Il reportage

Obbligate a prostituirsi nella «perfetta Svizzera»

Decine i casi di ‘schiavitù moderna’, ma la politica non vuole vedere la tratta di esseri umani - Come contrastare una piaga invisibile? «Rischio alto in Ticino, eppure non dedichiamo risorse alla lotta» - VIDEO
Fini sessuali, sfruttamento lavorativo e attività criminali. Il fenomeno nascosto della tratta di esseri umani emerge sempre di più in Svizzera
Jona Mantovan
23.11.2022 14:00

La tratta degli esseri umani dilaga, in Svizzera. Il Ticino, poi, sarebbe una delle zone più a rischio, secondo le valutazioni di chi opera nel settore. Ma le armi per combattere questa piaga sono spuntate. «Manca la volontà politica». A livello nazionale, il numero di vittime è aumentato del 50% tra il 2019 e il 2021. Sono perlopiù donne, l'81%. Tradotto in numeri, diffusi dai centri di consulenza, si parla di 207 nuove persone vittime della tratta. Una decina di organizzazioni di area evangelica, tempo fa, aveva dato il via a una campagna per lottare contro questo crimine: «La maggior parte delle prostitute, in Svizzera, è reclutata in Paesi poveri con false promesse». Ma lo sfruttamento può avere tante forme. Come quella di un lavoro in nero. Nella ristorazione, in una famiglia per i lavori domestici, su un cantiere... O, nel caso peggiore, la strada verso il mondo della criminalità. Ma come contrastare una ferita invisibile? Un esempio arriva da Losanna, dall'associazione Astrée—che fa parte della piattaforma nazionale contro la tratta, insieme alle 'consorelle' Antenna MayDay SOS Ticino e CSP Genève—, una realtà nata nel 2015 per volontà politica e forse destinata a far scuola, una volta che il terzo piano d'azione nazionale contro la tratta—tuttora in discussione—sarà messo a punto. 

Anche perché, osserva la responsabile di Antenna MayDay, Monica Marcionetti, «il problema è proprio la mancanza di volontà politica nel rispondere in maniera adeguata al problema. Il nostro lavoro, quello dell'antenna MayDay, non è né riconosciuto, né sostenuto sotto il profilo finanziario. In Ticino, probabilmente, ci si concentra sul dispiegamento delle forze di polizia e nel perseguimento dei reati. Ma lo sappiamo, però, che questo genere di inchieste finiscono nel nulla se non c'è la collaborazione delle vittime». Un'esibizione di muscoli inutile, insomma. L'opposto di quanto succede nel Canton Vaud: «Il nostro budget è passato da poco più di mezzo milione di franchi a oltre un milione all'anno», dice la direttrice di Astrée, Angela Oriti. «Già—le fa eco 'a distanza' Marcionetti—. Se non facciamo capire alla vittima che siamo interessati al suo benessere, questa farà perdere le sue tracce. Se non le dimostriamo che c'è un accompagnamento e, in prospettiva, un cambiamento di vita... non vedrà il senso di questo percorso, che è difficile e doloroso». 

Siamo sempre a caccia di finanziamenti, ma non è sufficiente per svolgere un lavoro serio
Monica Marcionetti, responsabile Antenna MayDay (SOS Ticino)

Un milione all'anno

Un milione di franchi per accompagnare chi ha subìto violenze, sfruttamenti e che si è visto calpestare i propri diritti. «Una presa in carico globale, insomma. Con quella cifra copriamo le spese del personale, una decina di collaboratori operatori sociali, ma anche tutto il resto delle attività. Per esempio ci occupiamo dell'accompagnamento sotto il profilo giuridico, o a livello medico. C'è una persona di riferimento all'interno dell'équipe per ognuno dei vari settori. Abbiamo anche un altro gruppo che assicura una presenza e un ascolto alle vittime la notte e nei fine settimana». Aggiungiamo anche una struttura di accoglienza con nove posti e poi, a oggi, «quattro appartamenti di transizione, dove possiamo accogliere altre vittime per prepararle verso l'autonomia».
Una struttura di tutto rispetto. Un fiore all'occhiello lontano anni luce dalla situazione ticinese, che può contare solo sulla volontà di Marcionetti: «Siamo sempre a caccia di finanziamenti, ma non è sufficiente per svolgere un lavoro serio». Un milione di franchi all'anno può sembrare una cifra importante. Ma, solo per dare l'idea, il denaro chiesto qualche giorno fa per la copertura di una pista di pattinaggio del Locarnese (4 milioni) sarebbe sufficiente a sostenere un'attività del genere nell'arco di, appunto, quattro anni. Tanto per rimanere in tema, qualche anno fa per una struttura simile, a Faido, erano stati spesi 7,2 milioni. Ma non è detto che si debbano mettere in campo cifre del genere. «Altri cantoni potrebbero adattare le attività che Astrée ha messo in piedi. L'importante, però, è che non si prenda una sola delle diverse attività», evidenzia Oriti, mentre sale le scale verso il piano superiore. L'ingresso del foyer è sotto gli occhi di tutti, con tanto di cartello «Association Astrée» esposto sul portone di Ruelle de Bourg 7, a Losanna. 

In molti casi, le persone sono ancora intrappolate in un meccanismo di paura e non è detto che sia il momento giusto per accettare il nostro aiuto
Angela Oriti, direttrice di Astrée, Losanna

Sotto gli occhi di tutti

«Difendiamo il fatto che la struttura sia sotto gli occhi di tutti, affinché le ragazze non debbano nascondersi, ma allo stesso tempo si sentano protette», aggiunge la  direttrice. Il rumore dell'apertura della pesante porta blindata, infatti, la dice lunga su questo aspetto. «Possono raccontarci la storia che hanno vissuto, ma allo stesso tempo dobbiamo essere rigorosi nell'analisi dei criteri di tratta», aggiunge la 45.enne mostrando uno degli uffici dove si svolgono i colloqui. «In ogni caso, per noi è molto importante lasciare che sia la persona a scegliere di accettare la presa in carico che noi le offriamo. Le persone, spesso, sono ancora intrappolate in un meccanismo di paura e non è detto che sia il momento giusto per accettare il nostro aiuto». Lo scopo finale del percorso, tuttavia, è ben altro.
Al piano superiore si apre un grande spazio comune, luminoso e ordinato. Mobili colorati. Vari divanetti. Una cucina e una lunga tavola con, al centro, una torta coperta da una cupola di vetro. Su una parete, poi, c'è disegnato un albero. Su alcuni rami, qualcuno ha attaccato dei cartoncini verdi a forma di foglia. «Abbiamo disegnato quest'albero per sottolineare i momenti di arrivederci. Quando una di loro riesce a trovare un appartamento indipendente e lascia la struttura, disegniamo insieme una foglia con il suo nome, per ricordare il suo passaggio in questa casa». 

Mi ci è voluto parecchio tempo per prendere questa decisione. Ero molto spaventata e non sapevo cosa sarebbe successo
Josianne, utente di Astrée

Alla ricerca dell'indipendenza

Già. L'indipendenza. Il cambiamento della propria vita. L'inserimento nel tessuto sociale e nel mondo del lavoro. Quello vero, onesto. Come racconta Josianne, una delle utenti che è riuscita a sfuggire da un inferno di abusi e sfruttamenti. «Sono venuta in Svizzera a lavorare per una famiglia. Ho vissuto un periodo molto difficile e questo mi ha poi portato a scoprire Astrée», racconta la giovane, 33 anni, proveniente dal Mali. «Sono stata accolta bene e mi hanno aiutato a trovare un futuro in Svizzera. Mi hanno dato molto coraggio, perché volevo abbandonare la brutta situazione che stavo vivendo. Ma è stato molto, molto difficile. Mi ci è voluto parecchio tempo per prendere questa decisione. Ero molto spaventata e non sapevo cosa sarebbe successo. Qualcosa mi diceva: 'No, non puoi' e qualcos'altro invece 'torna nel tuo Paese'».
La nuova fase inizia, per Josianne, con un ricovero in ospedale. Alcune persone attive nella comunità religiosa l'hanno sostenuta. «Dicevano 'Astreé, Astrée', ma non sapevo cosa fosse. Fin quando, un giorno, ho deciso di andarci. All'inizio, la Svizzera non mi piaceva a causa di tutti i problemi che avevo. Ma quando sono arrivata qui, è stato come ritrovare la mia famiglia che avevo lasciato in Mali. È difficile da spiegare». 
Se si fosse trovata in Ticino, probabilmente non avrebbe avuto tutto l'aiuto di cui necessitava e chissà dove sarebbe finita. «Mi piace la vita che ho—dice fiera con un sorriso—. Ho molte speranze per il futuro. Ho imparato a mettere nella vita ciò che voglio e a prendere decisioni. Prima non lo facevo, perché mi dicevano sempre cosa fare, prendevo ordini e basta. Ora sono io a prendere le mie decisioni».
La ragazza ha vissuto nella casa di Astrée per un anno e tre mesi. «Oggi sono in una casa di transizione e sto cercando un appartamento per conto mio. Ora che ho il permesso, posso lavorare e sto seguendo una formazione nel mondo dell'informatica». In questo lungo periodo di transizione da una vita all'altra, Josianne ha conosciuto molte persone, anche donne che hanno vissuto situazioni come la sua. «A volte è molto difficile parlare di ciò che ci è successo. Ma ogni tanto capita di riuscirci. È molto bello parlare tra noi, la trovo una cosa utile. Anche le altre hanno il mio stesso progetto: pensano a lavorare, a ricominciare da capo». Josianne ha conosciuto anche un'altra persona ad Astrée. «Abbiamo deciso di cercare un appartamento insieme, per sostenerci a vicenda e vivere come ci auguriamo», conclude.

Sentiamo delle storie davvero tanto losche. Abbiamo a che fare con donne che il giorno stesso del loro arrivo qui a Losanna sono costrette a prostituirsi
Aurora Gallino, operatrice Astrée (settore giuridico)

Una vita comune

Al di là di quel che potrebbe essere stato il caso di Josianne, «sentiamo delle storie davvero tanto losche. Abbiamo a che fare con donne che il giorno stesso del loro arrivo qui a Losanna sono costrette a prostituirsi, con il peso di un debito che varia dai 25.000 ai 60.000 franchi», spiega Aurora Gallino, originaria della Leventina e che oggi lavora come operatrice per l'associazione, soprattutto sul fronte giuridico. «Sono sottomesse a rituali di stregoneria, che su di loro hanno una grande influenza, e spesso subiscono minacce, violenza verbale o altre forme di controllo. Hanno moltissima paura a causa delle minacce subìte nel corso di anni. Ogni vittima ha una storia differente. Chi si rivolge a noi arriva da Paesi differenti e da storie che hanno vissuto in Svizzera molto diverse tra loro. Anche la personalità può essere molto diversa dall'una all'altra», aggiunge la 38.enne, che opera da circa tre anni in questa realtà. «Sì, sto vivendo l'evoluzione, perché è un'associazione giovane, e una certa ‘diversificazione’ nell'équipe. Ognuno si sta ‘specializzando’ in qualcosa», sottolinea, aggiungendo come questo abbia contribuito a lavorare meglio e in maniera più efficiente.
«È una vita molto comune per buona parte del tempo, sono anche scambi da donna a donna. Bisogna sapersi mettere in gioco. Non stiamo parlando di un lavoro in un ufficio con una persona che vedo per un'ora al mese, no. Sono insieme a loro tutti i giorni. Le vedo piangere, le vedo ridere, le vedo giocare... Le vedo disperate per una cosa che a me può sembrare di poco conto, ma devo comunque aiutarle in quel momento... Certo, ho casa mia e non rientro alla sera piangendo. Anzi, questo lavoro mi piace», esclama la giovane raccontando con entusiasmo la sua esperienza nell'associazione. 

Senza queste attività, i casi non verranno mai alla luce e rischiano di restare nell'ombra
Angela Oriti, direttrice di Astrée, Losanna

Non vogliamo vedere i casi?

«Bisogna rendersi conto che la piaga della tratta di esseri umani è una realtà anche in Svizzera», afferma Oriti. «Siamo di fronte a un fenomeno di criminalità transnazionale e in alcuni casi anche piuttosto ben organizzata. E c'è un paradosso: prima dell'esistenza di Astrée, le vittime di tratta identificate in tutto il canton Vaud erano pochissimi. Si parlava di due, tre situazioni ogni anno. Oggi, però, Astrée prende in carico in media 30 nuove vittime di tratta ogni anno. Globalmente, sono un centinaio le persone prese in carico. È un po' come dire... se la politica non vuole vedere i casi, beh. Non li guardi. E quindi non li troverà». Con tutte le conseguenze del caso: evasione fiscale, lavoro nero, ambienti criminali, bande organizzate, violenza per le strade... Gallino rincara la dose: «Non penso che la tratta di esseri umani, nel Canton Vaud, esista solo dal 2015... ma è solo dal 2015 che diciamo 'se esiste ci siamo, venite'». Ed ecco affiorare tutte le storiacce. 
L'esperienza di Astrée è all'avanguardia. «Dimostra che si può mettere in piedi una protezione efficace per le vittime di tratta. Senza queste attività, i casi non verranno mai alla luce e rischiano di restare nell'ombra. Sono fiduciosa che, in prospettiva, questo problema sarà riconosciuto e che saranno messe in piedi delle misure per proteggere le vittime e rispettare gli obblighi internazionali della Svizzera», conclude Oriti. Il numero di casi non denunciati, in Svizzera, secondo una recente inchiesta del periodico Beobachter, sarebbe superiore ai 5.000.

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