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Terremoto in Kamchatka e tsunami, che cosa c'è dietro?

Dal contesto della zona in cui è avvenuto il sisma, alla forza del maremoto legato all'evento – Ne abbiamo parlato con il geologo ticinese Andrea Pedrazzini
© KEYSTONE (AP Photo/Esteban Felix)
Davide Illarietti
30.07.2025 19:45

Il terremoto di magnitudo 8.8 avvenuto in Kamchatka è fra i dieci più violenti mai registrati dall'inizio del Novecento, ovvero dall'utilizzo dei sismografi. Per capire meglio che cosa sia successo, ci siamo rivolti al geologo Andrea Pedrazzini, fresco di nomina a capo della Sezione forestale cantonale.

«Si tratta di una zona di subduzione molto attiva già tra il 1900 e il 2000, dove la placca Pacifica subduce sotto quella nord Americana», ci spiega. Finora, sono stati registrati dodici terremoti sopra la magnitudo 8 e due con magnitudo maggiore a 9, oltre a svariati altri tra 5.5 e 7. Solo dieci giorni fa, nell’area di Petropavlovsk-Kamchatsky è stato registrato un terremoto di magnitudo 7.4. «Generalmente in una zona di subduzione, a causa dell’attrito, la placca che sprofonda trascina in parte anche quella sopra, comprimendola. In quel punto si accumula quindi dell’energia potenziale che, quando supera la forza di attrito, viene liberata sotto forma di onde sismiche. Al momento del terremoto, la placca sovrastante si risolleva per scivolamento, causando lo spostamento della massa d’acqua che potrebbe potenzialmente trasformarsi in uno tsunami».

L'allerta tsunami è scattata dopo pochi minuti dal terremoto. Ma da cosa dipende la forza dello tsunami legato a un evento sismico? «La forza di uno tsunami dipende principalmente dall’energia dell’evento (magnitudo) e dalle condizioni geografiche e oceanografiche», prosegue Pedrazzini. Se il sisma è superficiale, l’energia si trasmette più facilmente, aumentando la forza dello tsunami. Inoltre, «lo tsunami è più potente se il terremoto provoca un sollevamento o un abbassamento improvviso del fondale marino, spostando grandi volumi d’acqua. In mare aperto, l’onda dello tsunami viaggia rapidamente. Anche la forma del fondale marino (la batimetria) influisce sull’altezza finale dell’onda».

Le prime onde si sono registrate in buona parte del Nord del Pacifico e si prevede che successivamente dovranno spostarsi verso Sud, anche se è difficile immaginare con quale frequenza, ha dal canto suo spiegato all'ANSA Alessandro Amato, presidente per il Sistema di allarme rapido e mitigazione degli tsunami dell'UNESCO. «È importante capire che lo tsunami non è un'onda, ma è un treno di onde che si susseguono, e spesso la prima non è la più forte. Per questo è necessario un controllo costante della situazione, che si evolve progressivamente e che potrebbe durare per molte ore».

Rispetto a uno degli tsunami più violenti e distruttivi, quello generato dal terremoto di Sumatra del 26 dicembre 2004, quello legato al terremoto in Kamchatka è cinque volte meno grande in termini di energia. «La grande differenza rispetto ad allora è che nel 2004 non esisteva ancora un sistema di allerta tsunami».

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