo per le azioni militari in corso a Gaza, ma pure per l'occupazione di territori della Cisgiordania e per l'attacco avvenuto in Qatar per colpire alcuni esponenti di Hamas.

Secondo Ynet, i funzionari dell'EBU che avrebbero avanzato la proposta hanno spiegato che un passo indietro israeliano potrebbe placare gli animi di chi minaccia di boicottare l'evento, permettendo allo Stato ebraico di salvarsi da una «umiliante eliminazione».

Una bandiera neutrale potrebbe potenzialmente riportare il logo dell'emittente pubblica israeliana KAN, che rappresenta Israele all'EBU, poiché i Paesi che si oppongono alla partecipazione israeliana «contestano le politiche del governo israeliano e non specificamente l'emittente».

Israele: «Noi ci saremo»

Rispondendo alla richiesta di commento di Ynet, l'Unione Europea di Radiodiffusione ha però preso le distanze dal rapporto, affermando che «sono in corso consultazioni con le società dell'EBU nel loro complesso e non verranno prese decisioni fino alla fine del processo».

Il direttore dell'emittente KAN, Golan Yochpaz, ha invece respinto le richieste di esclusione di Israele, nonostante le minacce di boicottaggio di diversi Paesi. «Non c'è motivo per cui Israele non debba continuare a essere parte di questo evento culturale, che non può diventare politico», ha dichiarato durante la presentazione dei nuovi contenuti autunnali della rete. Yochpaz ha ricordato che dalla fondazione della Israel Public Broadcasting Corporation, nel 2017, Israele è stato «uno dei partecipanti di maggior successo», classificandosi negli ultimi sette anni ai primi posti.